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Si può essere gay e musulmani? Di primo acchito molti di noi risponderebbero istintivamente di no. Abituati a un’immagine dell’islam stereotipata, siamo portati a credere che l’omosessualità sia incompatibile con la fede in Allah, esattamente come fanno i fanatici dello Stato islamico o dei governi di alcune delle nazioni a maggioranza musulmana. Certo, è difficile che il lettore abituale del Grande Colibrì sia vittima di questa rappresentazione, tuttavia in molti siamo propensi a credere che religione e omosessualità possano avere un rapporto solo conflittuale, spesso incompatibile.

Naturalmente non è così. Al di là delle questioni teologiche, che potrebbero ben spiegarci come l’intolleranza nei confronti delle persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali e asessuali) abbia una radice comune nelle tre grandi religioni monoteiste e che questa radice sia stata probabilmente per secoli male interpretata, le persone omosessuali esistono all’interno di ogni gruppo, anche religioso. E i musulmani non fanno eccezione, naturalmente.

raccolta fondiSpesso queste persone si nascondono nell’invisibilità, che in alcuni paesi è spesso l’unica protezione dai rischi di persecuzione. E finiscono nei nostri discorsi esclusivamente come vittime di regimi oppressivi, a causa del fatto che vivono la loro condizione di minoranza sessuale nei paesi dove sono più discriminate, senza che l’immagine che noi ne abbiamo sia un’immagine completa, che ci mostri come sia la loro vita quotidiana e quali siano i loro rapporti con gli altri. Anche per questo, il regista pachistano Wajahat Abbas Kazmi sta realizzando il documentario “Allah Loves Equality”, per cui nei mesi scorsi è stata fatta una prima campagna di crowdfunding.

La raccolta riprende oggi dopo essere stata sospesa all’inizio dell’anno quando le condizioni per la realizzazione apparivano compromesse a causa della sparizione di numerosi attivisti per i diritti umani e blogger in tutto il Pakistan [Il Grande Colibrì]. La situazione del paese è naturalmente ancor oggi complicata, ma sembra meno pericolosa che nei mesi scorsi.

Il progetto del Grande Colibrì, che è patrocinato da Fondo Samaria, Arcigay Gioconda di Reggio Emilia, Arcigay CIG di Milano e Progetto Gionata, si propone di dare voce alle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender nei paesi a maggioranza islamica, a cominciare dal Pakistan, patria del regista che l’ha ideato e che vive ormai da parecchi anni in Italia, facendo dell’attivismo per i diritti umani (a cominciare dal volontariato in Amnesty International, che ha peraltro espresso una manifestazione d’interesse per il documentario, prima ancora della sua realizzazione) la sua attività principale e la sua ragione di vita.

Da oggi sarà quindi possibile nuovamente contribuire alla realizzazione del documentario, senza problemi di importi predefiniti, senza necessità di avere un account PayPal, e attraverso un sito, Produzioni dal Basso, con testi in italiano e in inglese. Naturalmente rimangono i riconoscimenti per chi decide di contribuire con cifre significative, a partire da 25 euro, ma tutti i contributi, anche minimi, riceveranno ringraziamento e citazione man mano che si svilupperà il progetto, così come è accaduto per chi ha già donato nella prima raccolta fondi [Il Grande Colibrì].

Michele
©2017 Il Grande Colibrì

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