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Da quando il militare sedicente “laico” Abd Al-Fattah Al-Sisi è al potere in Egitto, viene arrestata in media quasi una persona al giorno all’interno della comunità LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersessuali e asessuali). Nelle carceri del paese nordafricano, poi, questi individui “pervertiti” e “satanici”, come li definiscono i media vicini al regime [Il Grande Colibrì], sono picchiati, torturati e violentati dalle guardie o dai compagni di cella, su istigazione dei secondini. L’ultima ondata di repressione omofoba e transfoba, esplosa dopo che una bandiera arcobaleno è stata sventolata durante un concerto dei Mashrou’ Leila al Cairo [Il Grande Colibrì], ha segnato solamente un inasprimento di una tendenza purtroppo ben radicata in Egitto.

Il paradosso è che il codice penale egiziano non prevede nessun reato di omosessualità: chi appartiene alle minoranze sessuali, o è semplicemente sospettato di appartenervi, finisce in carcere con accuse generiche di dissolutezza e immoralità o in base a storie di prostituzione montate ad arte. Ma questo paradosso potrebbe durare ancora per poco, a causa della proposta di legge depositata pochi giorni fa dal parlamentare Ryad Abdel Sattar, con lo scopo, per usare le parole del politico, di introdurre severe misure punitive contro la comunità LGBTQIA e ridurre la sua presenza nella società egiziana. La proposta, che ha già ottenuto l’appoggio di altri parlamentari, dovrebbe essere discussa dopo l’approvazione del presidente del parlamento Ali Abdel Aal.

La proposta di legge

La proposta di legge, come riportano al Grande Colibrì due attivisti per i diritti umani egiziani (che non citiamo per ragioni di sicurezza), consiste di 7 articoli, scritti in un linguaggio davvero imbarazzante. Il primo identifica l'”omosessualità” con i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso. I “rapporti sessuali perversi” (sic!) tra uomini o tra donne, compiuti in pubblico o in privato, sarebbero puniti dall’articolo 2 con il carcere, da uno a tre anni alla prima condanna, per cinque anni nelle successive.

L’articolo 3 prevede le stesse identiche pene per coloro che “incitano, facilitano, ospitano o appoggiano” rapporti omosessuali, “anche se non eseguono l’atto stesso”; se si tratta di organizzazioni, sarebbero chiuse d’ufficio. L’articolo 4 vorrebbe proibire la pubblicità (del tutto inesistente in Egitto!) per feste e incontri gay in TV, per radio e sul web: coloro che pubblicizzano, organizzano o ospitano questi eventi finirebbe in prigione per tre anni, “anche se sono individui normali” (sic!). E ancora l’articolo 5 vieterebbe “severamente” di esporre, produrre, vendere, scambiare o promuovere qualsiasi “simbolo o segno” della comunità LGBTQIA, pena il carcere da uno a tre anni. Ciliegina avvelenata sulla torta, le condanne per questi reati, aggiunge l’articolo 7, dovrebbero essere pubblicizzate su due giornali a diffusione di massa.

Condanne e mobilitazioni

Se il vostro primo istinto è scoppiare a ridere di fronte a un testo così ridicolo, frenatevi un momento: questa proposta di legge rischia davvero di entrare nel sistema giuridico egiziano e di colpire con ancora più violenza le persone LGBTQIA in Egitto. E questo nonostante le condanne da parte delle Nazioni Unite, per bocca di Rupert Colville, portavoce dell’Alto commissariato ONU per i diritti umani [The New York Times], e di Vitit Muntarbhorn, l’esperto nominato dal Consiglio ONU per i diritti umani per occuparsi delle discriminazioni contro le minoranze sessuali [Pink News].

Per questo serve ancora mobilitarsi: l’associazione Mousse, per esempio, ha denunciato il presidente egiziano Al-Sisi, accolto in questi giorni da un ossequioso Emmanuel Macron, alla procura di Parigi per violazione della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti del 1984. L’avvocato Etienne Deshoulières ha pubblicizzato questa denuncia con parole di fuoco: “Al-Sisi sarà pure il presidente della repubblica egiziana, ma qui in Francia è un criminale che viola le convenzioni internazionali che proteggono i diritti umani”.

Foto contro la persecuzione

In Italia Il Grande Colibrì prima ha organizzato con il Coordinamento Arcobaleno un sit-in a Milano [Il Grande Colibrì], poi ha partecipato al tweetstorm lanciato dalla Women’s March [76 Crimes]. Ora vi chiede di mandarci una vostra foto all’indirizzo colorsrnotshame@ilgrandecolibri.com con un cartello in cui denunciate la persecuzione delle persone LGBTQIA in Egitto, usando anche l’hashtag #ColorsRNotShame.

Pier Cesare Notaro
©2017 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì

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