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Molti non ricordano i loro nomi, ma riconoscono immediatamente la loro fotografia: Mahmoud Asgari e Ayaz Marhoni sono i due ragazzi, di 16 e 18 anni, che furono impiccati a Mashhad, in Iran, il 19 luglio 2005. Secondo le associazioni per i diritti umani, l’accusa di aver stuprato un bambino di 13 anni era falsa e i due giovani erano “colpevoli” solo di essere omosessuali.

Ora Wajahat Ali Abbasi, un regista e scrittore pakistano trasferitosi a New York nei primi anni 2000, vuole raccontare la loro storia in un film, SIN (Peccato), per la produzione del quale sta cercando fondi in tutto il mondo. Abbasi finora, in Asia meridionale, ha realizzato show televisivi e cortometraggi e ha pubblicato quattro libri in urdu. Negli USA ha prodotto, diretto e sceneggiato due cortometraggi, Saturday Post [YouTube] e He Loves Me Not [YouTube], mentre continua a scrivere rubriche settimanali su quotidiani in urdu di tutto il mondo. Il grande colibrì lo ha intervistato.

Come hai ricostruito la storia dei due ragazzi?

Abbiamo fatto un sacco di ricerche costose su questo argomento. Ci abbiamo messo quasi sette anni per completare la sceneggiatura del film e, con pochissime informazioni disponibili online, non abbiamo avuto molto aiuto da Internet. Grazie al sostegno di registi e scrittori iraniani abbiamo intervistato decine di famiglie in Iran che hanno perso i loro figli e fratelli perché uccisi per la sola “colpa” di essere gay. Oltre alle famiglie delle vittime, abbiamo intervistato anche molti gay che vivono in Iran, documentando le loro paure, le loro sensazioni, i loro sentimenti.

È una bella responsabilità…

Il film si basa su una questione molto delicata e abbiamo fatto grandi sforzi per essere sicuri di fare giustizia completa al soggetto con la nostra sceneggiatura. SIN darà voce ai tanti che prima non sono mai stati in grado di parlare. Speriamo che il nostro pubblico sia convinto che avremo fatto giustizia al soggetto quando finalmente vedranno SIN il prossimo anno.

Perché sei così interessato a questa storia?

La parità di diritti è una questione estremamente importante a livello globale. Le persone LGBT esistono in tutte le società da secoli, ma la maggior parte delle società non li riconosce o crede che non si meritino gli stessi diritti.

Quale effetto vorresti ottenere con SIN?

Recentemente il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, in un’intervista con Piers Morgan della CNN, ha detto che essere gay è brutto e che occorrerebbe una corretta educazione per risolvere questo problema. Abbiamo bisogno di cambiare la mentalità di questo mondo sulle persone LGBT e questo film sarà un passo fondamentale per farlo.

Per produrre il film, vuoi raccogliere 100mila dollari tramite la piattaforma di finanziamento Kickstarter: questo tipo di produzione è una tua scelta o nessun produttore cinematografico ha mostrato interesse per SIN?

SIN sta suscitando grande interesse in tutto il mondo, stiamo ricevendo molte e-mail, ogni giorno ci fanno domande sul film. SIN è un film indipendente e 100mila dollari sono un minimo di cui abbiamo bisogno per produrre questo film. In questo momento la nostra campagna è attiva su Kickstarter. Abbiamo scelto questa piattaforma perché in questo modo possiamo anche costruire il nostro pubblico e chiunque voglia far parte di questa rivoluzione può contribuire a questo film in tre semplici passi andando alla pagina della nostra campagna.

Vieni dal Pakistan, un paese che culturalmente è piuttosto diverso dall’Iran, anche se molti occidentali immaginano tutti i paesi a maggioranza musulmana come un insieme indifferenziato. A proposito di omofobia, quali sono, secondo te, le principali somiglianze e differenze tra la cultura iraniana e la cultura pakistana?

Pakistan e Iran sono due mondi diversi, hai ragione, ma culturalmente hanno molte somiglianze, ad esempio nella moda, nel cibo, nelle feste e, ovviamente, nella religione. Una delle principali somiglianze è che in Pakistan i gay non sono riconosciuti: c’è un’enorme popolazione LGBT in Pakistan, ma nessuno ne parla. Conosco sia l’Iran che il Pakistan molto da vicino e direi che il Pakistan è ancora liberale da molti punti di vista rispetto all’Iran: non ho mai sentito parlare di nessuno brutalmente ucciso pubblicamente in Pakistan perché gay.

L’omofobia in alcune culture a volte è usata per rappresentare alcuni popoli e alcune religioni come barbari e inferiori. Come suggerisci di bilanciare la pretesa dei diritti umani, sulla quale non ci possono essere compromessi, ed il rifiuto di ogni forma di razzismo?

Essere gay è un argomento estremamente sensibile in molte religioni, e con film come SIN che affrontano questo tipo di soggetto si può facilmente sembrare molto prevenuti e contrari a certe credenze. Abbiamo fatto molte revisioni della nostra sceneggiatura e molti scrittori esperti hanno letto la sceneggiatura prima di completarla. Siamo sicuri che stiamo raccontando una storia, non forzando un certo sentimento nel nostro pubblico. Con un soggetto come questo, è meglio lasciare al pubblico poche cose: le persone sono intelligenti, è possibile mostrare i fatti e loro possono farsi la loro propria idea.

In fin dei conti siamo tutti esseri umani, tutti sorridiamo se siamo felici e piangiamo quando proviamo dolore… e avere il diritto di essere felici è un diritto umano assolutamente fondamentale, che tutti dovrebbero avere. Per molti versi questo è ciò che il mio film pretende.

Grazie mille, Wajahat.

Grazie a te… ma potrei aggiungere qualche parola?

Certo.

Vorrei approfittare dell’occasione per congratularmi con Il grande colibrì per il suo importante lavoro e ringraziarvi perché supportate il mio film. Grazie alla collaborazione di Il grande colibrì, ora SIN sarà conosciuto in altre parti del mondo e spero che i lettori potranno vedere SIN in una proiezione speciale con alcuni membri del cast e della crew. Ai vostri lettori vorrei ricordare che, se vogliono supportare SIN, possono andare sul nostro sito: spero di vedervi tutti davanti allo schermo l’anno prossimo!

 

Pier
©2012 Il Grande Colibrì

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