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In fondo la questione dei diritti civili nella campagna elettorale è esattamente speculare all’immagine stessa della politica italiana: se non ci fosse da piangere, verrebbe quasi da sorridere.

Fa sorridere il clamore dei media su un cenno del capo di Berlusconi che avrebbe avuto il significato di un assenso: era invece una furbata con le gambe cortissime perché al cavaliere non interessa niente dei diritti civili (li cavalcherebbe di sicuro se fosse certo di averne un tornaconto) e la smentita non si è fatta attendere (la Repubblica). La destra italiana è omofoba nel DNA e anche il “frainteso” gesto di Berlusconi ha ottenuto una serie di distinguo all’interno del PdL a tempi di record a ricordarlo, come ha avuto modo di sottolineare l’Arcigay.

Divertente anche gli spostamenti dei sempre più spaesati esponenti di GayLib, pronti a “sposare” Monti se solo concederà loro un incontro (Virgilio), poi folgorati sulla via di Montecitorio dal cenno del capo del loro capo di sempre (GayNews) ed ora probabilmente in attesa di tornare da chi offre qualcosa, anche se non si sa proprio cosa ci si possa aspettare da PdL e Lega o dalla coalizione Monti.

Come se il centro avesse qualche interesse ad affrontare la questione. Non c’è neanche bisogno dell’altolà lanciato al Cavaliere da Avvenire per aver dato un finto assenso alle coppie omosessuali. All’area che ha già ricevuto l’imprimatur della Chiesa cattolica e che ha con sé personaggi del calibro di Casini e Buttiglione, la questione non interessa. Il professore la liquida come importante, ma non urgente (Sky): potranno occuparsene eventualmente governi  del quarto o del quinto millennio… E l’ex presidente della Camera chiosa: “Il matrimonio per me è tra un uomo e una donna” (Euronews) e quindi le coppie gay non devono poter adottare.

Mentre Arcigay non si sorprende delle chiusure centriste sul tema , gli unici attivisti che sembrano credere ancora a Monti sono Giuliano Gasparotti di Officine democratiche (Il Giornale) e Alessio De Giorgi, direttore di Gay.it, che alle primarie del centrosinistra aveva appoggiato Renzi e che giustifica la sua nuova collocazione con il fatto che “gran parte delle proposte del programma del sindaco di Firenze si ritrovano nella coalizione guidata dal premier” (Blogo). E pazienza se tra quelle non c’è traccia delle unioni civili che quasi tutti i candidati alle primarie proponevano. Probabilmente per De Giorgi – che all’epoca non si fidava né di Bersani né di Casini (Huffington Post) – è importante tutto quello che il governo Monti ha fatto per combattere l’omofobia: cioè poco più di niente, giusto giusto uno spot (Dailymotion).

Nel centrosinistra la questione “unioni civili” sembra archiviata: si spera perché si dà per scontata e non per metterla in naftalina qualora si dovessero vincere le elezioni. E ci si concentra sulle candidature, che pure non cessano di destare qualche perplessità. E’ candidato alla Camera Ivan Scalfarotto, vicepresidente del partito, come tredicesimo in lista in Puglia (dove si prevedono diciannove eletti), regione in cui ci sono state parecchie polemiche per la massiccia dose di paracadutati dal nord, anche se Scalfarotto ci è cresciuto e può starci più di altri. E’ candidata al Senato Paola Concia, numero 3 in Abruzzo (dove ci si attende l’elezione di due o tre del PD).

Quindi, come ci si aspettava (Il grande colibrì), i candidati forti, evitate le primarie perché incapaci (Concia) o troppo “superiori” (Scalfarotto), sono stati paracadutati in posti più o meno sicuri delle liste. La prima, per paura di restare fuori dal Parlamento, aveva mobilitato anche una serie di personalità (da Lucia Annunziata ad Aurelio Mancuso, da Barbara Palombelli a Mara Venier) che hanno firmato un appello per la sua candidatura (Huffington Post), il secondo poteva certamente contare sul suo ruolo importante nell’architettura del partito.

Oltre ai big, ci sono anche Sergio Lo Giudice (dodicesimo in lista in Emilia Romagna, dove ci si attendono undici eletti) e l’avvocato Marilisa D’Amico, che sostenne presso la Corte costituzionale la causa per il riconoscimento del matrimonio omosessuale, che è quasi certa di approdare al Senato (in virtù di un dodicesimo posto in lista a fronte di almeno quattordici eletti).

E mentre SEL candida, oltre a Nichi Vendola, Alessandro Zan in Veneto, e (forse) il Centro democratico recupera, ancora una volta, Franco Grillini, l’obiettivo del centrosinistra alla vigilia della sua probabile vittoria non si smuove da quel contratto alla tedesca che Bersani continua a magnificare e che alle associazioni LGBTQ* sembra, finalmente, non bastare più (Arcigay). Forse non sarà così poco come accusa Vincenzo Branà sul Fatto Quotidiano, ma sicuramente si può fare di più.

 

Michele
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