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Crisi diplomatiche. Ambasciatori richiamati. Proteste di piazza. Sembra l’anticamera di una dichiarazione di guerra tra stati, e invece è solo l’Eurovision contest, manifestazione canora internazionale simile ad una Sanremo europea, se non fosse che a volte le canzoni sembrano anche avere qualche contenuto o comunque strizzano l’occhio ad un gruppo o ad una rivendicazione sociale o politica. Ma cosa può essere successo per scatenare questo putiferio ad un festival musicale?

Il teatro della vicenda è l’Azerbaijan, dove nei giorni scorsi sono state organizzate numerose e vivaci proteste di piazza contro la manifestazione, giudicata immorale perché troppo gay-friendly e perché era stata diffusa la voce, risultata poi falsa, che la giornata conclusiva della gara di canto avrebbe coinciso con lo svolgimento di un Gay Pride.

Le proteste sono cominciate dapprima nel confinante Iran (Gay Star News) e poi anche a Baku, capitale dello stato azero, che si distingue nella sua area geografica per essere fortemente laico. Le proteste sul proprio suolo hanno portato ad un numero di arresti superiore alla trentina (France Press) ed hanno ricevuto un trattamento che non è stato apprezzato dal governo di Teheran, che ha richiamato l’ambasciatore a Baku (Fars News Agency). A stretto giro di posta ha risposto Baku, che ha fatto sapere che attende dall’Iran delle scuse formali per aver insultato lo stato vicino (Kyiv Post).

Tuttavia, a fronte dell’intolleranza iraniana, bisogna ammettere che – seppur laico – lo stato ex-Urss è ancora carente sul fronte dei diritti umani (Peter Tatchell Foundation) e che repressioni e corruzione sono quasi all’ordine del giorno (Winnipeg Free Press), per cui gli stessi organizzatori dell’Eurovision Contest sono accusati di collusione con il governo azero, che ancora non ha promosso diritti per le persone LGBTQ*, sebbene l’omosessualità sia stata depenalizzata fin dal 2001, come ricorda l’attivista per i diritti umani Peter Tatchell.

Purtroppo però il concorso europeo non è l’unica manifestazione musicale ad assurgere al rango di notizia. Anche i concerti di Lady Gaga non se la passano tanto bene, a causa dell’intolleranza da parte di cristiani e musulmani:  dall’Indonesia (The Jakarta Post) alla Corea del Sud (France Press), fino alle Filippine (Phil Star), è un rincorrersi di intolleranze nei confronti della cantante che ha sposato la causa dei diritti LGBTQ* e che, tuttavia, tramite il suo manager, manda a dire di non essere disposta a fare passi indietro rispetto alle sue convinzioni ed al suo show (Bangkok Post).

Ma ci sono senz’altro persone di spettacolo che rischiano di più: attivisti dalla Tunisia hanno informato Il grande colibrì che nella città di Al Marsa islamisti fondamentalisti avrebbero minacciato di morte gli omosessuali e gli artisti (gli intolleranti autori di queste dichiarazioni considerano omosessuali tutti gli artisti…). Alle minacce diffuse tramite volantinaggio, se ne dovrebbero aggiungere altre durante una manifestazione che i fondamentalisti starebbero organizzando per i prossimi giorni.

Michele Benini
©2012 Il Grande Colibrì
foto: elaborazione da Nagi (CC BY-SA 3.0)

2 Comments

  • Anonimo ha detto:

    Complimenti per l'articolo 🙂
    Sinceramente, non ho mai visto un eurovision festival prima di quest'anno, ma non credo sia stato così trasgressivo! Però devo ammettere che per un cristiano o un musulmano praticanti, sia quasi inaccettabile far guardare un programma con danzatori mezzo nudi in famiglia… mi rendo conto che il festival possa divertire chi è più tollerante, ma visto da un'ottica diversa, potrebbe creare dei disagi. Ovviamente condanno le minacce che sono state fatte e replico: non è ancora facile far capire a tanti popoli cosa sia l'omosessualità, ci vuole tempo!

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