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Siete indignati dal fatto che, in Italia, il gruppo cattolico Militia Christi minacci di boicottare i cinema che proietteranno la commedia gay “Good as You” (l’Unità)? In Malesia può succedere di peggio: il Ministero dell’Informazione, delle Comunicazioni e della Cultura ha annunciato, tramite la propria pagina Facebook, una nuova direttiva per proibire, con efficacia immediata, la presenza di personaggi omosessuali o transgender sulle televisioni e radio di tutto il paese. La notizia ha fatto giustamente il giro del mondo, anche se non aveva nulla di davvero sorprendente per uno stato in cui gli atti omosessuali possono essere puniti con venti anni di carcere (anche se, in un recente pronunciamento, l’Alta corte di Kuala Lumpur ha deciso di non applicare le leggi sulla sodomia perché troppo arcaiche ed irrispettose della privacy; Il grande colibrì).

Per fortuna si tratterebbe (ma c’è da crederci?) di un enorme malinteso, causato da un dipendente ministeriale che avrebbe maldestramente copiato e incollato un post pubblicato sulla pagina di una radio. Fatto sta che l’idea della direttiva è stata smentita dal ministro dell’Informazione in persona, Rais Yatim, e ancora più dettagliatamente dal suo vice, Maglin Dennis D’Cruz, che a Free Malaysia Today ha dichiarato che le persone LGBTQ* “sono dappertutto e sono anche loro esseri umani. Nessuno ha il diritto di fermarle, perché anche noi le rispettiamo come esseri umani“. D’Cruz si è anche lasciato andare a dichiarazioni decisamente gay-friendly: “Se vogliono fare gli ingegneri, gli avvocati, gli attori o qualsiasi altra cosa vogliano, noi li aiuteremo“. Però intanto se fanno sesso rischiano la galera: viva la coerenza…

Certo, bisogna anche capire quale sia la natura dell’aiuto promesso dal viceministro. Perché se nei giorni scorsi il deputato islamista Datuk Baharum Mohamad aveva proposto l’apertura di cliniche per curare l’omosessualità, “male” che caratterizzerebbe addirittura il 30% della popolazione malese (Il grande colibrì), oggi Muhyiddin Yassin, vicepremier e ministro dell’Educazione, rilancia: attività di counselling psicologico nelle scuole potrebbero evitare il diffondersi dell’omosessualità nel paese, un problema che “minaccia l’istituzione familiare“, oltre a violare i valori religiosi e morali e le norme sociali. Ovviamente Muhyiddin ripresenta la panzana secondo cui l’omosessualità sarebbe un “fenomeno culturale” proveniente dall’Occidente (New Straits Times), dimenticando che ad essere importate dal Regno Unito furono solo le leggi sulla sodomia…

Ad aver bisogno di un sostegno psicologico serio sarebbe il ragazzo al centro dello scandalo che ci segnalano dalla Tunisia: un giovane, in cura psichiatrica da tempo, ha confessato in un video girato da un gruppo salafita di aver profanato alcune copie del Corano a Bin Qirdan, sulla costa sud-orientale, e di averlo fatto in nome della laicità, “perché essa mi permette di sposare un altro uomo“. I familiari del ragazzo hanno subito mostrato i certificati medici che attestano i problemi mentali del ragazzo e hanno negato la sua omosessualità.

Paloma Negra, una delle firme della rivista “Gayday Magazine!”, recentemente piratata dagli hacker (Il grande colibrì), ci spiega: “Secondo me, questa è una storia totalmente inventata, è una montatura e non riflette la verità. Comunque, questa storia non ha fatto il botto su Internet e la gente ha capito che non era vero, anche perché il ragazzo sembra avere un disturbo mentale“. L’opinione più diffusa, infatti, è che il giovane sia stato costretto a recitare un copione per gettare discredito sui laici e sugli omosessuali e ridare invece credito ai salafiti, oggi in forte crisi di consensi ed emarginati anche dal partito islamista al potere, al-Nahda. “Alla storia – spiega ancora Paloma Negra – credono solo alcuni fanatici, ma sono una minoranza della popolazione“.

Essere musulmani e gay, comunque, può essere difficile anche nei paesi del cosiddetto mondo occidentale, come emerge dalla ricerca “Siamo famiglie anche noi” condotta in Australia dall’associazione GLBTQ* ACON insieme al Consiglio Arabo di Australia: ben un quarto dei gay e delle lesbiche di origini arabe dichiara di aver subito violenza a causa del proprio orientamento sessuale. Secondo lo studio, a rendere l’omofobia della comunità arabofona peculiare sarebbero l’interpretazione rigida dei ruoli sessuali, l’importanza data al matrimonio e alla procreazione, la ricerca di un’armonia sociale nella comunità che si pensa meglio difesa dal perpetuarsi dei modelli tradizionali, la paura che l’intera famiglia di un omosessuale possa subire l’onta del pubblico ludibrio…

E intanto in Francia a preoccupare è il pamphlet omofobico di Mâamar Metmati, “Tariq Ramadan e l’omosessualità”, che, nonostante la denuncia un anno fa da parte dell’associazione LGBTQ* di Lille L’Egida, è ancora liberamente scaricabile da Internet. Il libretto attacca veementemente il noto studioso islamico Tariq Ramadan e i due imam dichiaratamente gay Muhsin Hendricks e Daayiee Abdullah (intervistato da Il grande colibrì) e giustifica la discriminazione, la violenza e persino l’assassinio degli omosessuali. Contro l’opera si sono espressi anche Mohammed Mousaoui, presidente del Consiglio Francese del Culto Musulmano, e l’associazione HM2F (Omosessuali Musulmani di Francia), ma la giustizia d’Oltralpe sembra poco interessata a fermare la diffusione di quelle pagine d’odio…

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Pier
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One Comment

  • Anonimo ha detto:

    Non capisco un certo accanimento verso il ragazzo che aveva " disturbi " mentali … oltre al fatto che " disturbi " mentali non esistono in senso stretto , perchè non può averlo fatto ? … vedo con amarezza che la " cultura " del razzismo psichico e del privilegio normativo sia diffusa anche tra molti che dovrebbero in teoria esserne contrari …

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