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Le cose cambiano, è vero, ma a volte cambiano nel peggiore dei modi. È il caso dell’Indonesia, il più grande paese a maggioranza musulmana del mondo, fino a qualche anno fa noto per la sua tolleranza verso le minoranze sessuali e ora in preda a un’onda omofoba che non accenna a sgonfiarsi e che, anzi, è pronta a sommergere tutto. Ormai il parlamento dello stato asiatico sta discutendo un progetto di revisione del codice penale che considererebbe reato tutti i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio, quindi anche quelli tra persone dello stesso sesso, che verrebbero puniti con il carcere fino a 9 anni. “La maggioranza dei politici in parlamento e al governo sono d’accordo: la legge sarà approvata, è solo questione di tempo” assicura Bambang Sesatyo, presidente della camera bassa del parlamento indonesiano.

La svolta politica è in linea con un clima di vera e propria isteria che l’azione costante di gruppi di fondamentalisti religiosi ha costruito nel tempo intorno alla comunità LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersessuali e asessuali) e che oggi è fotografata chiaramente da una recentissima ricerca condotta da Saiful Mujani Research and Consulting: l’87,6% degli indonesiani dichiara di considerare le minoranze sessuali una minaccia e l’81,5% ritiene che i loro comportamenti siano vietati dalle religioni. Eppure la proposta di legge non suscita grande favore: il 57,7% degli intervistati, infatti, ritiene comunque che le persone LGBTQIA siano cittadini come gli altri e debbano godere dei loro diritti.

Governo anti-LGBT

In ogni caso il governo, anche indipendentemente dalla riforma del codice penale, continua la battaglia contro le minoranze sessuali. La settimana scorsa il ministero della salute ha pubblicato una guida medica in cui l’omosessualità è classificata come un disordine mentale. Per farlo, si è basato su un parere dell’Associazione degli psichiatri indonesiani, secondo cui “i gay e i bisessuali sono a rischio di problemi emotivi, come la depressione, causati da crisi di identità, mentre le persone transessuali hanno tendenza alle malattie mentali”. Lo scarso rigore del documento ministeriale è dimostrata anche dal fatto che l’omosessualità è descritta come “contraria all’etica del paese”, una definizione che non ha neppure le apparenze della scientificità.

Ma anche il ministero delle comunicazioni è partito all’attacco, chiedendo ufficialmente a Google di rimuovere da Play Store ben 73 applicazioni LGBTQIA perché sarebbero incompatibili con le norme culturali nazionali. La prima a essere cancellata è stata Blued, un’app di incontri accusata di essere utilizzata anche per scambiarsi fotografie pornografiche. Tutte le applicazioni continuano a essere disponibili sull’App Store di Apple, ma non è chiaro se il governo non si sia rivolto anche all’azienda di Cupertino o se questa si sia rifiutata di piegarsi alla richiesta censoria.

Rilasciate le 12 trans

Le uniche notizie vagamente positive potrebbero arrivare da dove meno ce lo si potrebbe aspettare. Parliamo della vicenda, che ha fatto il giro del mondo, delle 12 trans spogliate nude, picchiate e obbligate a tagliarsi i capelli dalla polizia locale di Aceh (l’unica provincia del paese dove i rapporti omosessuali sono già reato) prima di essere liberate senza incriminazione, ma con la promessa di “ritornare alla propria natura di uomini” (sic!): la situazione è talmente pesante che le persone transgender hanno iniziato a fuggire da tutta la zona.

Nonostante l’operazione sbirresca abbia ricevuto il sostegno del governatore provinciale Irwandi Yusuf – che ha organizzato anche una manifestazione (a dire il vero con solo qualche decina di partecipanti) per ribadire che “non odiamo le persone gay, bisessuali o transessuali, ma odiamo le loro azioni e, se riusciamo a provarle, le puniremo” -, il capo della polizia nazionale ha deciso di aprire un’inchiesta, denunciando violazioni procedurali ed etiche nel comportamento violento e oltraggioso degli agenti.

Nonostante l’inchiesta, però, è difficile immaginare un cambio di rotta nelle forze dell’ordine, che si sono dedicate più volte l’anno scorso a grandi retate, fortemente mediatizzate, contro le minoranze sessuali: nei due casi più eclatanti furono arrestate ben 141 persone a maggio e altre 58 a ottobre. Ma anche quest’anno c’è già stato il primo arresto di massa di omosessuali, con 5 uomini accusati di aver partecipato a un sex party a gennaio. Dopo un 2017 angosciante, il 2018 si preannuncia purtroppo ben peggiore.

Pier
©2018 Il Grande Colibrì
immagine: Il Grande Colibrì

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