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Anes è marocchino. Mohamed è italoegiziano. Anes è nato e cresciuto in una famiglia musulmana. Mohamed è meticcio e non ha avuto un’educazione religiosa. Tutti e due sono omosessuali e militano per i diritti delle persone LGBTQI (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali). Nessuno dei due è religioso: il primo è agnostico, il secondo ha proclamato “Mi chiamo Mohamed, sono ateo ed esisto” orgogliosamente e pubblicamente, sulle pagine del Grande Colibrì.

Anes e Mohamed appoggiano il documentario “Allah Loves Equality” del regista pachistano-italiano Wajahat Abbas Kazmi [per maggiori info: Il Grande Colibrì], per la cui realizzazione stiamo svolgendo una raccolta fondi su Produzioni dal Basso. Ci spiegano perché, dal loro particolare punto di vista, è importante questo documentario. E perché anche tu dovresti fare una piccola donazione per realizzarlo.

“Allah Loves Equality” (Allah ama l’uguaglianza) è un documentario importantissimo, che non ha bisogno di etichette, ma debbo usarle. Non c’è bisogno di essere una donna per sostenere i diritti delle donne, così come non hai bisogno di essere musulmano e gay per sostenere e dare voce alle persone LGBTQI di fede islamica.

Quello che sono (gay, agnostico, marocchino, cresciuto secondo una cultura e un’educazione islamica) non mi impedisce assolutamente di sostenere “Allah Loves Equality”. Quello che si produce è cultura, è informazione, è una campagna per i diritti umani. Quello che si produce è attenzione, è amore, è attivismo nudo, reale, vero, concreto. Questo documentario non è per chi crede in una confessione religiosa o meno, questo film è per chi crede nei diritti umani, per chi non tollera alcuna discriminazione. Quello che si produce è un grido in più e una sfumatura in più della rainbow flag.

“Allah Loves Equality” è un documentario che vuole dare attenzione a una comunità del mondo, quindi è un film che ti permette di avere uno spazio in più dove esistere. È un po’ come il coming out: a ogni persona con cui ti dichiari senti di aver acquistato un metro, un chilometro o una nazione intera dove poter essere felice e dove poter essere te stesso. Ma è difficile essere se stessi in Pakistan e Wajahat, il regista di “Allah Loves Equality”, ci mostrerà il suo paese e i coraggiosi attivisti LGBTQI pakistani.

Citando e parafrasando lo scrittore omosessuale Reinaldo Arenas: “Gridiamo, dunque siamo”. E noi tutti siamo qui, pronti ad ascoltare quelle voci dal Pakistan, per poi poter essere, lì, assieme a loro.

Anes
©2016 Il Grande Colibrì

raccolta fondiDa anni seguo una pagina Facebook molto divertente, dove ragazzi italoegiziani come me condividono foto assurde, screenshot di chat su whatsapp e aneddoti di strafalcioni pronunciati dai nostri genitori e dagli egiziani in generale (a partire dalle meraviglie che provoca, nelle parole, la sostituzione della lettera P con la B… “bi come Balermo”, come direbbe, appunto, mio padre).

Tuttavia qualche volta capitava che si condividessero anche foto di ragazzi effemminati immortalati al Cairo o ad Alessandria. Questo era decisamente meno divertente. Non si sprecavano gli insulti. Forse non dovrebbe stupire: l’Egitto è un paese profondamente omofobo – e questo aldilà della religione: anche molti cristiani copti lo sono. Se non fosse che qui si trattava di ragazzi di seconda generazione, nati e/o cresciuti qui.

Data la schiacciante maggioranza dei ragazzi di origine musulmana che scriveva su questa pagina, dopo la condivisione dell’ennesima foto della checca da sfottere, mi presi la briga di postare un articolo del Grande Colibrì, sull’imam gay Daayiee Abdullah, per dimostrare come ci fossero molti modi di essere musulmano. Ovviamente il mio intervento scatenò un putiferio, ma notai positivamente come la discussione si polarizzò tra bigotti e ragazzi/e più aperti/e.

L’accusa più frequente che osservavo era che l’islam sbandierato dal suddetto imam era in errore perché permeato da un pensiero “troppo occidentale”, completamente estraneo alla cultura arabo-musulmana (ma sarei abbastanza sicuro che anche moltissimi cristiani copti egiziani avrebbero risposto allo stesso modo). Come se l’occidente fosse degenerato, e le libertà civili ne fossero la prova. Come se l’espressione a viso aperto del proprio orientamento sessuale fosse uno dei sintomi più visibili della decadenza della cultura occidentale.

Tempo dopo trovai tra le prime pagine del libro “Le trasgressioni della carne. Il desiderio omosessuale nel mondo islamico e cristiano, secc. XII-XX” (a cura di Umberto Grassi e Cristiano Marcocci, Viella 2015, 219 pp., €25; Il Grande Colibrì) questo trafiletto: “L’ombra dell’omosessualità fu presente nell’elaborazione dello stereotipo del nemico musulmano nella retorica cristiana tra medioevo ed età moderna, come lo è oggi nell’immaginario sull’Occidente decadente ed infedele che agita i fantasmi dell’islam più conservatore”. Che dire… davvero molto comico come si sia completamente ribaltato il quadro, secoli dopo!

Penso sia giunto il momento di parlarne sempre di più. Di togliere un po’ di stereotipi e luoghi comuni asfissianti. Di ricordare come, mentre in Europa ardevano i roghi dell’inquisizione, nelle terre musulmane – dall’Impero Ottomano alla Persia, e tra i Mamelucchi d’Egitto – vi fosse una certa relativa tolleranza in merito all’omosessualità.

Il progetto “Allah Loves Equality” va proprio in questa direzione. Contribuirà a restituire un po’ di verità su come si possa essere contemporaneamente omosessuali e musulmani. Descriverà un pezzo di mondo reale in Pakistan, un mondo di attivisti coraggiosi che rischiano la propria vita per andare oltre il pensiero comune dominante incrostatosi negli anni. Un pensiero nato forse con il contributo del lascito omofobo del colonialismo sulla giurisdizione nei paesi colonizzati, pompato da un certo islam aggressivo e sulla difensiva, nato in Arabia Saudita sotto i Saud, che sta cercando di influenzare e avvelenare, da decenni, il resto del mondo musulmano, e dal mix letale tra tradizione patriarcale e religione.

“Allah Loves Equality” sarà un piccolo, grande tassello per fare avanzare ulteriormente l’essere umano di qualche passo nel progresso.

Mohamed
©2016 Il Grande Colibrì

2 Comments

  • Remo ha detto:

    Si può essere atei arabi e gay, non atei che condividono qualcosa che abbia nel nome allah.

  • Ned ha detto:

    non c’era nessuna tolleranza, semplicemente se eri ricco potevi avere una molto relativa libertà a patto di non rendere troppo “pubblica” la cosa.
    l’islam come il cristianesimo èc ontro i diritti delle donne e dei gay

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