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Spendo gran parte del mio tempo libero al servizio della comunità asessuale, facendo la admin del forum internazionale dell’Asexual Visibility and Education Network (AVEN – Rete asessuale per la visibilità e l’educazione) e di quello di AVEN Italia. Da più di un anno, ormai, copro volentieri il ruolo di “pr / addetta stampa” della nostra comunità italiana e questo significa che, quando arrivano proposte per interviste su giornali, tv, media online o radio, mi occupo di cercare volontari adatti alle richieste dei giornalisti e mi assicuro che tali richieste siano serie e che chi ci contatta abbia capito cosa sia l’asessualità. Molti giornalisti, infatti, almeno all’inizio credono che l’asessualità sia una scelta e che, quindi, intervisteranno persone che, per motivi religiosi o di altro tipo, hanno deciso di fare voto di castità. Ovviamente non è affatto così.

Come ho già spiegato in un’intervista su Il Grande Colibrì, l’asessualità è semplicemente l’orientamento di chi non prova attrazione sessuale verso nessuno. Non è una scelta più di quanto lo siano l’eterosessualità, l’omosessualità o la bisessualità e non è causata da abusi, blocchi psicologici o malattie, proprio come gli altri orientamenti. Noi asessuali siamo semplicemente fatti così e di solito il nostro essere asessuali non ci provoca nessun disagio. Il disagio può nascere dalle aspettative eteronormative e dai pregiudizi della gente, ma questo è un altro discorso.

Ma torniamo al mio ruolo di “pr” della comunità asessuale italiana. Verso la fine di febbraio del 2013, diversi utenti del nostro forum hanno cominciato a ricevere richieste per partecipare ad un’intervista per il quotidiano La Stampa. Essendo il quinto quotidiano per diffusione in Italia, eravamo tutti contenti dell’idea, visto che l’obiettivo della nostra comunità è proprio fare educazione e ottenere visibilità. Come faccio di solito, chiedo e ottengo rassicurazioni che tutto andrà per il meglio dalla giornalista che ci sta contattando, Mariam Luchetti, che, ad esempio, risponde così alla mia prima email:

“La rubrica, come hai potuto leggere, ha l’obiettivo di esplorare le sfumature dei sentimenti. Ogni settimana raccontiamo una storia che possa aggiungere un tassello. Ci piacerebbe parlare dell’asessualità come modo di essere e non certo come moda, anche per restituire la complessità della definizione di genere che supera quella tradizionale di uomo/donna”.

Mi fido e così partecipo all’intervista e coinvolgo anche altri utenti della comunità. L’articolo di Miriam Luchetti e Federico Taddia viene pubblicato l’11 marzo sulla Stampa e si tratta di un articolo nella media: presenta le contraddizioni e gli errori più comuni di quando si parla di asessualità (ad esempio che vivremmo rigorosamente senza fare sesso), che a volte sembrano dettati più dalla volontà di fare notizia che da quella di dare una corretta informazione. L’utilizzo delle citazioni ha migliorato l’articolo, che sicuramente ha avuto il pregio di farci arrivare più richieste e contatti dai media – e questo, per il ruolo che vogliamo svolgere, è un bene.

Grazie alla segnalazione di un utente della nostra comunità, scopro però che la versione cartacea del quotidiano, senza informarmi, ha aggiunto una colonna laterale, firmata da un altro giornalista, Stefano Rizzato, con l’intervista ad un presunto “esperto”:

“Interessato un solo organo: il cervello”
STEFANO RIZZATO – MILANO

“I veri organi sessuali non sono tra le gambe, ma tra le orecchie. E’ nel cervello che si manifesta l’asessualità”. Non una scelta di vita, ma una malattia vera e propria, che colpisce in prevalenza le donne. Lo rivela il dottor Alberto Caputo, psicoterapeuta esperto in Sessuologia clinica a Milano. Che spiega: “Senza impulso cerebrale, eccitazione e orgasmo non possono accendersi: è come se mancassero i circuiti di base a un sistema elettrico, che – senza corrente – non funziona”.
Il campionario dei disturbi della sfera sessuale è vasto, e include dipendenze, fobie e le classiche disfunzioni legate a stress o insicurezza, piuttosto diffuse. Riconoscere l’asessualità non è pero difficile, chiarisce Caputo: “Se manca ogni genere di pulsione sessuale o di stimolo di partenza, si può parlare di una patologia ben precisa, definita ‘Desiderio sessuale ipoattivo’. Altra cosa è l’avversione sessuale: una forma di disgusto per il contatto con gli organi genitali altrui o per il loro odore”.
Anche le cause dell’assenza di desiderio sono più d’una. A volte si tratta di un problema ormonale congenito, in altri casi interviene l’uso di farmaci. E anche la depressione e disturbi psichiatrici più gravi possono giocare un ruolo. “L’asessualità è molto difficile da quantificare proprio perché a volte s’intreccia con altre patologie – prosegue il dottor Caputo – In ogni caso, secondo le stime attuali, colpisce meno dell’1% della popolazione”.
Al pari delle cause, anche il trattamento non è né univoco né semplice. “L’approccio più classico prevede la somministrazione di ormoni ed è abbastanza efficace per gli uomini, mentre non ha mai davvero funzionato nelle donne”. Ma c’è anche una via psicoterapeutica: “Si può avviare un percorso per far scoprire la dimensione della sessualità e del piacere”.

Molto amareggiata per la quantità di cose scorrette riportate in quella colonna, scrivo immediatamente al mio contatto col giornale, che però non risponderà mai. Decido così di scrivere direttamente al direttore, Mario Calabresi. Ci ho messo un bel po’, perché, prima di presentare la mia richiesta di rettifica, ho deciso di fare un lavoro di ricerca, che si è concluso con la pubblicazione su Intersexioni di un articolo sul rapporto tra asessualità e Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (più comunemente noto come DSM), in cui affrontavo anche il famoso “desiderio sessuale ipoattivo” che il dottor Caputo sembra avere tanto a cuore.

Nella richiesta di rettifica (di cui riporto un lungo stralcio sotto), inviata per email a Calabresi, Luchetti e Rizzato il 23 dicembre, ho spiegato che quanto affermato da Caputo “non è solo offensivo e dannoso per la vita e il benessere delle persone asessuali, ma non corretto sotto ogni punto di vista”:

“Il Desiderio Sessuale Ipoattivo è stato classificato come disturbo nel 1980, ma già nel 1994 (nel DSM IV) è stato chiarito che per essere tale, deve causare notevole disagio e difficoltà interpersonali al paziente, cosa che le persone asessuali non hanno. I pazienti affetti da questo disturbo soffrono per l’improvviso calo o mancanza di desiderio, e cercano terapia per riportare il desiderio sessuale a livelli da loro considerati nella norma per quanto riguarda la loro esperienza personale. Le persone asessuali il più delle volte non hanno problemi di libido né di eccitazione (come provato anche dagli studi della Dr.ssa Lori Brotto), semplicemente non provano attrazione verso nessuno, e non cercano terapia per curare ciò che per loro non è un problema.
“Nel 2013 è stato pubblicato il DSM V, nel quale è stato esplicitamente aggiunto che il Desiderio Sessuale Ipoattivo non dovrebbe essere diagnosticato a persone che si identificano come asessuali. Il Disturbo da Avversione Sessuale è stato rimosso per mancanza di ricerca a supporto ed utilizzo estremamente raro.
La patologizzazione dell’asessualità su un organo di stampa nazionale così diffuso può indubbiamente creare seri problemi e maggiori discriminazioni alle persone asessuali. Riportare le parole di uno psicoterapeuta senza controllare che siano vere e scientificamente attendibili, soprattutto su un tema così delicato, non è indice di professionalità da parte di Stefano Rizzato e della direzione del giornale. Omettendo anche solo quella essenziale precisazione sul requisito diagnostico del disagio già aggiunta nel 1994, lo psichiatra Alberto Caputo ha prodotto una disinformazione stigmatizzante a danno delle persone asessuali.
“Con questa email, gentilmente ma fermamente richiedo una correzione pubblica di tali affermazioni in quanto lesive della dignità delle persone asessuali, previa consultazione di fonti più attendibili riguardo l’asessualità e i disturbi sessuali”.

Mi aspettavo, evidentemente in modo ingenuo, una qualche risposta, che invece non è mai arrivata. Quindi ho riscritto loro un mese dopo:

“Buonasera,
volendo credere nella buona fede delle persone, presumo che la mia email precedente, essendo stata inviata poco prima di Natale, sia andata persa o dimenticata nel trambusto delle festività. Con questa email, gentilmente ma fermamente chiedo una risposta entro 14 giorni alla mia richiesta di rettifica dell’articolo già portato alla vostra attenzione”.

Anche a questa mia seconda email segue soltanto un lungo silenzio che ritengo irrispettoso e privo di professionalità. Credo sia importante che i lettori di quel quotidiano e soprattutto coloro che fanno parte di una minoranza sessuale o di genere vengano a conoscenza dei fatti accaduti e della professionalità (o della sua mancanza) dei giornalisti in Italia. Con questa mia denuncia auspico anche che La Stampa si decida a fare una rettifica più volte richiesta secondo quanto stabilito anche dall’articolo 2 della legge n. 69 del 1963, istitutiva dell’Ordine dei giornalisti, e dall’articolo 8 della legge sulla stampa n. 47 del 1948.

 

Lea Vittoria
amministratrice di AVEN e AVEN Italia
©2014 Il Grande Colibrì

10 Comments

  • Alberto Caputo ha detto:

    Buongiorno, sono il dr. Alberto Caputo. Ossia l'esperto "intervistato" da La Stampa. Intervista che non mi pare proprio mai di aver rilasciato! Da quanto ritrovo scritto, credo si tratti di una scopiazzatura di un mio articolo sul Desiderio Sessuale Ipoattivo. Errore marchiano! Da anni mi occupo del mondo LGBT e so bene cosa è e cosa non è l'asessualità. Desidererei porre le mie scuse a tutti. E avere anche un confronto con Lea.

    AC

  • Austin ha detto:

    A me questa asessualità sa tanto di copertura di comodo per evitare di chiedersi se in realtà non si hanno dei problemi ed evitare di affrontarli, un po' come molte bisessualità di comodo usate per coprire la propria omosessualità ed evitare di viverla alla luce del sole.
    In tutti i modi l'asessualità non è un orientamento sessuale: se come alcuni dicono asessuali che vivono relazioni etero, omo e bisessuali, che cosa sono etero e asessuali assieme? hanno due orientamenti sessuali contemporaneamente? è ovvio che l'asessualità è "altro" rispetto all'orienamento.

    • Anonimo ha detto:

      Caro Austin, arrivo in ritardo ma voglio risponderti comunque:
      molti asessuali vivono relazioni eteroromantiche , omoromantiche , biromantiche; quello che ti è sfuggito credo sia un piccolo particolare; che esiste l’amore senza sesso e che l’orientamento romantico e quello sessuale di una persona, anche se nella maggior parte dei casi coincidono, non devono necessariamente farlo.
      Ci sono quindi persone che pur essendo asessuali, e non provando quindi attrazione sessuale, vogliono avere delle relazioni, amano, vogliono essere amati, e in alcuni casi decidono di scendere a compromessi con il proprio partner, ma ciò non li rende meno asessuali in quanto l’unica discriminante è il provare o meno attrazione.
      Per quanto riguarda invece il famoso stereotipo “asessualità = scorciatoia” , ti consiglio di informarti prima di arrivare a tali conclusioni, e ti consiglio di dare un’occhiata ad asexualsproject.com ; sentir raccontare da persone asessuali la loro storia, credo aiuti a capire come quest’orientamento faccia parte del nostro essere, come sia innato e non autoimposto, non usato come giaciglio in cui nascondersi

    • Austin ha detto:

      "Amore senza sesso" significa che può esserci il sentimento anche se non consumanto, pure senza pratiche sessuali di coppia insomma (tipo in una coppia dove uno sia un disabile che non può avere rapporti, o un amore a distanza o tra due che non possono avere rapporti per diversi motivi), che è cosa ben diversa dal non avere una sessualità o desiderio sessuale associato a questo amore. Quest'ultimo caso rimane una patologia.
      "orientamento romantico e quello sessuale di una persona, anche se nella maggior parte dei casi coincidono, non devono necessariamente farlo" in una situazione di schizofreni probabilmente sì, ma uno che si innamora romanticamente di donne e sessualmente di donne perdonami ma sarà sempre uno che nega la sua omosessualità.

    • Anonimo ha detto:

      Rispondo semplicemente dicendo che una patologia è un qualcosa che altera lo stato di benessere di una persona. Gli asessuali non soffrono in quanto tali; possono soffrire se non consapevoli o per gli stereotipi contro cui si trovano a lottare.

    • Austin ha detto:

      C'è gente che non soffre anche se Donw, ciò non toglie che medicalmente sia una sindrome.

    • Il Grande Colibrì ha detto:

      Il parallelo con le persone con sindrome di Down l'ha già fatto Renato Zero, Austin. Ah no, quella volta non c'entravano le persone asessuali ma quelle omosessuali. In ogni caso mi sembra un parallelo che indica solo una cosa, se vogliamo rimanere nelle ipotesi cortesi: scarsa conoscenza. Delle persone asessuali o omosessuali. E delle persone con sindrome di Down. Non si preoccupi: troverà molte informazioni sulle prime e sulle seconde con molta facilità. Ancora meglio: provi a conoscere direttamente qualche persona asessuale e/o con sindrome di Down: non se ne pentirà.

  • Remo ha detto:

    L'asessualità è il contraltare dell'ipersessualità: hanno alla base un problema d'ordine fisiologico o psicologico o educativo.

  • Sidhe ha detto:

    Ben fatto. Non mi è affatto piaciuto come si sono comportati. Tirare in ballo un professorone solo per poter citare un nome in più, il quale tra l'altro dimostra di non essere nemmeno aggiornato… Che dire, spero solo che altri medici si tengano aggiornati più di lui.

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