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Ti ho amato, così ho attirato queste
maree di uomini nelle mie mani
E ho scritto le mie volontà su tutto il cielo con le stelle
Per conquistare per te Libertà,
la preziosa casa dai sette pilastri,
Così che i tuoi occhi potessero brillare per me
Quando venivo
(Lawrence d’Arabia, 1888-1935)
 .

E se la terribile Arabia Saudita fosse una specie di paradiso omosessuale? In un paese dove la separazione dei sessi raggiunge livelli parossistici e l’enorme mole di proibizioni dettate dal wahhabismo, la corrente di pensiero islamica a cui si ispirano i reali sauditi, rende la doppia vita una caratteristica comune a chiunque, non pochi abitanti raccontano come sia molto più facile vivere come gay che come eterosessuali. Affermazione assolutamente discutibile e paradossale, ma fatta in perfetta buona fede e con grande convinzione.

In Arabia Saudita i contatti tra ragazzi e ragazze sono talmente ostacolati e condannati che riuscire a comunicare anche solo per telefono o tramite Internet diventa impresa difficile e rischiosa [The New York Times]. Le donne non mostrano né il corpo né il viso, girano solo accompagnate da familiari, frequentano solo negozi e ristoranti a loro esclusivamente dedicati. Maschi e femmine sono divisi da una frontiera netta, che sebbene non sia così invalicabile come si vorrebbe, può essere attraversata solo con azioni temerarie e rischiose, come quelle delle ragazzine che si travestono da maschi per scoprire l’ebbrezza che si prova a muoversi in libertà e a guidare [The New York Times].

Insomma, è innegabile che è estremamente più facile conoscere e frequentare una persona del proprio stesso sesso, facilitati anche dal fatto che baci, abbracci e carezze tra uomini, anche in pubblico, sono perfettamente benaccetti, in quanto considerati come semplici dimostrazioni di amicizia. E allora qualcuno racconta che “qui è più facile essere gay che etero” [The Atlantic], con semplificazioni un po’ troppo forzate tanto sul fronte dell’aderenza alla realtà dei fatti quanto su quello del significato delle parole.

Infatti è inutile cercare di capire quale sia la condizione degli omosessuali in Arabia Saudita senza prima capire bene quale significato concettuale venga attribuito all’omosessualità nel paese. Senza capire, soprattutto, che l’omosessualità in genere è considerata non come una forma identitaria, ma come un comportamento e/o una condizione temporanea nella vita di una persona.

La società, la religione e la legge condannano in modo molto netto gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso, sebbene siano comunque considerati meno gravi di quelli eterosessuali extra-matrimoniali. In fondo, però, il desiderio erotico è interpretato non come espressione di un carattere identitario specifico (l’orientamento sessuale), ma come una forza istintuale, il giudizio sulla quale non muta se i destinatari sono uomini, donne o persone di entrambi i sessi. Il giudizio si basa solo sull’atto carnale eventualmente compiuto e non su altri elementi.

Per questo non deve sorprendere se l’amore platonico omosessuale non scandalizza molte persone e se nella mentalità comune la condanna alla sodomia si accompagna alla tolleranza per chi ha un ruolo sessuale attivo in un rapporto gay. La sessualità tra uomini è spesso giustificata con l’impossibilità di avere rapporti con le donne e quindi, se praticata prima del matrimonio o nei periodi in cui la religione proibisce di giacere con la propria sposa (durante la gravidanza o mentre ha le mestruazioni), è ampiamente tollerata.

Inoltre, sono tollerate anche le relazioni tra uomini maturi e ragazzi giovani, con ruoli sessuali ben definiti (attivi i primi, passivi i secondi), secondo schemi millenari che accomunano l’Arabia ad altre aree islamiche non arabe (la Persia, l’impero ottomano, il Nord Africa…) e all’Europa (dove, senza rifarsi alle civiltà greca e romana, basta andare indietro di qualche decennio…). In questo senso, la sessualità omosessuale maschile è un ciclo in cui la persona passa da un ruolo giudicato di subordinazione (l’essere penetrato) a un ruolo di dominio e controllo (il penetrare).

E così, concordano sauditi e immigrati nel paese, per chi predilige il ruolo sessuale passivo trovare un partner in Arabia Saudita è molto semplice: gli uomini fanno complimenti spudorati e proposte esplicite anche per strada e soprattutto i giovani europei si ritrovano in poco tempo circondati da ammiratori a volte un po’ troppo insistenti [The Atlantic]. E sebbene non esista alcun locale esplicitamente LGBTQ* o anche solo gay-friendly, il fatto che tutti i locali siano divisi per sesso facilita la nascita di bar frequentati da “gay” e di discoteche per “lesbiche”, soprattutto a Jeddah e a Riyadh [New Republic].

Un occhio occidentale potrebbe frettolosamente archiviare tutto sotto l’etichetta di “omosessualità repressa”, senza porsi troppe domande su cosa significhi essere omosessuali in Occidente e sulla storia ben recente di questo concetto nella stessa Europa… Va comunque sottolineato come la situazione sia in trasformazione. Negli ultimi secoli, anche in coincidenza con il colonialismo europeo e in particolare dell’Inghilterra vittoriana, la tradizionale tolleranza islamica nei confronti dell’omosessualità, celebrata nei versi dei poeti più famosi, ha ceduto il posto ad una condanna molto dura, seppur attenuata dai meccanismi illustrati sopra.

Meccanismi, questi ultimi, che sono messi a dura prova dal contatto con il modello omosessuale occidentale, che avviene attraverso Internet (i blocchi contro siti gay e community di incontro sono facilmente aggirati e sempre meno severi, come dimostra la faccenda di Gay Middle East) e le tv satellitari (presenti in quasi tutte le case, nonostante le antenne siano proibite dalla legge: AMEInfo), mentre il silenzio che domina giornali, libri e tv “legali” indebolisce sempre più le idee tradizionali sulla sessualità.

E così l’omosessualità inizia a venire intesa, in primis da chi si sente attratto soprattutto da persone del proprio stesso sesso, come una forma identitaria, la quale, per gli uomini, si manifesta significativamente attraverso segni distintivi legati sempre meno al concetto tradizionale di femminilità (capelli leggermente più lunghi della media, gioielli…) e sempre alla cultura occidentale (la musica di Madonna e lady Gaga, i vestiti degli stilisti europei…).

Questo processo è mal visto da molte persone, perché allontana sempre di più l’antica tolleranza e mette in discussione la libertà di agire e di definirsi senza schemi rigidi, ma soprattutto perché si denuncia come, all’aumentare dell’identificazione con il modello gay-lesbico, aumentino anche l’attenzione e la condanna nella società e i sensi di colpa e di inadeguatezza in chi prima viveva la propria sessualità “polimorfa” con spensieratezza. E arrivano notizie anche di tentativi di guarigione e di conversione, con tanto di psichiatri, sul modello degli “ex gay” cristiani. Insomma, l’impressione di molti è che si stia importando dall’Occidente tanto il modello di omosessualità quanto quello di omofobia…

In tutto questo, non bisogna dimenticare che in Arabia Saudita vige la pena di morte contro la sodomia, punita anche con il carcere, le frustate e, per gli immigrati, l’espulsione dal paese. La mancanza di un codice penale, la gestione opaca della giustizia, amministrata a suon di decreti regi e di interpretazioni giudiziali, e la censura sull’informazione non permettono di fornire un quadro preciso ed esaustivo sul punto. Sembra comunque che le autorità non siano impegnate in un’attività costante di repressione, ma si limitino ad episodici interventi strumentali.

A parte sporadici arresti, che pure hanno conclusioni drammatiche [Sodomy Laws – Sabq], si ricordano maxi-retate come quella che, nel 2005, ha portato all’arresto di oltre cento partecipanti ad una festa omosessuale [The Guardian], in un periodo in cui la corona era interessata a creare un evento di distrazione di massa. Allo stesso modo si spiega l’attenzione della polizia religiosa contro gli immigrati [Sodomy Laws], soprattutto clandestini [Arab News] e soprattutto filippini [Arab News], troppo spesso accusati di mettere in pericolo le radici culturali arabe – i razzisti sono tutti uguali, anche se odiano l’uguaglianza… – a suon di omosessualità, prostituzione e alcol. Gli occidentali, chissà come mai, finiscono nei guai solo in casi molto rari [The Sun]…

Di fronte a leggi severissime raramente applicate, la reazione delle persone varia moltissimo: si va da chi considera spensieratamente l’Arabia Saudita un paradiso gay in cui basta non dare troppo nell’occhio – e effettivamente si corrono più rischi a indossare jeans attillati per strada che a organizzare orge in casa tutte le sere… – a chi, per il terrore, si rinchiude in se stesso e rinuncia a qualsiasi tipo di relazione sociale, sentimentale e sessuale.

Le violazioni dei diritti delle persone LGBTQ*, come di tutti i diritti umani in generale, sono evidenti e pesantissime, ma i governi occidentali considerano l’Arabia Saudita un alleato politico-economico strategico e irrinunciabile nell’area mediorientale e per questo preferiscono non farle le pulci e fingere di ignorare che si tratta di un regime dispotico.

L’Occidente preferisce gridare “Al lupo, al lupo!” per il pericolo del terrorismo e del fondamentalismo davanti a povera gente disarmata che cerca di raggiungere l’Europa considerandola un paradiso, mentre tace del fatto che il suo alleato di ferro saudita, che considera l’Occidente un inferno di peccato, finanzia gruppi estremisti, quando non addirittura terroristici, in tutto il mondo.

L’Occidente addita le moschee e i centri culturali islamici in Europa e in America come ricettacoli di mostri e porre ostacoli alla loro costruzione, rendendo la vita difficile alle pacifiche comunità immigrate, spesso piuttosto povere e poco organizzate, ma tace del fatto che i petroldollari dell’alleata Arabia Saudita riescono a superare questi ostacoli per costruire moschee da controllare e nelle quali inviare anche predicatori d’odio che istruisce, organizza e stipendia per incitare allo scontro tra culture, alla sottomissione delle donne, alla violenza contro i gay… Per fortuna, la stragrande maggioranza dei fedeli preferisce ignorare questi messaggi.

Ben poco abbiamo finora parlato della condizione delle lesbiche e delle persone transessuali. Sulle prime possiamo ricordare come la posizione espressa da molte persone e dalle autorità sia spesso di maggiore (apparente) tolleranza: il lesbismo, considerato legato a mancanza di affetto in famiglia, è considerato più un problema psicologico che morale [Arab News]. Le persone transessuali, invece, sono del tutto assenti dal dibattito pubblico e non hanno alcun riconoscimento, a differenza di quanto avviene, ad esempio, in Pakistan [Il Grande Colibrì] e in Turchia [Il Grande Colibrì].

* * *

Gli immigrati filippini rappresentano circa il 6% dell’intera popolazione dell’Arabia Saudita e sono le vittime predilette delle retate omofobe del governo. Nelson, 32 anni, vive da cinque anni a Dammam.

Secondo me, i gay sauditi sono le persone più infelici al mondo: qui, se sei omosessuale, vivi con la costante paura di venire scoperto e di essere condannato a morte.

L’Arabia Saudita è davvero così terribile?

È un paese davvero molto chiuso, le autorità sono molto severe e ci sono tantissime cose che non si possono fare. E’ ormai l’unico paese della regione dove non c’è stata neppure una minima apertura, altrove è diverso.

Conosci omosessuali sauditi?

A quasi tutti i sauditi piace scopare gli uomini, vanno pazzi per noi filippini e ancora di più per gli europei. Ogni tanto qualcuno inizia a seguirmi per strada, ma non ne ho mai voluto conoscere nessuno di persona, è troppo pericoloso. Ho solo qualche contatto tramite Internet.

Hai paura che ti possa scoprire la polizia?

Sì, incontrare qualcuno sarebbe troppo pericoloso. Magari non ti scopre la polizia, ma la persona può minacciarti, ricattarti e non puoi chiedere aiuto a nessuno. Io non esco neppure da solo di casa. Vado solo al lavoro e a fare la spesa, sempre in gruppo con amici o colleghi di lavoro.

Quindi non hai conosciuto nessuno, neppure per un incontro sessuale?

Mai. Le ultime volte che ho fatto sesso sono state tre anni fa, quando sono tornato un mese nelle Filippine, e un anno fa, quando ho trascorso tre giorni in Libano, dove sono molto liberali. Qui se sento necessità biologiche… uso le mani e basta!.

Pensi di andare via dall’Arabia Saudita?

Il giorno stesso che avrò messo da parte abbastanza soldi! Qui nessuno è felice, né gay né etero, né ricchi né poveri. Noi immigrati siamo tanti, ma stiamo qui solo per i soldi.

Pier
©2011 Il Grande Colibrì
foto: Sofi Layla (CC0)

9 Comments

  • Riccardo ha detto:

    Ho 65anni e purtroppo l’intolleranza,l’ignoranza,l’egoismo è molto spesso la cattiveria mi hanno condizionato tutta la vita e quindi ho vissuto una vita non vita.Mi auguro dal profondo del cuore che le generazioni future omosessuali possano vivere pienamente la loro vita liberamente in armonia con tutti gli esseri umani a prescindere dalle inclinazioni sessuali.
    Ricki

  • Il Grande Colibrì ha detto:

    @ anonimo: Ovviamente per discoteche si intendono locali privati che fungono ufficiosamente da discoteche. Si tratta di strutture ovviamente non pubblicizzate, ma che esistono e spesso sono anche facilmente rintracciabili su Internet (cosa alquanto pericolosa, dal momento che ogni traccia sul web è un aiuto per le retate della polizia religiosa).

  • Anonimo ha detto:

    mi attengo all'articolo… vivo in arabia saudita da un pò e avviso l'autore dell'articolo che qui in arabia non esistono ne bar ne discoteche…cmq… concordo con il fatto che se pur in modo irrazionale l'arabia sia il paradiso gay… con tutte le restrizioni che esistono si può vivere qui solo essendo gay o bsx… un etero single impazzirebbe soltanto!! è vero che si viene fermati per strada per proposte di ogni tipo, è vero che offrono soldi, è vero che anche gli alberi parlano di sesso gay… come è vero che i sauditi sono la peggiore nazione a letto… la pressione sociale e culturale si ripercuote in una totale incapacità sessuale.

  • Enrico ha detto:

    Paradossalmente una cultura meno tollerante a parole è più tollerante nei fatti, perché tradizionalmente gli si da meno importanza… ma ora lo scontro con la cultura occidentale (a parole più tollerante, poi nei fatti…) sta facendo precipitare la situazione, portanto allo scoperto quello che non si vorrebbe vedere e "costringedo" a reprimere…

  • Carlos ha detto:

    Perché parli male del modello occidentale omosessuale? Credo che è l'unico modello omosessuale che ci aiuta, solo in Occidente, gli omosessuali possiamo vivere felici e liberi, senza la persecuzione e la discriminazione.

  • Il Grande Colibrì ha detto:

    @ Ahmed: Conoscere e capire per usare il meglio di ogni modo di vedere le cose nelle diverse culture: è per questo che l'incontro con l'altro è non solo più giusto, ma anche più interessante e utile che lo scontro…

  • Ahmed ha detto:

    Eè vero: l'omosessualità nel mondo arabo è vista in modo diverso nel mondo arabo. Ha spiegato in una moda ben precisa e chiara, anche se per un europeo non sarà facile di capire. Tutta via, in un mondo globalizzato dobbiamo pensare tutti i modi di vedere le cose in diverse culture per usare il meglio in ogni modo di vedere. La ringrazio molto per il meraviglioso progetto che fa, è molto ben fatto e utile.

  • Il Grande Colibrì ha detto:

    @ Antonio: E il dubbio che si debbano difendere le persone in quanto esseri umani no, eh? Difendiamo il rispetto, ovviamente reciproco.

  • Antonio D. ha detto:

    O difendete gli arabi o difendete i gay. Questa storia del difendere tutti è il difetto peggiore della sinistra. Alla fine non riuscite a difendere nessuno.

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