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Sappiamo da tempo come le riserve nei confronti del sesso e, in particolare, dell’omosessualità rappresentino una caratteristica distintiva di molti paesi ex-sovietici, ma – a causa della scarsissima attenzione mediatica per l’Asia centro-meridionale – conosciamo davvero poco di ciò che succede, anche su questo genere di argomenti, in Cina. Come spesso accade ai regimi, il sesso non è affatto ben visto: non tanto per la politica di contenimento delle nascite, recentemente ammorbidita ma non del tutto cancellata, quanto per una forte impronta moralistica che considera parlare di sesso una cosa volgare e che ha cominciato a manifestarsi già sotto Mao Zedong, con una crociata contro la prostituzione vista come uno dei nemici da sconfiggere, insieme a gioco d’azzardo e droga.

L’omosessualità è quindi rimasta un tabù per molto tempo nel paese comunista più popolato del mondo, ma l’avvento di internet ha cambiato le cose, permettendo – nonostante i controlli sul web – una diffusione di informazioni e di materiale: infatti, sebbene la lotta alla pornografia risalga già al 1949, i cinesi sono il più grande consumatore mondiale di prodotti pornografici, con circa il 28% della produzione mondiale di materiale hard (qz.com). Come reazione, il governo ha intrapreso numerose battaglie contro la pornografia.

Ad essere presi di mira sono, negli ultimi tempi, i siti che pubblicano pornografia sia in forma di disegno che in forma di racconto: in particolare gli slash, un genere di fan fiction che racconta storie omosessuali al maschile e che è incredibilmente popolare in Cina, vengono censurati perché sono “pornografia che promuove l’omosessualità” (offbeatchina.com).

La campagna contro la pornografia su internet (e contro l’omosessualità che vi è promossa) è vista di buon occhio non solo dai burocrati, ma anche da uomini di cultura, come Bu Xiting, funzionario della Comunicazione dell’Università della Cina, che,  preoccupato in particolare per la diffusione della pornografia presso la fascia minorile del cyber-pubblico, considera questa battaglia governativa come “un passo importante verso lo stato di diritto nel mondo virtuale” (globaltimes.cn).

In realtà però, così come in Russia la lotta contro la propaganda omosessuale viene usata come arma di distrazione di massa (ilgrandecolibri.com), qui la lotta alla pornografia su internet sembra essere l’ennesimo modo del potere di agire censurando. E infatti dietro questa battaglia c’è ancora una volta il sistema di controllo per colpire critici, dissidenti e voci non allineate al regime comunista, in particolare in un momento in cui le tensioni sociali nel paese tendono ad aumentare a seguito di scandali riguardanti funzionari corrotti, la crescita si mostra ridotta rispetto al previsto e – in ogni caso – una maggiore presa di coscienza popolare del dispotismo del regime comincia a diffondersi (washingtonpost.com).

Malgrado le autorità sostengano che l’omosessualità non trova posto nella cultura tradizionale cinese e “nella costruzione di una civiltà spirituale“, però, qualcuno non si rassegna e non si limita a diffondere storie erotiche sul web. Uno dei rari attivisti noti anche ai media occidentali è Xiang Xiaohan, un diciannovenne che sta trascinando il governo in tribunale per il rifiuto di registrare come organizzazione non governativa l’associazione LGBT (lesbica, gay, bisessuale e transgender) da lui fondata e che, ormai, conta su diversi volontari: “Le scuse non sono dovute solo a me, ma alle migliaia di uomini e donne omosessuali in Cina“, ha dichiarato il tenace giovane.

La storia, oltre ad una certa eco internazionale, ha scatenato commenti su molti blog cinesi, catalizzando l’attenzione perché – malgrado le possibilità di vittoria siano scarse (benché l’omosessualità non sia più illegale dal 1997 e non più considerata un disturbo mentale dal 2001) – un’eventuale apertura nei confronti dell’associazione di Xiaohan segnerebbe una cesura epocale nella storia del movimento LGBT cinese (bbc.com).

Ma di certo la società non sembra ancora particolarmente incline ad indulgere nei confronti di gay, lesbiche e transessuali, come dimostra la vicenda di Gigi Chao, giovane ereditiera di Hong Kong: sebbene abbia da tempo una compagna che considera sua sposa, benché la legge locale non preveda il matrimonio tra persone dello stesso sesso, il padre ha offerto all’uomo che sarà capace di corteggiarla con successo la cifra di 40 milioni di sterline perché tuttora incapace di accettare la sessualità della figlia. Naturalmente la ragazza, con il suo amore e la sua convinzione, non ha ceduto a nessuna delle decine di migliaia di proposte di matrimonio, divenendo l’eroina locale dei diritti LGBT (standard.co.uk).

 

Michele
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4 Comments

  • Anonimo ha detto:

    credo che "l'impronta moralistica" non se la sia inventata Mao, che pur erigendosi a guida etica del nascente partito comunista cinese, faceva riferimento, sotto questo aspetto, agli insegnamenti confuciani, proprio per far risaltare come pornografia e omosessualità, fossero costumi lascivi di importazione occidentale.

  • Anonimo ha detto:

    E dire che chi applica una così stretta politica di controllo demografico avrebbe interesse ad incentivarla l'omosessualità, specie adesso che hanno un surplus di maschi rispetto alle femmine.

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