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In Slovenia i matrimoni tra persone dello stesso sesso sono stati cancellati con un referendum. Qualcuno si consola: colpa dell’astensionismo. In effetti, se il 23% degli elettori si è espresso contro le nozze gay ed il 13% a favore, il 64% è rimasto a casa. I diritti delle persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) per quasi due sloveni su tre non sono motivo sufficiente per perdere cinque minuti di una domenica di dicembre. Se ne fregano di noi, commenta qualcuno deluso e sorpreso. Condivido la delusione, ma non la sorpresa. Sarà perché ogni tanto controllo le visite a questo sito e c’è da sempre una costante: gli articoli con protagonisti gay sono letti molto, quelli con lesbiche decisamente meno, mentre quando si parla di transgender i lettori crollano. Allo stesso modo l’America del Nord supera, in termini di click, quella del Sud, che supera l’Asia, che a propria volta supera l’Africa.

Un’ottima ragione – dal nostro punto di vista – per parlare ancora di più di Africa e di transgender, con buona pace delle regole del marketing (ma se dovessimo seguire le regole del marketing questo sito neppure sarebbe nato, o almeno sarebbe infarcito di gallery su qualche attore ripreso con il pisello al vento e per sopravvivere al posto di chiedere qualche piccola donazione – a proposito, se avete qualche spicciolo… – vi proporrebbe la pubblicità di chissà cosa).

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La questione, che per convenienza sarebbe meglio non affrontare, non è molto gradevole. Agli sloveni non gliene frega niente degli omosessuali. Ma a un po’ tutti noi non ce ne frega niente degli altri. Per essere più precisi: probabilmente diciamo che gli altri ci interessano e ce ne convinciamo pure, ma poi agiamo – e soprattutto non agiamo – in un modo che manifesta in realtà il nostro menefreghismo.

Torniamo un attimo ai nostri lettori. Come ho scritto sopra, gli articoli sulle persone transgender o sull’Africa sono molto meno letti, ma, di solito, ricevono “like” su Facebook tanto quanto gli altri. In altre parole: un mucchio di persone vede il titolo, clicca “Mi piace”, ma poi non apre neppure la pagina. In altre parole ancora: un mucchio di persone riconosce in teoria che quell’argomento dovrebbe interessargli, ma poi in pratica passa oltre. E questo succede molto più spesso con articoli sulle persone transgender o sull’Africa che con articoli sugli uomini gay o sugli Stati Uniti. Ma tranquillizziamoci: non è disinteresse! E’ interesse puramente ipotetico, che suona decisamente meglio. Un po’ come dire: “Si vota sui matrimoni gay? Figata!”, e poi andare a fare shopping invece che a votare.

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“Questi omosessuali – avranno pensato molti sloveni – pretendono matrimoni e adozioni, ma in fondo non se la passano male: qui possono convivere e amarsi senza problemi, in altri paesi del mondo verrebbero incarcerati e magari uccisi”. Gli omosessuali, che già piacciono poco, appaiono pure ingrati: rimetterli un po’ al loro posto sembra naturale. Intanto molti omosessuali pensano e scrivono: “Questi profughi pretendono cibo e alloggio decenti, ma in fondo non se la passano male: nei paesi da cui provengono mangiare e avere un tetto era un sogno”. Ingrati pure i profughi!

Il problema, a dirla tutta, non sono tanto le persone che pensano e scrivono così. Sono le altre che non replicano, che lasciano stare, che permettono l’affermarsi di una concezione dei diritti come gentili concessioni e della richiesta di diritti come fastidiose pretese. Servirebbe parlare di “diritto” ancor prima che di “diritti”, ricordare come non stiamo discutendo di una lista di semplici lagnanze, ma delle basi delle nostre democrazie.

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A proposito. Ci lamentiamo – giustamente – del fatto che in Italia i nostri diritti sono sempre rimandati, sono sempre materia di discussione che viene dopo altro. E’ scandaloso, non si può negare. Ma lo stesso discorso potrebbero farlo moltissime altre persone in Italia. E’ scaduta l’ora di riconoscere le unioni omosessuali come è scaduta l’ora di riconoscere la cittadinanza dei figli di migranti nati in Italia, come è scaduta l’ora di riconoscere il lavoro delle donne (costantemente svalutato e sottopagato), come è scaduta l’ora di concedere la scelta di una morte dignitosa ai malati terminali, come è scaduta l’ora di riconoscere rom e sinti come cittadini a pieno titolo. E che dire della povertà? L’ora di sradicarla non è scaduta da migliaia di anni?

Tantissime situazioni gridano lo scandalo dell’indifferenza, dell’abbandono, dell’emarginazione. E’ utile provare a gridare più volte nella speranza di farsi sentire da chi fa orecchie da mercante? O forse è arrivata l’ora di costruire insieme un quadro generale in cui le singole rivendicazioni entrino tutte nella grande e comune priorità che è riconoscere i diritti e la dignità delle persone? Gli attivisti tunisini hanno conquistato la fiducia di molti in un paese molto ostile impegnandosi in prima linea nella lotta contro la povertà: la scelta, spontanea e priva di intenzioni strategiche, si è rivelata un successo strategico.

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Il TG4 di Emilio Fede raccoglieva gli ascolti dei berlusconiani più incalliti e insieme di molti antiberlusconiani incalliti, che lo guardavano per seguire passo passo (e deridere) il nemico. Le polemiche infuriano e sembra una grande furbata per mettersi al centro del mondo. Poi Emilio Fede viene cacciato ed il telegiornale diventa (almeno apparentemente) più neutrale e si concentra meno sullo scontro viscerale. Gli ascolti schizzano verso l’alto. Possiamo imparare qualcosa da questo esempio?

Una buona fetta dell’azione mediatica del nostro movimento si concentra sul braccio di ferro online tra siti gay-friendly e siti omofobici: leggi cosa hanno scritto oggi i nostri nemici, gioisci perché il nostro sito ha superato il numero di “like” del loro, commenta il loro post, segnala la loro pagina, attacca, insulta, difendici dai loro attacchi e insulti… Sembra di combattere la grande battaglia della storia. Poi ci accorgiamo che il resto del mondo neppure si accorto di tutto questo parapiglia.

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Un ministro di Nauru vuole depenalizzare l’omosessualità: “Evviva Nauru, dovunque si trovi!”. Una nave da crociera gay respinta da Saint Kitts e Nevis: “Che schifo Saint Kitts e Nevis, qualunque cosa siano!”. La costante sollecitazione di una risposta immediata ai fatti del mondo ci trasforma in palline da ping pong, continuamente sballottate dall’applauso all’indignazione. Ci manca il tempo per capire, per riflettere, per farci un quadro preciso del mondo, e quindi per prendere o pretendere scelte sensate ed efficaci. Proviamo a sollevare il piede dall’acceleratore, ad andare più lentamente, a osservare il paesaggio e il contesto. Il nostro viaggio acquisirà più densità e – chissà – forse arriveremo davvero alla nostra meta.

Auguri.

 

Pier
©2015 Il Grande Colibrì

One Comment

  • eitanyao ha detto:

    In Spagna dove il matrimonio é legale da un decennio, in tutti i paesi dove i diritti sono stati riconosciuti e anche nella "mia" Polonia i gay oltre a difendere i diritti aquisiti e lottare per una piena eguaglianza si dedicano da sempre a molto altro: povertà, ecologia, senza tetto, diritti delle donne, militanza in partiti PRO-Lgbt

    Le comunità LGBT che hanno prosperato non sono quelle in cui gay non fanno nulla o peggio ancora (e non mi riferisco naturalmente a nessun caso specifico) negano l'omofobia, votano partiti omofobi, accettano come leggitima e normale l'omofobia e dialogano costantemente con omofobi, non permettono nessun dibattito interno, non interagiscono con la società in nessun modo, rigettano la comunità trans, non si oppongono alle "terapie riparative", si dichiarano contro la visibilità omoparentale, affermano di essere contro il matrimonio, l'adozione e leggi contro l'omofobia, se ne fregano dei diritti delle donne, si dichiarano contro l'aborto e dicono agli etero non sposati che se vogliono diritti e tutele giuridiche si sposino e non rompano

    Mi é piaciuta la descrizione del menefreghismo e l'interesse ipotetico (perfetta descrizione) che ho trovato giusta e calzante.

    Io considero il riconoscimento dei diritti civili negati ai cittadini LGBTQI una priorità assoluta il che non é affatto in contraddizione con considerare, come io ho sempre fatto e faccio, che non si può separare i civili LGBTQI dalla lotta per i diritti delle Donne (in Polonia sono sinonimo), il diritto a una morte degna, la Laicità, la Scienza Libera, l' Educazione libera, la Sanità pubblica e aconfessionale, una società civile robusta Libera e Indipendente senza la quale non vi é piena democrazia.

    Nel panorama italico questo sito, cui rinnovo i miei complimenti più vivi, é restato anche quest'anno un caso unico per la qualità dei post (Recentemente mi é piaciuto molto il tuo post sul calcio. era veramente bello e mi ha aperto una finestra su un mondo di cui non so nulla) e delle analisi (con le quali sono quasi sempre in disaccordo naturalmente!). I miei complimenti ancora per continuare coraggiosamente e giustamente a occuparvi di Africa e Transgender e in generale per il gran lavoro che fate!

    Ogni Bene a tutti voi.

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