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Ieri uno studente di 23 anni, Mashal Khan, dell’università Abdul Wali Khan di Mardan, in Pakistan, è stato ucciso e un altro gravemente ferito da una folla vigilante per aver pubblicato “contenuti blasfemi online”, ha detto la polizia locale. L’incidente si è verificato all’interno dei locali universitari. Dopo l’omicidio il campus è stato chiuso fino a nuovo avviso e i suoi ostelli sono stati svuotati per evitare un’ulteriore escalation di violenza. Almeno 59 persone sono state arrestate in relazione all’incidente da giovedì sera, secondo il direttore della polizia di Mardan, Mian Saeed.

Nessuna denuncia era stata presentata nei confronti dei due studenti prima dell’incidente e la polizia non aveva aperto indagini sui due per accuse di blasfemia. La folla, invece, sembra essere stata incitata da voci che circolavano tra il corpo studentesco dell’università.

“La polizia non ha potuto controllare la situazione”, ha detto il funzionario dell’amministrazione universitaria Fayaz Ali Shah, confermando che la folla degli studenti aveva ucciso Mashal per le accuse di “blasfemia”. Ha aggiunto che oltre 20 ufficiali sono arrivati sulla scena delle violenze, ma non sono stati in grado di controllare la situazione perché c’erano troppi studenti coinvolti [Dawn].

Già pochi mesi fa, come aveva denunciato Il Grande Colibrì, erano scomparsi degli attivisti pachistani accusati di blasfemia senza alcun fondamento reale. Per fortuna sono stati recuperati e sono riusciti a fuggire in qualche modo dal paese grazie alla pressione del mondo occidentale e delle associazioni dei diritti umani come Amnesty International e Human Rights Watch. Ora il Pakistan dimostra di essere diventata una società in cui gli studenti si trasformano in assassini.

Ho passato ieri notte guardando il profilo Facebook di Mashal Khan, scorrendo le sue foto: in ogni foto sorrideva, era un ragazzo molto bello e giovane, aveva tutta una vita davanti. Stava studiando giornalismo, non vedeva l’ora di finire l’università e iniziare a lavorare: voleva diventare un giornalista professionista. Gli piaceva condividere le sue l’idee, parlava di un Pakistan laico.

La sua colpa era proprio sognare uno stato laico: nel mio paese la parola “laicità” è considerata una minaccia all’islam. E chi parla di laicità rischia la vita, perché la parola è interpretata in modo sbagliato dagli islamisti e addirittura diventa blasfema quando si chiede di convertire il Pakistan da stato islamico a stato laico. I fondamentalisti sono sempre pronti a uccidere le persone accusandole di blasfemia, tanto non servono neppure le prove di cosa è stato detto.

La legge contro la blasfemia è solo un’arma che si usa per vendicare la gente per i propri interessi, soprattutto contro le minoranze, anche se il codice penale pachistano vieta la blasfemia contro qualsiasi religione riconosciuta, prevedendo pene che vanno da una multa alla morte. Dal 1987 al 2014 oltre 1300 persone sono state accusate di blasfemia, nella maggioranza dei casi contro la religione islamica. Oltre 62 persone accusate di blasfemia sono state uccise prima che i rispettivi processi fossero finiti e le figure illustri che si sono opposte alla legge sulla blasfemia sono state assassinate. Dal 1990, 66 persone sono state uccise a seguito di una condanna a morte per blasfemia in Pakistan.

Wajahat
©2017 Il Grande Colibrì

Errata corrige del 14 aprile 2017: abbiamo corretto l’età di Mashal Khan, inizialmente indicata come di 26 anni per errore.

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