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La notizia dell’arresto di sette presunti omosessuali, dopo il concerto della band libanese Mashrou’ Leila in cui è stata vista sventolare una bandiera arcobaleno [Il Grande Colibrì], continua a essere controversa e circondata da un alone di incertezza, ma ha riacceso l’attenzione sui problemi della comunità omosessuale nell’Egitto di Abd Al-Fattah Al-Sisi.

La denuncia di Amnesty

Secondo Amnesty International gli arresti dopo il concerto sarebbero stati almeno undici e avrebbero comportato per sei dei fermati l’illecita pratica degli esami anali per determinare se le persone sospettate avessero fatto sesso con altri uomini [Reuters]. “Il fatto che il procuratore egiziano abbia come priorità quella di dare la caccia alle persone per il loro presunto orientamento sessuale è deplorevole – ha dichiarato Najia Bounaim, direttrice delle campagne per il Nord Africa di Amnesty – e questi uomini dovrebbero essere rilasciati immediatamente e incondizionatamente, non processati”.

“Gli esami anali forzati sono equiparabili alla tortura. Le autorità egiziane hanno la pessima abitudine di utilizzare pratiche fisiche invasive con i detenuti in loro custodia. Tutto il programma per effettuare tali pratiche su queste persone deve essere fermato immediatamente” ha aggiunto Bounaim.

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La denuncia di HRW

Anche Human Rights Watch (HRW) cerca di tenere monitorata la situazione relativa agli arresti di questi giorni, anche perché gli attivisti egiziani temono che possano segnare l’inizio di una maggiore repressione nei confronti della comunità LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersessuali e asessuali), che già negli ultimi mesi ha colpito almeno 34 persone, spesso scovandole attraverso app per incontri o profili sui social media.

“Che stessero agitando una bandiera, cercando un appuntamento con un’app o facendosi gli affari propri per strada, tutte queste persone arrestate indebitamente dovrebbero essere immediatamente rilasciate: il governo egiziano con questi comportamenti mostra il proprio disprezzo nei confronti dei diritti di queste persone – ha commentato la direttrice di HRW Medio Oriente e Nord Africa, Sarah Leah Whitson – L’Egitto dovrebbe smettere di dedicare risorse a cercare cosa fanno le persone nelle loro camere da letto o durante un concerto rock e concentrarsi invece a migliorare la sua terribile situazione dei diritti umani”.

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274 vittime di omotransfobia

Al di là degli arresti di questi giorni o dell’ultimo anno, si propone sempre più pressante un interrogativo che Il Grande Colibrì ha già riportato da tempo: l’Egitto di oggi, che si dichiara laico in opposizione a quello del governo di Mohamed Morsi (presidente eletto del partito dei Fratelli Musulmani), è meglio di quello dei regimi precedenti?

La persone LGBTQIA non hanno mai subito tanta repressione, né ai tempi di Hosni Mubarak né nei più recenti anni di Morsi, tanto che dall’entrata in scena (non proprio democratica) di Al-Sisi “almeno 274 persone LGBTQ in Egitto sono state colpite dall’azione di polizia, da processi o da crimini d’odio”, secondo un bilancio stilato lo scorso anno dal gruppo di pressione “Solidarity with Egypt LGBTQ+”. Insomma, se la preoccupazione per gli arrestati di questi giorni, legittima e necessaria ed avrà bisogno di una mobilitazione mondiale, nulla ci deve far dimenticare le centinaia di vittime che già hanno subito discriminazioni negli ultimi quattro anni in tutto il paese [76 Crimes].

La condanna dei copti

Purtroppo il sostegno alla discriminazione è forte in una società molto conservatrice, tanto che sia le autorità musulmane che la Chiesa copta sono dalla parte del governo in questa crociata che, teoricamente, è anche contro la legge egiziana: in assenza di una proibizione esplicita dell’omosessualità, si utilizzano le norme contro la dissolutezza, l’immoralità o la blasfemia. In particolare, proprio nei giorni scorsi, la chiesa copta di San Marco [Egypt Indipendent] ha annunciato che organizzerà una conferenza sul tema “Vulcano dell’omosessualità” per un “pronto recupero dall’omosessualità” (sic!): l’attuale papa della Chiesa copta, Tawadros II, ha affermato che “l’omosessualità vìola gli istinti naturali e le leggi celesti”, spiegando che una malattia ha bisogno di essere curata e un peccato necessita del pentimento.

 

Michele
©2017 Il Grande Colibrì

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