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La vittoria del partito di sinistra radicale Syriza alle elezioni greche ha fatto nascere molte speranze e molte domande. Anche se al momento i riflettori sono ovviamente puntati soprattutto sulle riforme economiche che il nuovo governo vorrebbe promuovere e far accettare agli altri leader europei, anche altri aspetti meritano di essere presi in considerazione. Tra questi, anche i diritti delle persone LGBT, sui quali negli ultimi giorni sono stati espressi giudizi molto emotivi e poco razionali (e sui quali nel 2012 avevamo pubblicato un’intervista a Syriza più unica che rara a livello internazionale: ilgrandecolibri.com). Prima di analizzare la questione, conviene però ricordare le opzioni a disposizione degli elettori greci: potevano rivolgersi ai vecchi partiti per continuare con le politiche di austerità, potevano abbracciare la destra razzista e neonazista di Alba Dorata o potevano affidarsi a Syriza.

La scelta preferita dagli altri governi europei era senz’altro Nuova Democrazia, il partito di centro-destra che stava governando la Grecia fino alle ultime elezioni. Questo appoggio, però, si basava su un discorso piuttosto contorto e contraddittorio: cari greci, dato che siete finiti nei guai per colpa di una classe politica inefficiente e corrotta, che ha distrutto lo stato per mantenersi al potere e per fare gli interessi di un’élite economica fortemente oligarchica, ora dovete votare per gli esponenti di quella stessa classe politica per permettere loro di continuare a portare avanti delle politiche economiche che secondo schiere di economisti anche liberali non otterranno i risultati dichiarati, che stanno devastando le vostre vite e che, nel frattempo, non stanno dando eccessive noie all’élite economica.

Un’alternativa era Alba Dorata, il partito di estrema destra che vuole distruggere la democrazia e la convivenza pacifica, che attacca e uccide le minoranze (dagli immigrati agli omosessuali) e i difensori dei diritti umani. Spesso, quando un popolo vede sbriciolarsi le prospettive di una vita migliore, si affida a ideologie politiche e/o religiose basate sull’odio: la devastazione del primo dopoguerra ha avuto un ruolo importante nell’affermazione del nazismo e il dissidente siriano Yassine Al-Haj Saleh ha illustrato bene come la diffusione dell’islamismo fondamentalista abbia proceduto di pari passo con il crollo dei sistemi scolastici e la loro incapacità di promuovere migliori condizioni di vita. In Grecia, fino a non troppo tempo fa, la vittoria del neonazismo sembrava tutt’altro che impossibile.

I greci, invece, nelle urne hanno scelto Syriza (Coalizione della Sinistra Radicale), il partito guidato da Alexis Tsipras (nella foto), una forza politica che ha reagito alla devastazione ribaltando la prospettiva dei neonazisti e reclamando più democrazia, più convivenza pacifica, più laicità, più rispetto delle minoranze, più diritti. E anche un veloce miglioramento delle condizioni di vita, nonostante molti analisti giudichino le promesse del partito troppo generose e difficilmente realizzabili (ovviamente, per un’analisi degli aspetti di politica economica rimandiamo a chi è più esperto di noi).

Tornando alle questioni che ci sono più congeniali, ha fatto discutere la dichiarazione con cui Alexis Tsipras ha ribadito in campagna elettorale che Syriza avrebbe approvato i matrimoni per le persone del stesso sesso, ma senza il diritto alle adozioni (smentendo il programma e le promesse fatte da anni). Le reazioni non sembrano sempre corrette: c’è chi è arrivato a negare che la Syriza appoggi i diritti delle persone LGBT, senza rendersi conto che, anche senza eventualmente le adozioni, il programma della sinistra radicale rimaneva nettamente più avanzato rispetto a quello di tutti gli altri partiti; e c’è chi ha fatto semplicemente finta di non sentire, come se credere in un progetto politico non richiedesse un impegno anche critico affinché si realizzino i suoi obiettivi.

Più preoccupante è stata la scelta dell’alleato di governo, cioè il partito nazionalista di destra dei Greci Indipendenti (ANEL) di Panos Kammenos. Questo movimento ha assunto troppo spesso posizioni inaccettabili contro gli immigrati, gli ebrei e gli omosessuali. Syriza, mancando della maggioranza assoluta e dovendo formare una coalizione di governo in pochissimi giorni, secondo quanto previsto dalla legge greca, ha chiesto prima aiuto al Partito Comunista (KKE), che ha risposto picche, quindi si è rivolta all’unico altro partito che condivideva le posizioni anti-austerità, ANEL.

In teoria, Syriza potrebbe portare avanti le politiche economiche con il proprio alleato di governo e le politiche di espansione dei diritti e della laicità, sgradite ad ANEL, con maggioranze variabili (grazie ai voti dei socialisti del PASOK o dei centristi di To Potami). In pratica, però, le cose saranno molto complicate: da una parte né i socialisti né i centristi condividono interamente gli obiettivi LGBT-friendly e pro-immigrati di Syriza, dall’altra ANEL difficilmente rinuncerà a mettere i bastoni tra le ruote ad accordi extra-governativi per progetti che non condivide. Insomma, almeno allo stato attuale, probabilmente Tsipras dovrà limitarsi a piccoli passi avanti e al superamento delle discriminazioni più odiose.

A complicare ancora di più il quadro, ci sono alcune posizioni concilianti che Syriza ha avuto nei confronti della Russia di Vladimir Putin, ben inquadrata anche in un commento di Andrea Pipino su internazionale.it. Il giornalista si chiede “perché mai un partito di sinistra moderno, aperto e non dogmatico debba sposare la causa di un regime ormai chiaramente autoritario, nazionalista e illiberale come quello della Russia di Putin“. La domanda interroga tanto le forze di sinistra, che troppo spesso rimangono ancorate a logiche da guerra fredda, quanto l’Unione Europea, che ha bisogno di tornare ad essere quel credibile polo attrattivo, fatto di democrazia e diritti, che aveva promesso di diventare.

Nel frattempo, le opinioni pubbliche e i movimenti politici e sociali degli altri paesi dovrebbero cercare di evitare giudizi affrettati e prematuri sulla Grecia. Da un lato, chi demonizza Tsipras dovrebbe evitare di basare le proprie critiche su paure e minacce (che, come si è visto, finiscono comunque per produrre effetti contrari a quelli sperati). Dall’altro, chi condivide il suo progetto politico, non dovrebbe trasformare la simpatia in santificazione: il percorso da compiere è ambizioso e molto complesso, i pochi alleati internazionali possono aiutare a evitare eventuali sbandamenti.

 

Pier
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