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Maggio 2018. Trento, sicura, silenziosa, regina di decoro urbano, si prepara ad accogliere 600mila militari e simpatizzanti smaniosi di sfilare per giorni a passo di marcia. Da settimane la città è in fermento: i camion di bitume rompono i silenzi notturni, squadre di pompieri vengono arruolate per onorare la patria e adornare le facciate di bandiere tricolore. Anche la bella e ormai succube sede di sociologia si veste a festa e dà il benvenuto agli alpini. Allora via le bici, disinfetta i parchi da migranti e accattoni, scattano ordinanze su ordinanze speciali.

10 maggio: è tutto pronto. La città è luccicante e disposta a delegare interamente l’ordine pubblico all’organizzatissimo Corpo degli Alpini, legittimati in ogni loro azione dal semplice essere forze dell’ordine e, di conseguenza, affidabili, solidali, caritatevoli rappresentanti dell’ordine costituito. Il capoluogo si trasforma in cittadella dell’Alpino e, come per ogni grande evento, il capitalismo si traveste per l’occorrenza e, subdolo, si appropria di ogni cosa. Chiudono le università, chiudono le biblioteche, chiudono gli asili nido.

Ogni via si riempie di uomini in divisa, penne nere, fiumi di alcol, cori e trombe. Diventa labirinto inaccessibile e sala di tortura per qualsiasi corpo che non risponda alle prerogative di maschio, bianco, eterosessuale (ah, non deve avere coscienza critica, questo è chiaro). Diventa impraticabile e pericolosa per me che sono donna e mulatta, esposta in maniera esponenziale a continue aggressioni verbali e fisiche che intersecano razza e genere, dando vita a una narrativa vissuta e rivissuta mille volte nei più svariati contesti.

A chi importa il tuo vissuto? A chi importa da dove vieni? A chi importa chi sei? Chi si ricorda di avere davanti una persona? A chi importa?

Il colore della tua pelle, i ricci ribelli, i lineamenti, l’espressione di genere sono un passe-partout per aprire le fogne, etichette incollate su ogni parte del mio corpo che legittimano qualsiasi forma di violenza razzista e sessista. Non serve altro: il discorso d’odio è servito, è tutto normale, dall’alto del privilegio maschio e occidentale è tutto consentito. Ogni angolo di quell’immenso e pericoloso formicaio era per me trappola e luogo di resistenza, i miei tratti somatici mi tradivano in continuazione, l’autodifesa mi teneva in vita, sempre vigile e attenta.

Al tavolo di ogni bar, a ogni incrocio, si poteva captare l’affanno delle poche sinapsi di branchi di energumeni messe sotto sforzo per portare avanti una discussione che puntualmente veniva condita da una frase come: “‘Sti negri de merda“, “Non sono razzista, ma…“, “Andassero tutti a casa loro“, “Gli ammazzerei tutti“, “Tira fuori le tette“, “Bella gnocca, vieni qua”… Qualche camionata di insulti ai venditori ambulanti, che corazzati da anni di resistenza continuavano imperterriti il loro lavoro, e poi via: un altro rosso, prego, che la festa continui!

Mi sono sentita ingiustamente violentata e impotente. Violentata dagli sguardi, dai commenti sessisti, dalle palpate, dall’esotizzazione continua del mio corpo trasformato in oggetto sessuale che risveglia profumi di violenza tropicale, nostalgie coloniali.

Nessuno ha chiesto il mio consenso, nessuno si è sentito in dovere di farlo, nessuno si è sentito responsabile per quello che stava accadendo nello spazio pubblico che lo circondava, nessuna delle “loro (bianche) donne” mi è stata solidale. Le istituzioni, complici, si sono girate dall’altra parte e con tranquillità si sono fatte servire un vino al tavolo dell’aggressore.

Nessuno si è chiesto se fosse normale che una cameriera sottopagata dovesse sopportare per ore frasi del tipo “Che bela moreta, fammi un pompino” o semplicemente “Non mi faccio servire da una marocchina“: tutto normale, tutto concesso, nobilitato dalla posizione di “salvatore della patria”, corpo solidale in caso di calamità naturale. Tutti sembravano non voler ricordare che machismo e razzismo vengono esercitati da qualsiasi corpo, tanto più se privilegiato e paramilitare.

Questi quattro giorni sono stati la cartina tornasole dell’aria che si respira a livello nazionale, dell’ansia che ogni corpo di donna o di negra sente quotidianamente nell’attraversare lo spazio pubblico, delle ondate razziste e sessiste che attraversano il paese, ma non lo scuotono, che si insinuano silenziose nel discorso politico-istituzionale di ogni giorno.

Io, come moltissime altre, non ci sto!

Non sono disposta a dover lasciare la città perché non è per me spazio sicuro, non sono disposta a delegare la mia sicurezza a gruppi di militari maschi e testosteronici, non sono disposta a sorridere e lasciare correre “perché in fondo si scherza“, non sono disposta a essere complice della vostra lurida violenza quotidiana con il mio silenzio, non sono disposta a tutelare il buon costume della vostra civiltà, rispettosa solo con chi rientra nei canoni imposti. Non sono più disposta ad agonizzare sanguinante e invisibile perché voi possiate marciare in pace sul mio corpo e onorare la vostra patria.

Siamo stanche e arrabbiate. Non ci sarà più nessuna aggressione senza risposta, nessun silenzio complice.

Raky
©2018 Il Grande Colibrì

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2 Comments

  • Andrea ha detto:

    Faccio una piccola premessa, non sono gay, ma semplicemente una mente libera, curiosa del mondo, aperta a qualsiasi punto di vista, a ogni sfumatura che umanamente si possa immaginare . Non mi interessa la politica, ma le idee, le buone idee senza schieramenti, senza ipocrisia, senza tutto quello di chi si propone di portare, o meglio discriminare pensieri, colori, sesso, e mi fermo altrimenti “sforo” questo spazio. Dopo aver letto questo ovviamente viene da vomitare e non posso che essere solidale con l’autrice dell’artico Raki. Che altro dire…tanto e poco spazio. Ho scoperto per caso il Vostro sito e non conoscendolo mi riprometto di seguirlo con interesse. Preferisco lasciare fuori due cose : la politica e la religione…non mi interessano, o meglio, le prendo in considerazione esclusivamente per curiosità, per cultura, conoscenza, come parametro intellettuale . Un grazie per chi leggerà questo breve commento soffiato nella notte auspicando un’evoluzione della mente di tutti. Ciao

  • vlad ha detto:

    guardare una bella donna o un bell’uomo è ok, molestarlo/a no

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