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“Mi chiamo Wajahat Abbas Kazmi, ho 30 anni, sono musulmano e provengo dal Pakistan. Sono residente in Italia da più di 10 anni, dopo averne passati 17 nel mio paese”. Si presenta con parole semplici e dirette Wajahat per lanciare, attraverso la pagina di Human Rights Post su Facebook, un appello a favore del riconoscimento delle unioni omosessuali e delle manifestazioni che, al grido di “Svegliati Italia!”, si svolgeranno sabato 23 gennaio in oltre 70 città italiane. “La gente omosessuale, nel mio paese, vive nell’assoluta discriminazione ogni giorno. Il motivo principale di questo atteggiamento è che la popolazione musulmana pensa che le relazioni omosessuali siano vietate dalla religione. Ma si sbagliano”. Per questo Wajahat, convinto che “la religione non è utilizzabile come giustificazione della discriminazione”, ha lanciato l’hashtag #AllahLovesEquality (Allah ama l’uguaglianza).

“MUSULMANI, UN PASSO AVANTI PER I DIRITTI”

Wajahat Abbas Kazmi è nato in Pakistan, ma dal 1999 vive e lavora in Italia, nel bergamasco. “Mi trovo molto bene in Italia – racconta a Il grande colibrì – Non ho mai vissuto episodi di razzismo. Anzi, a dir la verità, nel mio paese ci sono più razzisti che in Europa”. Regista e sceneggiatore, dedica la sua arte e le sue energie alla difesa dei diritti umani, collaborando con Amnesty International e altre organizzazioni. “I diritti delle persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) sono ormai una questione mondiale: tutti noi dobbiamo fare un passo avanti per l’uguaglianza” ci dice.

“Sono musulmano e vengo dal Pakistan, da un paese dove esiste il terrorismo, un problema di cui ho parlato anche nei miei film. Ho visto che dopo gli attentati di Parigi, tutti i musulmani sono scesi in piazza per far sentire la loro voce contro il terrorismo e per difendere l’islam. E’ una cosa che mi è piaciuta molto e che ho fatto anche io”. Poi però Wajahat ha capito che non bastava: “A un certo punto mi sono reso conto che quasi nessuno della mia religione parla del fatto che le persone LGBT hanno diritti e sono uguali alle altre. Da qui è nata l’idea di iniziare questa campagna per invitare i musulmani a dire insieme: ‘Allah ama l’uguaglianza’. E’ scritto nel Sacro Corano che siamo tutti figli di Dio e che siamo tutti uguali. E tutti significa anche gay, lesbiche e tutti gli altri”.

SUI SOCIAL: “MA VALLO A DIRE IN PAKISTAN!”

“Ci ho messo la faccia e serve coraggio per farlo con tutto quello che sta succedendo in giro” dice ancora Wajahat, che ha ricevuto molti messaggi di apprezzamento e di sostegno. Sui social network, però, i commenti degli internauti LGBT non sono sempre positivi: “Siete tutti assassini”, “Un musulmano non può essere gay-friendly”, “Ma vallo a dire in Pakistan!”… Wajahat la prende con filosofia: “Sono abituato a sentire e leggere commenti negativi. Per esempio, alcuni miei connazionali, dopo aver visto i trailer dei miei film, mi scrivono parolacce e minacce. Non è una cosa nuova per me, anche se non me l’aspettavo dagli amici italiani”.

Molti commentatori ricordano le aggressioni sessuali di Capodanno a Colonia o il lancio di pietre contro due donne transgender a Dortmund per rilanciare lo stereotipo del musulmano come inevitabilmente violento, aggressivo, irrispettoso delle donne e delle minoranze sessuali. Eppure è musulmano anche Wajahat, che lavora per varie associazioni per i diritti umani in Italia. “Sono ovviamente contro questi episodi, ma le persone buone e cattive ci sono dappertutto. In molti paesi i diritti umani fondamentali non sono rispettati neppure dai governi e nessuno li insegna nelle scuole: manca l’educazione. E poi queste violenze sono anche colpa dell’estremismo. Bisogna educare le persone e promuovere campagne come #AllahLovesEquality può essere un aiuto”.

Pier
©2016 Il Grande Colibrì

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