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IDAHOTB è un acronimo che sta per International Day Against Homophobia, Transphobia and Biphobia (Giornata internazionale contro omofobia, transfobia e bifobia). Questa iniziativa, nata nel 2004, celebra il 17 maggio come la giornata contro le discriminazioni con una serie di eventi che, secondo il sito ufficiale dell’iniziativa, avverrebbero in oltre 130 paesi, inclusi 37 in cui i rapporti omosessuali sono ancora illegali. La data vuole ricordare un avvenimento storico: risale infatti al 17 maggio 1990 la decisione da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) di rimuovere l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali.

Sono passati 28 anni da questo enorme passo avanti nella lotta contro le discriminazioni, ma l’ostilità nei confronti delle minoranze sessuali è ancora una piaga non del tutto sanata all’estero come anche in Italia, in cui una persona su quattro considera ancora l’omosessualità una malattia mentale.

Dati di questo tipo di certo non sorprendono, visto che le recenti classifiche di Rainbow Europe e del Williams Institute hanno evidenziato come l’Italia, nonostante i recenti progressi, sia ancora uno degli stati meno avanzati in Europa per quanto riguarda sia la situazione giuridica e politica sia l’accettazione delle persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali).

Lotta senza fine

Nel resto dell’Europa però l’odio e le discriminazioni sono tutt’altro che sconfitte : il 18 maggio, giorno successivo alla giornata contro l’omotransbifobia, il fidanzato del ministro della giustizia danese Søren Pape Poulsen, esponente di Det Konservative Folkeparti (Partito Popolare Conservatore), è stato vittima di un’aggressione violenta di matrice omofoba in un bar di Copenhagen.

Nel mondo occidentale pare proprio che il 2018 non sia un anno particolarmente fortunato per le minoranze sessuali, e arriva quasi a conferma di ciò la governatrice dell’Oklahoma Mary Fallin del Republican Party (Partito repubblicano), che di fatto legalizzato l’omofobia, permettendo alle agenzie pubbliche di rifiutare, per via del loro credo religioso, le richieste di adozione o affido di minori alle coppie omosessuali. La cosa ancora più preoccupante è che altri stati, come il Kansas, potrebbero presto introdurre legislazioni simili.

In Georgia la situazione è decisamente più tragica: gli attivisti infatti sono stati costretti a cancellare le manifestazioni per il 17 maggio a Tbilisi a causa delle minacce da parte delle organizzazioni locali cristiane ortodosse e di estrema destra che avevano promesso di punire con la violenza chiunque avesse manifestato a favore dei diritti LGBTQIA e che avevano addirittura organizzato parate omofobe il 12, 13 e 17 maggio con l’obiettivo di celebrare la “purezza della famiglia“.

Speranze dalla Cina

Soffia invece un vento di speranza da altre zone dell’Asia: per esempio, in Cina numerosi studenti delle scuole superiori e delle università hanno manifestato nei campus del paese contro le discriminazioni omofobe, bifobe e transfobe, soprattutto per via di alcuni sviluppi recenti, come l’uso della violenza da parte del personale della sicurezza del 798 Art District di Pechino contro due ragazze che il 13 maggio indossavano distintivi arcobaleno per dare visibilità, in vista della giornata del 17 maggio, alle tematiche LGBTQIA.

Inoltre, i media cinesi continuano a censurare contenuti che rimandano all’omosessualità, come ad esempio è avvenuto per le semifinali dell’Eurovision Song Contest: il canale televisivo cinese MangoTv ha censurato le immagini di bandiere arcobaleno e tagliato l’esibizione irlandese a causa di una coreografia di ballo che voleva rappresentare la relazione romantica fra due ragazzi.

Un altro motivo di speranza viene invece da Hong Kong, dove il dipartimento dell’immigrazione cittadino ha cominciato a rilasciare visti coniugali a partner impegnati in relazioni omosessuali con cittadini residenti nella metropoli asiatica (prima questo diritto era riservato unicamente ai partner impegnati in relazioni eterosessuali).

Omofobia in Africa

Altre notizie invece provengono dall’Africa, in cui la giornata del 17 maggio non è stata accolta nel migliore dei modi. In Uganda, infatti, il ministro per l’etica e l’integrità Simon Lokodo ha cancellato l’evento per l’IDAHOTB pochi minuti prima che questo cominciasse, inviando gli uomini della polizia metropolitana di Kampala a disperdere i manifestanti, rei secondo il ministro di “promuovere l’omosessualità“.

In Kenya, invece, si cerca di combattere la terribile “ideologia gender” e arrivano a tal proposito nella capitale i tristemente noti autobus anti-gender chiamati “FreeSpeechBus” (bus della libertà di parola), che già abbiamo visto percorrere le strade italiane come anche quelle francesi, tedesche, spagnole (in cui sono stati vietati), statunitensi, messicane, cilene e colombiane causando non poche proteste e malcontento.

Il regalo alla città di Nairobi proviene dall’associazione della destra ultracattolica CitizenGo, che ultimamente ha destato scalpore per i propri manifesti antiabortisti, prontamente rimossi, a Roma e che sembra voler esportare la propria omofobia e transfobia pure nei paesi africani (come se non ce ne fosse già abbastanza!).

La lotta in Liberia

Intanto a Monrovia, in Liberia, le associazioni locali hanno celebrato l’IDAHOTB protestando contro le leggi che criminalizzano l’omosessualità nel paese. Evans Adofo, responsabile del programma dell’organizzazione Stop AIDS In Liberia (SAIL) ha dichiarato: “Siamo al corrente che certe tradizioni vigono in Africa, ma abbiamo anche bisogno di realizzare che le persone LGBTQIA sono africane e i loro diritti non devono essere violati. La Liberia ha una legge discriminatoria, ma la comunità internazionale ci sta dicendo di non arrestare o discriminare queste persone“.

Una attivista transessuale, che ha preferito rimanere anonima, ha inoltre dichiarato: “Mi è negata la giustizia, e sono discriminata e stigmatizzata. Accedere alla sanità continua a essere una sfida. Le persone dovrebbero rispettare i diritti altrui, non possiamo continuare a vivere in una società in cui i diritti degli altri continuano a essere violati. Così voglio vivere, così le persone devono vivere: libere come tutti gli altri“.

La risposta non ha però tardato ad arrivare. Il pastore battista Solomon Joah ha ribattuto: “Sono pronto a citare in giudizio chiunque annunci pubblicamente di essere gay, ciò significa voler violare la costituzione della Liberia. Io non permetterò a nessuno di questi gruppi di persone di distruggere il nostro paese“.

Le cose cambiano

Intanto a Parigi gli avvocati Alice Nkom e Mounir Baatour, camerunese la prima e tunisino il secondo, hanno ricevuto il premio Idaho France pour la liberté, per ricordare durante la Giornata internazionale contro omofobia, bifobia e transfobia l’impegno e la dedizione con cui i due si battono contro le discriminazioni e le leggi che criminalizzano i rapporti omosessuali nel continente africano.

Nonostante tutte le difficoltà e gli intoppi, molte cose sono cambiate in meglio dal 17 maggio del 2017 : i matrimoni omosessuali sono stati riconosciuti in Germania, Malta, Austria, Australia e nell’isola di Tristan da Cunha, alcuni stati hanno reso illegali le terapie riparative, altri (come Trinidad e Tobago) hanno depenalizzato totalmente l’omosessualità. Ora ci resta solamente da sperare che per l’IDAHOTB del 2019 ci saranno meno motivi per protestare e più motivi per festeggiare i traguardi raggiunti.

Giovanni Gottardo
©2018 Il Grande Colibrì
foto: Miguel Discart (CC BY-SA 2.0)

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