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Giornali e TG ci raccontano quotidianamente come in nome delle religioni avvengano massacri, attentati, discriminazioni. Eppure la vita di ogni giorno ci parla anche di incontri, amicizie, amori. E ci parla anche dei gruppi di credenti LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender), spesso solidali perché uniti dall’esperienza tanto della fede quanto di un doppio isolamento: isolamento nelle comunità religiose, che condannano la loro dimensione affettiva e sessuale in base a interpretazioni oscurantiste dei libri sacri, e isolamento nella comunità LGBT, che spesso si pone a paradossale paladina dell’esclusività di quelle interpretazioni oscurantiste che pure contrasta. Ludovic-Mohamed Zahed, imam omosessuale e progressista [Il Grande Colibrì], ci racconta come in Francia le associazioni LGBT cristiane ed ebraiche abbiano aiutato la creazione del gruppo dei musulmani LGBT.

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Quando nel 2010 abbiamo fondato l’associazione Omosessuali musulmani di Francia (Homosexuel-les musulman-es de France; HM2F) abbiamo subìto molte discriminazioni da parte di alcuni musulmani o, per meglio dire, da parte delle autoproclamate istituzioni islamiche, che sono politicizzate. Abbiamo subìto anche un boicottaggio da parte di alcune associazioni LGBT, tra cui Inter-LGBT, che è una piccola confederazione che ha grande visibilità a Parigi e che è stata molto attiva durante il dibattito sul matrimonio egualitario. Durante una riunione pubblica, ci hanno detto: “Voi siete musulmani e non possiamo fidarci di voi: voi musulmani avete la lingua biforcuta”. Una frase del genere avrebbe potuto ricedere una condanna da un tribunale.

Ci sono molte somiglianze tra le due situazioni: da una parte alcuni rappresentanti molto minoritari della confederazione LGBT hanno pronunciato queste parole molto pesanti, dall’altra alcuni rappresentanti musulmani si sono serviti di alcune associazioni per promuovere le proprie convinzioni personali. Tuttavia credo che tanto i musulmani quanto le persone LGBT siano sempre più aperti su queste questioni.

Lo dimostra il fatto che, quando abbiamo creato la nostra associazione, molte organizzazioni francesi ed europee ci hanno aiutato. Lo hanno fatto, in particolare, David & Jonathan, l’associazione dei cristiani LGBT, che, essendo attiva da più di 40 anni, è la più vecchia del movimento francese, e Beit Haverim, che riunisce gli ebrei LGBT da più di 35 anni. All’inizio ci hanno accolti nei loro locali e ci hanno motivati, spiegandoci come facevano funzionare le loro associazioni e spingendoci a crearne una noi. In generale, ho notato che in Europa è più facile dare vita a gruppi e associazioni di musulmani LGBT dove già ci sono associazioni di cristiani e di ebrei LGBT.

Con cristiani ed ebrei LGBT abbiamo dato vita a molte attività insieme. Per esempio, abbiamo organizzato nel 2010 un dibattito all’Assemblea nazionale [la “Camera dei deputati” francese; NdR] con alcune istituzioni rappresentative delle grandi religiosi di Francia (cristianesimo, ebraismo, islam, buddismo). E’ stato molto divertente, perché soprattutto cristiani, ebrei e musulmani si passavano la patata bollente, dicendo “No no, i versetti più omofobici non si trovano nel mio libro sacro!”, “No no, io questo versetto non lo interpreto così!”, eccetera.

Nel 2012 abbiamo anche organizzato un pellegrinaggio inclusivo in Israele e in Palestina [Il Grande Colibrì]: nonostante tutte le difficoltà politiche e logistiche, questo viaggio ha creato legami umani molto forti tra persone che pure all’inizio venivano da percorsi molto differenti.

 

Leggi tutta la serie di interventi di Ludovic-Mohamed Zahed

 

Ludovic-Mohamed Zahed, imam, psicologo e antropologo
traduzione di Pier
©2015 Il Grande Colibrì

One Comment

  • Adriano Pacifici ha detto:

    Tutte le scelte confessionali sono da rispettare. Però perché rimanere nel doppio isolamento? Non basta quello generale proveniente dai pregiudizi sociali? Meno comprensibile – per me naturalmente – è cacciarsi nell'altro isolamento determinato dal fatto che questa o quella religione non ti riconoscono se non addirittura ti disprezzano. Perché mai io dovrei elemosinare comprensione da questi oppressori come un cagnolino legato alla catena che scongiura coi suoi guaiti di essere trattato bene? Questo mi resta poco comprensibile. Non sarebbe meglio non sprecare le proprie energie contro questo ulteriore carcere interno e concentrare tutte le energie contro i pregiudizi sociali e provare a vivere una vita autonoma e, per quanto possibile, felice?

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