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Che il preservativo sia poco usato dagli omosessuali sudanesi meraviglia poco: in Sudan, come racconta a Il grande colibrì Mohammed, il poeta attivista che ha fondato la prima associazione LGBTQ* del paese africano [Il Grande Colibrì], di HIV e AIDS non si parla quasi mai. Per la società è un argomento tabù e le autorità sono un ostacolo: “Il governo crea problemi alle organizzazioni che distribuiscono condom, perché la considerano promozione dell’immoralità”. Inoltre, i prezzi dei preservativi nelle farmacie sono persino più alti che in Italia: “Uno costa 7 sterline sudanesi [circa 1,20 euro], la confezione da dodici costa 20 [circa 3,40 euro], ma alcuni farmacisti fanno prezzi anche più alti”. E tenendo conto del livello degli stipendi, sarebbe come se in Italia una scatola da 12 condom costasse più di 35 euro…

Meno comprensibile, invece, è lo scarso uso del preservativo nei paesi occidentali, dove l’informazione sull’HIV e sulle sue modalità di trasmissione è molto più diffusa e si possono recuperare condom gratuitamente o a basso prezzo in modo piuttosto semplice. Secondo un’indagine internazionale del Community Healthcare Network (Rete sanitaria comunitaria; CHN) [via Wayback Machine] di New York,  tra i gay che hanno incontri sessuali tramite app come Grindr il 46% pratica il barebacking e il 32% non ha paura di infettarsi (o re-infettarsi) con il virus dell’HIV, sebbene l’81% conosca i rischi del sesso non protetto. Perché? Secondo lo studio i motivi principali sarebbero la riduzione del piacere provocata dal gommino, l’eccitazione travolgente, l’abuso di droghe e di alcol, la volontà di non apparire troppo “choosy” di fronte agli occhi dei propri partner…

Freddy Molano, vicepresidente CHN, dichiara sconsolato: “Abbiamo speso un sacco di soldi e di tempo per promuovere il preservativo e sono sicuro che molti lo usano, ma dobbiamo ammettere che altri hanno deciso che preferiscono fare sesso senza condom”. Parole incredibilmente simili a quelle pronunciate in questi giorni da Susan Swindells, direttrice del centro HIV dell’Università del Nebraska: “Abbiamo speso molto tempo e molti sforzi negli ultimi vent’anni per l’educazione e abbiamo chiaramente fallito”. Swindells rilancia l’allarme: un quarto delle nuove infezioni riguarda ragazzi dai 13 ai 24 anni, con numeri che schizzano in alto tra i giovani omosessuali di colore [Omaha World-Herald, non più disponibile].

Servono urgentemente nuove strategie per convincere tutti ad usare il preservativo, o almeno a sottoporsi ai test, o almeno, secondo i più scoraggiati, a ricorrere alla controversa profilassi pre-esposizione. Ma quali strategie adottare?

Davide, 21 anni, è poco incoraggiante: “Io non sono contro il preservativo, ma se non si usa non importa”. Non hai paura delle malattie sessualmente trasmissibili? “Sto attento, se sospetto che uno non è sano non ci vado”. Non è affatto semplice capire se una persona è sana o no, gli faccio notare… “Lo so, ma allora non dovrei neppure uscire di casa perché mi può cadere un vaso in testa!”. Neppure Gianni, 17 anni, ama il condom: “Se lo vedo mi viene la paura dell’AIDS e mi passa l’eccitazione”. Non serve ricordargli che il preservativo servirebbe proprio a fare sesso con tranquillità: “Se non lo uso non penso all’AIDS, poi mi vengono i sensi di colpa, ma almeno nel mentre non ci penso. Forse non è molto intelligente fare così, ma altrimenti non farei mai sesso, perché se ci penso proprio non mi viene duro”.

La sopravvalutazione della ricerca medica e dei suoi risultati (ancora in questi giorni è stata annunciata l’ennesima scoperta che potrebbe portare alla cura dell’AIDS in un incerto futuro; ABC) sembra c’entrare ben poco con il rifiuto del preservativo. La situazione è ben più complessa e a volte le istituzioni, in Sudan come in Europa, sembrano alimentare la confusione. Ecco infatti Ana Botella, sindaco di Madrid e moglie di Aznar, dichiarare guerra ai sex worker di strada perché la prostituzione maschile (in cui la politica comprende anche quella transessuale) sarebbe “chiaramente” legata alla propagazione dell’AIDS [20minutos]. Ecco tornare il fantasma delle categorie a rischio, mentre dei comportamenti a rischio neppure si accenna. Ecco tornare un moralismo che allontana non l’HIV, ma le persone sieropositive…

Lo stigma è ancora molto forte e le discriminazioni sono frequenti, anche nelle strutture sociosanitarie. Su quest’ultimo tema si concentra il questionario proposto da Arcigay e Plus, la prima associazione di LGBTQ* sieropositivi in Italia. “Episodi di omofobia e atteggiamenti negativi nei confronti delle persone LGBT possono portare all’allontanamento delle stesse dal rapporto con le strutture sanitarie, con la conseguenza, soprattutto per le persone LGBT HIV-positive, di un peggioramento della salute individuale e di una maggior difficoltà e di un costo dei trattamenti in seguito a presentazione tardiva delle problematiche” scrive Sandro Mattioli, responsabile di Plus.

Intanto all’estero, se la squadra di rugby australiana Melbourne Changers è diventata ambasciatrice della campagna nazionale contro lo stigma contro le persone HIV-positive, Aiuto AIDS Svizzero ha lanciato proprio su questo tema una campagna, che ruota intorno ad un sito dal nome esplicito: “Fuck positive” (Scopa positivo). Ancora più esplicite sono le immagini sensuali delle locandine legate alla campagna: per pubblicizzare il party di inaugurazione tenutosi sabato 19 gennaio a Zurigo, ad esempio, la coalizione di associazioni ha scelto la fotografia di un rapporto anale. Sicuramente la campagna non rischia di passare inosservata…

 

Pier
©2013 Il Grande Colibrì

5 Comments

  • Anonimo ha detto:

    Ma lo sapete che esistono circa 40 tipi di virus HIV appartenenti ai 2 ceppi principali HIV-1 e HIV-2? Aver contratto il virus significa averne uno di questi ed è quindi possibile contrarne altri magari anche più pericolosi…

  • Anonimo ha detto:

    Molto pericolosa come pratica…

  • Anonimo ha detto:

    questo articolo parla di reinfezione come se fosse un fatto ovvio – invece e' un mito antiscientifico al limite della superstizione. Rasegnatevi, se uno e' sieropositivo l'unico motivo per usare il preservativo e' proteggersi dall'epatite C (praltro meno facile da contrarre dell'HIV) e delle MST comuni che si curano abbastanza facilmente.

    La fissazione di voler far usare il preservativo a chi e' gia' HIV+ e fa sesso con altri come lui a me sembra proprio un esempio di intrusione nella sessualita' altrui. Capisco che praticare sesso sicuro e' difficile ma rovesciare la propria frustrazione su chi l'HIV se lo e' gia' preso e' sbagliato.

    • Il Grande Colibrì ha detto:

      Il concetto di reinfezione (o superinfezione) è usato dalla maggior parte degli scienziati. Che possono sbagliarsi. Ma allora sarebbe il caso di usare argomentazioni scientifiche e non di accontentarsi di slogan.
      Sulla frustrazione, non è il mio caso, quindi non saprei neppure cosa risponderti 🙂

  • Simone G. ha detto:

    ma i due ragazzini mi facciano il piacere, almeno non dicano che hanno paura ma semplicemente che se ne fregano, le bugie non si dicono, bugiardiiiii!

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