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Lo hanno aspettato all’uscita della scuola, gli hanno urlato che è “frocio”, hanno cercato di derubarlo, lo hanno picchiato: Dali (nome di fantasia) porta ancora i segni delle botte in faccia e sulla schiena. Erano in tre contro uno. Era a Manouba, città universitaria della Tunisia settentrionale. Era martedì 19 aprile. Ed era un fatto tutt’altro che inconsueto per lo stato nordafricano: era già capitato allo stesso Dali. Eppure qualcosa di nuovo c’è stato: il ragazzo ha denunciato l’aggressione tramite l’associazione di cui è socio, Without Restrictions (Senza restrizioni), che difende i diritti delle persone LGBTQI (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali) in Tunisia. I lividi sulla faccia di Dali e la sua bocca tumefatta sono prove evidenti della violenza che gli omosessuali subiscono ancora nel paese, ma anche di una nuova visibilità e voglia di libertà dei gay tunisini.

DALLA VISIBILITA’ ALLA REPRESSIONE

Nella nuova Tunisia che sta nascendo dalla rivoluzione del 2011 è ancora in vigore l’articolo 230 del codice penale, che punisce il reato di “sodomia con il carcere. Nonostante il dibattito sulla cancellazione di questa norma sia più vivo che mai (è un’idea sostenuta da numerosi attivisti per i diritti umani, intellettuali, artisti, giornalisti, uomini e donne dello spettacolo e persino da alcuni politici conservatori e islamisti), abbiamo assistito in questi mesi a un aumento degli arresti di giovani omosessuali. E’ anzi proprio la nuova visibilità dei gay tunisini, la loro volontà sempre più esplicita di essere rispettati e considerati uguali davanti alla legge, a spiegare questa ondata repressiva: le forze conservatrici hanno individuato nella morale omofobica la linea del fronte su cui fare resistenza.

E così gli arresti si sono moltiplicati, colpendo soprattutto i ragazzi più effeminati: un arresto a settembre 2015, sei a febbraio, altri dieci a marzo di quest’anno. Il copione è in parte sempre lo stesso (accuse assurde, forte mediatizzazione del caso, pesanti condanne iniziali cancellate o fortemente ridotte in appello) e in parte è cambiato: gli ultimi arrestati, per esempio, hanno potuto rifiutare di sottoporsi al test anale, umiliante e doloroso esame clinico che, senza alcuna base scientifica, dovrebbe permettere di scoprire l’omosessualità di una persona. Non si può certo parlare di una svolta, ma si tratta di segnali che dimostrano come la situazione possa davvero cambiare, grazie all’impegno dei coraggiosi attivisti tunisini e al sostegno internazionale.

LE INIZIATIVE ORGANIZZATE IN ITALIA

Il sostegno alle organizzazioni per i diritti tunisine sta arrivando soprattutto dall’Italia. Quando, a gennaio, il governo ha cercato di sospendere le attività dell’associazione per la depenalizzazione dell’omosessualità Shams (Sole), alcune associazioni e questo sito hanno lanciato la campagna #FreeShams [ilgrandecolibri.com]. Intanto, grazie all’impegno dello scrittore Alessandro Golinelli, il Torino Gay & Lesbian Film Festival (TGFLL) stava organizzando un importante evento dedicato proprio alla Tunisia, con il coinvolgimento sempre di IlGrandeColibri.com. E contemporaneamente anche il giornalista Paolo Hutter si stava interessando alle vicissitudini del nostro vicino nordafricano.

Queste diverse forze si sono unite e coordinate prima per avviare una raccolta fondi d’emergenza per i sei ragazzi arrestati a febbraio che ha ottenuto un successo inatteso (più di 1300 euro raccolti in poco più di 34 ore; [ilgrandecolibri.com]) e poi per lanciare un appello alla scarcerazione dei dieci arrestati a marzo che è stata sottoscritta da buona parte del movimento LGBTQI italiano, da numerose associazioni per i diritti e da molte personalità della società civile [ilgrandecolibri.com]. E proprio questo appello sembra avere contribuito alla liberazione di cinque imputati (mentre altri cinque sono ancora in carcere). Ora abbiamo deciso di rendere più trasparente e visibile questo coordinamento informale tra organizzazioni e attivisti in Italia e in Tunisia, dandogli anche un nome: Ponte Arcobaleno.

I PROGETTI DI PONTE ARCOBALENO

Ponte Arcobaleno, a cui aderiscono CIG Arcigay Milano, IlGrandeColibri.com, Progetto IO – Immigrazioni e Omosessualità, la bergamasca Rompiamo il silenzio e singoli individui (tra cui i già citati Golinelli e Hutter), vuole portare avanti un’idea di collaborazione paritaria che oggi scavalchi le acque del Mediterraneo e che domani – chissà – possa spingersi ancora più lontano. Potrete trovare informazioni e aggiornamenti sia su ilgrandecolibri.com sia su facebook.com.

Le nostre prime iniziative andranno in due direzioni. Innanzitutto nei prossimi giorni lanceremo una nuova raccolta fondi, finalizzata a contribuire al mantenimento delle persone ancora in carcere e a pagare le spese legali [CLICCA QUI PER LA RACCOLTA FONDI]. Più avanti proporremo anche iniziative di sostegno a attività politiche e culturali utili al processo di depenalizzazione dell’omosessualità, in stretta collaborazione con le associazioni LGBTQI più attive in Tunisia.

Inoltre, a inizio maggio ci saranno due importanti eventi in Italia, di cui uno organizzato da Ponte Arcobaleno. Il 6 maggio (ore 18, al Cinema Massimo) il Torino Gay & Lesbian Film Festival presenta due film a tematica gay e un dibattito con i registi Sabry Bouzid e Walid Tayaa, l’avvocatessa dei giovani perseguitati Fadoua Braham, e gli attivisti Nadeem Oueslati, di DAMJ (Associazione tunisina per la giustizia e l’uguaglianza), e Thabet Ghaydaa, dell’Association Tunisienne de Soutien des Minorités (Associazione tunisina di sostegno alle minoranze; ATSM). Sabato 7 maggio alle 18, invece, Oueslati e Braham saranno a Milano alla Casa dei Diritti (via De Amicis 10) per un incontro pubblico che sarà anche l’occasione per presentare ufficialmente questo nostro nuovo progetto.

 

Pier
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