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“Le Coran et la chair” (Il Corano e la carne) di Ludovic Lofti Mohamed Zahed (MaxMilo, 196 pp., 15,90 euro) è il primo libro di questo genere, scritto da un omosessuale che è anche un musulmano devoto e che racconta le riflessioni che l’hanno portato ad essere colui che è diventato oggi, dopo quasi vent’anni di lacerazioni emotive ed intellettuali, nel tentativo di riconciliare la propria sessualità con la propria fede in Allah. Ce ne parla l’autore, 33 anni, nostro amico e collaboratore (leggi i suoi contributi).

Il libro inizia con il racconto della mia adolescenza, passata a studiare la religione a fianco del fratelli musulmani salafiti in Algeria, il paese dove sono nato. Una volta scoperta la mia omosessualità, però, ho cercato di allontanarmi il più possibile dalla mia eredità culturale. Poi, poco prima di compiere trent’anni, mi sono nuovamente tuffato nei Testi islamici. Inoltre, dopo studi in psicologia presso l’Ecole Normale Supérieure, ora sto svolgendo presso l’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales un dottorato in antropologia delle religioni che ha per tema l’Islam e l’omosessualità.

La mia testimonianza è personale, tuttavia si fonda su una retorica intellettuale precisa, finalizzata a illustrare il fatto che è possibile essere al tempo stesso omosessuali e musulmani e che l’Islam non è una religione intrinsecamente misogina ed omofobica. Che cosa possiamo fare di questa eredità noi musulmani di oggi?

Questa ricerca spirituale, identitaria, ha significato per me strapparmi dal grembo di mia madre, partire per un esodo per il quale non è previsto ritorno, fuori dalle mura del patriarcato. Questo ritorno ad un’età idealizzata dagli anni è impossibile per me come individuo, come è impossibile qui, nell’Occidente del XXI secolo – e presto anche in Oriente, nei paesi arabi – per tutti quelli della mia “specie”. Oggi, gli individui appartenenti ad una minoranza sessuale che non hanno scelto, ma nella quale tuttavia sono attivamente coinvolti, vivono in una società definita certamente “libertaria”, ma in cui gli “altri”, molto probabilmente a causa di un controllo sociale che si esercita normalmente all’interno della società, vogliono ad ogni costo sapere chi siamo, da dove veniamo, quali sono le nostre pratiche sessuali, eccetera… E’ come se la società ci concedesse il diritto di fare e di essere quello che vogliamo, a patto di sapere chi siamo nei minimi dettagli, tornando, se necessario, ad un controllo sociale che potremmo definire un po’ più… pressante.

Senza dubbio io sono fortunato, da un certo punto di vista. Un tempo pensavo all’Islam, e di conseguenza al mio rapporto con il corpo e con la sessualità, in modo ristretto, stereotipato, escludente. Pensavo di poter scegliere solo tra due opzioni: il silenzio o la morte sociale, per non dire peggio. Ho appena cercato di ripercorre attraverso questo libro il modo in cui mi sono sradicato, passo dopo passo, come un bambino spaventato, dall’harem del padre, riappropriandomi della mia eredità dal punto di vista del culto, dell’intelletto, della cittadinanza.

Oggi tutto mi porta a credere che non sono un essere umano meno degno degli altri, tenendo conto dell’assiologia e dello spirito dell’Islam. Tuttavia, per anni ho rifuggito la mia fede, prima di rendermi conto che essa era parte integrante della mia identità: la mia fede scorre dentro di me a tratti in modo più vivace del sangue stesso delle mie vene. Oggi questo sangue non mi brucia più. La mia fede non mi logora più, non mi tortura più a causa di quello che sono. E’ una vittoria amara, ma è anche una vittoria di cui non dubitare, perché l’ho ottenuta dopo tante lotte e dopo tanti sacrifici, dopo aver tante volte pensato che avrei dovuto bruciare una parte di me stesso per riuscire a passare sull'”altra sponda” della mia esistenza, su un'”altra riva” immaginaria, illusione morbosa e immatura. Ho la sensazione di essermi meritato il rispetto da parte della maggior parte dei miei pari e, soprattutto, il rispetto da parte di me stesso.

Credo che sia essenziale capire che l’omosessualità non è un caso a parte, ma che è, al contrario, l’ipotesi che permette di esplorare l’assiologia islamica senza compiacenza. L’omosessualità non mi permette di portare avanti rivendicazioni particolari: essa mi permette di sollevare, in modo incandescente, problematiche che riguardano tutti i musulmani di Francia e, ben oltre loro, tutti i nostri concittadini. Infatti, la problematica posta dall’omosessualità all’interno dell’Islam permette di sollevare la questione fondamentale del rapporto con l’autorità religiosa, con il dogma e, di conseguenza, con la libertà di disporre di se stessi e di definire la propria identità, ancora una volta senza compiacenze, senza compromessi, senza sottomissioni.

Così, partendo dalle mie riflessioni personali, sulle quali ho costruito varie azioni ed iniziative civiche molto concrete e spesso essenziali, oggi credo che noi che apparteniamo ad una minoranza, qualunque essa sia, non abbiamo altra scelta che farcene carico ed essere visibili e far valere i nostri diritti, uscendo, ciascuno secondo i propri ritmi, ciascuno a suo modo, dalla penombra e dalle tenebre a volte comode dell’harem per penetrare, con la testa alta ed a viso aperto, nella luce piena.

 

Ludovic
traduzione di Pier
Copyright©2012ilgrandecolibri.com
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3 Comments

  • Il Grande Colibrì ha detto:

    @ Concetta: Riporto la risposta di Ludovic: "Certamente, in arabo la chiamiamo libertà con riferimento alle relazioni inter-personali (mu'amalaat), le quali non dipendono dalla spiritualità".

    @ Lyas: Il libro non è ancora distribuito nelle librerie italiane. Puoi comunque acquistarlo sul web.

  • Lyas ha detto:

    Ciao Ludovic, come potrei avere il libro?

  • Concetta Cuscusa ha detto:

    ho sempre creduto che le religioni non devrebbero interferire sulla vita intima degli individui. La sfera della sessualita', e' troppo personale perche', altri possanano egersi da giudici difronte all'amore…

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