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Protesta numero 1. Due donne francesi, del gruppo Femen, chiamano dei fotografi davanti alla torre di Hassan, celebre minareto di una moschea incompiuta di Rabat, capitale del Marocco, e nel giro di dieci secondi si tolgono la maglietta, mostrano i seni nudi su cui hanno scritto “Crediamo in gay“, si scambiano un bacio e si rivestono (telquel.ma): “In nome dei diritti umani universali, le attiviste Femen difendono il diritto alla privacy e alla libertà sessuale“, spiega un comunicato (femen.org). Come previsto, vengono fermate ed espulse dal paese, per “l’inaccettabile offesa all’intera società marocchina in tutte le sue componenti” (telquel.ma). La notizia viene subito ripresa da tutti i conservatori, diventa rapidamente virale e alimenta ogni sorta di accusa e di tesi complottista: ecco la prova di quale sia la vera essenza del movimento LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender)!

Protesta numero 2. Il bassista dei Placebo, Stefan Olsdal, gay dichiarato, sale sul palco del festival Mawazine (Ritmi), sempre a Rabat, impugnando una chitarra dai colori dell’arcobaleno e con il numero 489, sbarrato, che campeggia sul petto nudo (nella foto). Il pubblico, in delirio, inizia a scattare foto, condividendole immediatamente sui social network (telquel.ma). L’immagine di Olsdal diventa virale, viene diffusa dai giovani marocchini stanchi del moralismo imperante, per i quali il senso del gesto è chiarissimo. Per tutti gli altri, il musicista esplicita il significato dell’azione su instagram.com: “L’articolo 489 condanna l’omosessualità in Marocco. Ancora oggi! Sbarazziamocene! Tutto il mio amore e il mio sostegno a chi deve lottare per avere diritto ad amare. Pace e amore dai Placebo“.

Quali effetti hanno scatenato queste due forme di protesta? Chi ne ha tratto giovamento? Basterebbe rispondere a queste due domande per capire perché il modello delle Femen (un’azione eclatante in un luogo fortemente simbolico per i credenti e con uno slogan che fa la parodia della loro fede) sia criticabile: il gesto occupa tutta la scena, il messaggio resta fuori dal palco, diventando superfluo e confuso. La protesta, in fin dei conti, serve solo, oltre a soddisfare la vanità di chi la compie, a dare ragione a quei professionisti dell’omofobia che in tutta l’Africa, tanto cristiana quanto musulmana, ripetono che i diritti LGBT sarebbero solo ed esclusivamente uno strumento dell’Occidente per attaccare la religione: i corpi delle due Femen francesi all’ombra del minareto lo hanno proclamato a chiare lettere.

Sul palco Stefan Olsdal, al contrario, ha messo in scena un gesto limpido, interpretabile in modo immediato e inequivocabile, al servizio di un messaggio preciso e inserito con intelligenza nel dibattito in corso nei paesi del Maghreb sulla depenalizzazione dell’omosessualità (ilgrandecolibri.com). Insomma, Olsdal ha agito con abilità strategica, le Femen per niente. E questo non è stato il loro unico errore: paradossalmente il gruppo di femministe ha dimostrato ancora una volta un sorprendente tasso di paternalismo e di moralismo. Conviene fare qualche riflessione, perché certi atteggiamenti non sono estranei anche ad una parte del movimento, della comunità e dei media LGBT.

Ricordiamoci che il pensiero femminista ha aiutato a capire quanto il paternalismo (degli uomini) sia un danno e una beffa (per le donne): da una parte, le donne continuano ad essere considerate come persone incapaci di decidere per se stesse in modo corretto (quindi come intellettivamente e/o moralmente inferiori, anche se sarebbe scortese ricordarlo!), dall’altra il discorso di supremazia morale dell’oppressore sulle oppresse si camuffa da azione nobile e cavalleresca del forte nei confronti delle deboli. Per questo le donne non hanno chiesto di ottenere gentili concessioni nell’altrui agenda del potere, ma hanno preteso di scrivere in prima persona la propria agenda.

Le Femen rientrano in pieno nel modello paternalistico. Da tempo attiviste femministe e gruppi LGBT in Marocco stanno portando avanti con coraggio, costanza e fatica la propria battaglia, riuscendo pian piano a stringere legami con altre parti della società e a legittimare il tema della depenalizzazione dell’omosessualità nel dibattito politico, ma chi se ne frega: le Femen decidono di portare la propria salvezza come cavolo han voglia loro, infischiandosene totalmente di quello che queste donne e questi uomini fanno e pensano. Le femministe e gli omosessuali del mondo arabo, evidentemente, non sono giudicati all’altezza dell’altissimo pensiero delle Femen, che non solo li trattano come persone incapaci di intendere e di volere, ma in più si vantano di aiutarli.

A questi aspetti paternalistici, ovviamente si aggiunge un moralismo profondo. Alle Femen non basta giudicare degni di rispetto unicamente i propri principi morali: trasformano questi stessi principi in gusci vuoti e astratti, in performance estetizzanti slegate dalla realtà e da qualsiasi obiettivo concreto, in azioni contraddittorie e controproducenti. Così anche la potenzialità politica dei seni nudi si svilisce in tette al vento sfoggiate per la gioia di chi le pubblicherà per attrarre qualche maschietto infoiato su articoli bacchettoni o di chi le userà per alimentare il pregiudizio anti-omosessuale – ma che importa? Le brave attiviste torneranno a casa beate, contente e soddisfatte di avere fatto la loro parte per combattere il maschilismo e l’omofobia…

 

Pier
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17 Comments

  • Federico ha detto:

    Non ho elementi per giudicare i diversi sforzi in Marocco: mi limito a ringraziare chi si prodiga, incluso l'autore di questo articolo. La mancanza che vedo in questa analisi è che non fornisce alcun elemento sull'efficacia delle due diverse operazioni, ma solo un giudizio morale/intellettuale dell'approccio relativo.

    Sull'impatto, leggo: a) «diventa virale, viene diffusa dai giovani marocchini» vs. b) «viene subito ripresa da tutti i conservatori, diventa rapidamente virale». Scritta così, sembra quasi che (a) abbia avuto impatto solo o prevalentemente su un segmento demografico già "convertito", mentre (b) abbia raggiunto un pubblico generalista. Poi quale sia il livello di viralità e che cosa resti alla popolazione raggiunta è imperscrutabile; forse servirebbe un sondaggio scientifico?

  • mikanatita ha detto:

    Suppongo che i due omosessuali che hanno simulato il gesto delle femen e sono oggi in prigione sono delle persone che sono incapaci di intendere e volere ? Inotlre quali sono i moviementi omosessuali realmente basati in marocco (e non all'estero) che con coraggio fanno evolvere le cose ?

    • Il Grande Colibrì ha detto:

      Alcune veloci precisazioni.
      1) I due uomini arrestati, secondo quanto riporta il sito goud.ma, non si sono spogliati, non sono piombati in Marocco dal nulla, non hanno lasciato le conseguenze della loro protesta (ammesso che si sia trattato di una protesta) sulle spalle di altre persone.
      2) Non tutte le donne sono femministe, ahimè, né tutte le persone “non eterosessuali” sono attivisti LGBT. Non è un caso se non ho parlato di donne o di persone LGBT in generale, ma di femministe e di gruppi. Insomma, vengono smentiti discorsi assolutisti che non sono stati fatti.
      3) A proposito di gruppi LGBT, l’insinuazione tipica della propaganda omofobica per cui i movimenti non sarebbero mai locali, ma sempre basati in un mitico “estero”, ha ben poco fondamento in generale e ancora meno ne ha in Marocco, dove il contributo della diaspora al movimento è inferiore rispetto ad altri paesi.
      4) La questione rimane aperta e, in fondo, è tutta politica. Si tratta di scegliere se stare al fianco di chi opera per i diritti, sostenendo le sue scelte, riconoscendo che queste scelte devono essere sue sia perché capisce meglio il contesto sia soprattutto perché avranno ripercussioni sulla sua vita; oppure se stare al di sopra degli altri, imponendo scelte “illuminate” che, ovviamente, non avranno molte conseguenze su di noi.

      p.s.: per fare una cortesia a chi legge e a chi commenta, sarebbe meglio illustrare il proprio punto di vista in un commento solo, piuttosto che ripeterlo in tre commenti diversi, grazie mille!

    • mikanatita ha detto:

      Io ti ho chiesto se esistono moviementi in Marocco visto che tu hai parlato di movimenti gay in Marocco. La propaganda omofobica di cui tu parli viene da Massad e dai queer palestinesi basati in Israele che tengono discorsi differenzialisti criticando il coming out o altre posture dei gay "occidentali" è intervenuto anche durante il dibattito del matrimonio gay in Francia da associazioni "anticoloniali" legate alla sinistra estrema che hanno tenuto discorsi non ci sarannon matrimoni gay nelle banlieue.
      Qui una critica interessante :
      https://www.opendemocracy.net/5050/lama-abu-odeh/holier-than-thou-antiimperialist-versus-local-activist

    • Il Grande Colibrì ha detto:

      In alto a destra, cliccando sulla cartina del Marocco, troverai un po' di notizie dal Marocco, spesso dedicate anche al movimento LGBT nel paese.

    • mikanatita ha detto:

      Pier,
      Il fatto è che, rimproverare alle femen di non essersi messe d'accordo con le associazioni locali va anche bene, ma vale anche per il cantante che tu citi che non lo ha fatto perché di associazioni locali non ne esistono e comunque anche se esistessero non mi risulta le abbia contattate. No ?

    • Michele Benini ha detto:

      Forse, come si osserva nell'articolo, le modalità usate per protestare sono state più in linea con quelle degli attivisti marocchini, che esistono e di cui su questo blog si è parlato parecchie volte. Almeno a chi scrive qui è parso così, ma naturalmente anche Olsdal poteva contattare gli attivisti e mettersi d'accordo con loro (anche se non è così semplice: se non sei un contatto conosciuto, non è che questi attivisti siano così facili da raggiungere, proprio per le restrizioni con cui si trovano ad avere a che fare).
      Però è del tutto evidente che, mentre forse su una parte della società marocchina si può puntare per cercare un appoggio alla causa della decriminalizzazione dell'omosessualità, cercare di farlo attaccando la religione che – sia pure con sfumature diverse – è un po' il collante della società civile non appare molto lungimirante. O no?

    • Il Grande Colibrì ha detto:

      Stefan Olsdal forse non è entrato in contatto con le associazioni locali, di sicuro ha dimostrato di conoscere la situazione del paese, di seguire il dibattito in corso e di sapersi inserire intelligentemente in quel dibattito. Non ci vuole davvero un grosso sforzo (e se lo facessi anche tu, mikanatita, eviteresti ad esempio di sostenere che le associazioni marocchine non esistono, che le femministe arabe sono omofobe, che il movimento locale – che pure non dovrebbe esistere – è basato all'estero, eccetera).
      p.s.: per la cronaca, Lahcen e Mohsine, i due marocchini arrestati, sembra proprio che non stessero facendo facendo alcuna dimostrazione politica.

  • Laghna ha detto:

    (Avevo sbagliato link scusate)
    Siamo sicuri che sia cosi? http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/09/23/pussy-riot-nadia-inizia-sciopero-della-fame-nel-carcere-condizioni-da-gulag/720902/
    La signora in questione, non solo ha sperimentato le bellezze del carcere ma ha anche fatto uno sciopero della fame per protesta di come i diritti civili delle detenute siano calpestati.
    Questo, le donne del posto non lo potevano fare perchè nessuno le avrebbe ascoltate.
    E si, qui ci è voluta una Femen che ha avuto sia il coraggio di fare le sue "bravate", sia di combattere in prima linea e personalmente quella battaglia.

    Posso accetare benissimo la critica di sopra, hanno un loro progetto e un loro modo di fare : una loro visione del problema e come combatterlo.
    Ma non è "solo questo" .

    • Il Grande Colibrì ha detto:

      Nadezhda Tolokonnikova è una Pussy Riot e non una Femen. Nadezhda Tolokonnikova è una russa che con altre russe conduce una battaglia in Russia (e ne paga le conseguenze, purtroppo), non è una francese che contro la volontà di altre marocchine conduce una battaglia in Marocco (per poi tornarsene spensierata in Francia: a proposito, le Femen sono state fermate e espulse mentre erano già in aeroporto). A questo proposito, però, mi sembra utile qualche ulteriore riflessione.

      Facciamo prima un passo indietro: è l’agosto del 2012, le Pussy Riot sono sotto processo in Russia, i giudici stanno decidendo se condannarle e le Femen a Kiev hanno la bell’idea di aiutarle spogliandosi, prendendo una sega elettrica e abbattendo un crocifisso. Ancora un’esibizione dal messaggio confuso e controproducente per le persone che si pretende di aiutare.

      Le Pussy Riot non solo non la presero bene (ingrate!), ma spiegarono: “Le loro azioni e proteste a sorpresa contro l’autoritarismo sono simili alle nostre, ma abbiamo una visione del femminismo diversa, soprattutto per quanto riguarda la forma del messaggio”. Le Pussy Riot spiegarono anche in cosa consisteva questa differenza: loro non si spogliano (ovvero non consegnano tutta la scena allo scandalo invece che al messaggio), attaccano il potere e non la fede religiosa, cercano di creare solidarietà intorno alle proprie battaglie (ovvero fanno azioni eclatanti per raggiungere un obiettivo, non per gloriarsi di un gesto forse bello, ma inutile o controproducente).

      Insomma, non sembra che sia io il solo a giudicare negativamente certe azioni…

      p.s.: “le donne del posto non lo potevano fare perché nessuno le avrebbe ascoltate”, scrivi. Le donne del posto (più precisamente: la grande maggioranza delle donne e delle donne femministe) non vogliono fare azioni del genere: se volessero, ma non potessero, le appoggerebbero (anche anonimamente) invece che chiedere loro di smetterla.

    • mikanatita ha detto:

      "non è una francese che contro la volontà di altre marocchine conduce una battaglia in Marocco "

      Fammi capire le stesse che sono contro l'abolizione dell'articolo omofobo del codice marocchino ?
      In Marocco la grande maggioranza delle donne è contro l'abolizione del codice omofobo allora perché utilizzi le donne per perdertela con le femen ? Lo sa invece cosa pensano gli omosessuali del posto ? Intanto due li hanno imitati e sono ora in prigione gli altri non si esprimono perché rischiano la prigione. Essai il femminismo islamico è omofono inutile nasconderselo.

    • mikanatita ha detto:

      "attaccano il potere e non la fede religiosa, cercano di creare solidarietà intorno alle proprie battaglie "
      Entrare in una chiesa dove ci sono persone che pregano è attacare la fede sono atti vietati anche da noi.

  • Laghna ha detto:

    Anche se non condivido il tono del primo commento, mi sento di fare lo stesso un contrappunto.
    Uno dei problemi di quando si è in un regime di oppressione, è l'intimidazione e la mancanza di voglia di combattere da parte di chi è in una situazione di inferiorità INFLITTA.
    Anche i gay pride agli inizi erano per la società estremamente oltraggiosi: ma utilissimi. E ci è voluto di lavoro per arrivare a PENSARE di fare un pride e avere persone che ci andassero!

    Posso capire questa chiave di lettura dell'autore, ma si può negare che gesti di questo genere diano anche una scossa nell'immaginario della popolazione e la spinga ad osare? Ad avere coraggio? A combattere perchè non si è sempre in inferiorità e soli?
    Mi chiedo quanti abbiano invece visto il coraggio e la voglia di combattere come un esempio da seguire.

    • Il Grande Colibrì ha detto:

      Torniamo ad una differenza importante tra il gesto delle Femen e quello di Olsdal: il musicista si è inserito all’interno di una battaglia in corso, sostenendo gli attivisti locali; le Femen si sono comportate come se agissero nel vuoto più assoluto. Sbagliando. Perché la supposta “mancanza di voglia di combattere” non c’è: gruppi per i diritti delle donne e delle persone LGBT ci sono, combattono, lottano, ottengono risultati, rischiano, portano avanti anche azioni ritenute oltraggiose dai conservatori. Ma decidono loro cosa è importante fare e come farlo: sono perfettamente in grado di pensare e di prendere decisioni.

      Quanti hanno visto “il coraggio e la voglia di combattere come un esempio da seguire”? I gruppi femministi dell’Africa settentrionale hanno già spiegato da un bel po’ perché rifiutano il modello di attivismo delle Femen (ma appunto alle Femen non gliene importa nulla).

      Sul coraggio, poi, ci sarebbe da discutere, perché si basa su un’idea di disobbedienza civile molto semplificata: vado in un paese, violo una legge ingiusta, mi faccio espellere in un comodo aereo e lascio le persone che pretendevo di aiutare a raccogliere i cocci. Insomma, alle Femen l’onore, alle donne marocchine e agli omosessuali arabi gli oneri: bell’esempio di coraggio!

  • Manlio Converti ha detto:

    Articolo SESSISTA e RIDICOLO…
    capisco che magari il giornalista è gay e preferisce un uomo a torace scoperto che due donne a torace scoperto, ma il gesto delle FEMEN è CHIARISSIMO, perché si sono baciate, mentre quello del cantante è IPOCRITA, perché bisogna prima sapere che cavolo vuol dire quel numero barrato!

    • Michele Benini ha detto:

      A me sembra invece che a non capire il contesto siano proprio le due attiviste, pur con le migliori intenzioni.
      Il commento mi pare, oltre che inutilmente livoroso, assai poco azzeccato, come se chi lo ha fatto (e sono certo che non è questo il caso) avesse letto solo il titolo e il sommarietto.

    • Il Grande Colibrì ha detto:

      Provo a riassumere.

      In Marocco tre uomini vengono arrestati per rapporti sessuali avvenuti nel privato della loro officina. Qualche giorno dopo le Femen protestano genericamente a favore della privacy e della libertà sessuale con quello che in Italia sarebbe giudicato e punito come atto osceno in luogo pubblico (oltre che religioso). Il legame tra le due cose è ovviamente chiarissimo (talmente chiaro che anche tu che lo difende gli stai attribuendo significati che non ha – e a dirlo mica sono io: sono le Femen).

      In Marocco si discute di abrogare l’articolo 489 che criminalizza i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso. Un musicista arriva su un palco con una chitarra arcobaleno e la scritta “489” barrata, tutti in Marocco capiscono il messaggio, ma a circa duemila chilometri tu scopri che forse, se fossi stato presente, non lo avresti capito, e per questo il musicista è un ipocrita (anzi: un IPOCRITA).

      Ecco, forse qualcosa mi sfugge. O forse non sfugge a me. Colgo comunque questo sfogo (del tipo: “Chi se ne importa se una protesta in Marocco è stata capita dai marocchini: io in Italia non l’avrei capita, quindi non va bene”) per un invito a evitare di centrare e a giudicare sempre e comunque le battaglie e i messaggi su noi stessi e sulla nostra cultura (a questo proposito, per fare un esempio: che senso ha protestare per i diritti degli omosessuali in Marocco utilizzando il motto nazionale degli USA, come hanno fatto le Femen?).

      Detto questo, la società e la legge dovrebbero avere un rapporto paritario con il corpo femminile e con quello maschile? Sì. Hanno un rapporto paritario? No. Questo è un problema? Sì. Ma fare finta che invece questo rapporto paritario esista significa negare la realtà e – attenzione! – negare anche il problema, che non mi sembra proprio il modo migliore per cambiare la realtà e per risolvere i problemi, no?

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