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Da giugno di quest’anno il motore di ricerca Google è stato investito in Italia da un’ondata di ricerche sul termine “gender” mai vista prima: gli utenti hanno interrogato Google con questa parola fino a 20 volte più frequentemente che in passato, come mostra il primo dei grafici sottostanti. L’interesse sul “gender” si è manifestato soprattutto in Veneto, dove, non a caso, sono situate ben cinque delle dieci città in cui questa ricerca è stata più frequente, come evidenziato nella seconda immagine. L’analisi dell’evoluzione delle ricerche più frequenti legate a “gender” svela altri dati interessanti: se nel 2013 l’attenzione era concentrata esclusivamente su “gender bender”, nel 2014 gli internauti hanno iniziato a cercare informazioni su “teoria gender” ed “ideologia gender“, mentre nel 2015 la disinformazione dei gruppi integralisti ha imposto ricerche come “scuola gender”, “lezioni gender” ed “educazione gender”.

ricerche su google su gender e ideologia - 2

6 Comments

  • Federico ha detto:

    Stiamo però parlando di meno di 100 persone la settimana, secondo la medesima fonte… È però utile tenere d'occhio (e migliorare con fonti scientifiche) la voce di Wikipedia in italiano che negli ultimi giorni viaggia sul centinaio di visite al giorno.

    • Il Grande Colibrì ha detto:

      Attenzione, Federico: Google Trends non fornisce numeri assoluti, ma relativi! Quindi il grafico che linki non dice che, per esempio, nella settimana dal 2 all'8 agosto ci sono state 100 ricerche su "gender", 8 su "gender scuola" e 7 su "teoria gender", ma che ogni 100 ricerche su "gender" ce ne sono state 8 su "gender scuola" e 7 su "teoria gender". Puoi fare un controllo usando con il termine più ricercato su Google, cioè "Facebook" (sic!): anche in questo caso il grafico non supererà mai quota 100!
      Insomma, sono dati che servono a fare confronti tra diverse ricerche o tra diversi periodi temporali, non a determinare il numero di ricerche, che sono molte, molte di più.

  • Ale ha detto:

    io credo che invece sia un buon segnale… perché da un lato dimostra la volontà di informarsi (e quindi di crearsi una opinione autonoma), inoltre le ricerche sul tema non possono che rafforzare la corretta opinione che si tratti di una bufala. Temo più che non si informa ma magari assorbe informazione di seconda mano da qualche cattobigotto.

    • Il Grande Colibrì ha detto:

      Ale, ricordiamo però (anche se in genere non ci pensiamo) che le ricerche su Google sono personalizzate in base alle ricerche pregresse, quindi una persona abituata a leggere siti cattolici troverà nei propri risultati soprattutto articoli tratti da siti cattolici, che attualmente lanciano allarmi anche quando sono moderati. Insomma, il rischio è che trovi più conferme che smentite agli allarmi che può avere sentito, ad esempio, in parrocchia – con buona pace dell'informazione corretta…

  • janu ha detto:

    Ok, ma il fatto che la cerchino su google non vuol dire che ci credano; magari dopo essersi documentati, si rendono conto che è una cazzata !

    • Il Grande Colibrì ha detto:

      Certamente non tutte le persone che effettuano determinate ricerche condividono determinate idee. Il dato interessante, secondo me, sta nel vedere come una abile campagna di disinformazione sia riuscita ad inventare un tema inesistente e ad imporlo alla discussione pubblica, fino a trasformare il senso stesso di una parola. Ed il fatto stesso che oggi siamo costretti a dedicare tempo ed energie nel lottare sulla difensiva contro questa campagna di disinformazione invece che ad attaccare per altre più proficue battaglie, segna una nostra sconfitta, la dimostrazione di una nostra debolezza strategica. Se trarremo le giuste lezioni da tutta questa vicenda, la prossima volta sapremo agire in modo migliore.

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