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Cosa può dirci sulla sessualità e sui rapporti tra le religioni l’analisi delle interazioni erotiche tra uomini cristiani e musulmani nel Medioevo e nell’età moderna? La domanda, apparentemente bizzarra, in realtà illumina un campo di studio molto fecondo, come dimostra “Le trasgressioni della carne. Il desiderio omosessuale nel mondo islamico e cristiano, secc. XII-XX” (Viella 2015, 219 pp., €25, Viella), a cura di Umberto Grassi e Giuseppe Marcocci. La grande qualità dei sette saggi che compongono il volume, accompagnati da una bella introduzione, segnano una svolta molto positiva in particolare nella storia, finora piuttosto deprimente, delle pubblicazioni italiane sul rapporto tra omoerotismo e islam. Sono essenzialmente tre i pregi che caratterizzano il libro: la ricchezza del materiale storico proposto, la volontà di comprendere più che di dimostrare, e l’esemplare chiarezza espositiva.

L’esposizione di numerosi episodi storici e prodotti culturali, tutti ben inquadrati nel proprio contesto, è il motore per la produzione non di rigide risposte definitive, ma per la formulazione di ipotesi e di riflessioni: in questo modo il volume diventa una fonte vivace ed effervescente di spunti di approfondimento sulla storia islamica e su quella cristiana, sul rapporto tra le religioni, sui modi di vivere, interpretare e normare la sessualità. Di grande valore è la chiarezza del linguaggio utilizzato in quasi tutti i saggi: evitando tanto le semplificazioni contenutistiche quanto gli infelici accademismi inutili di tanta produzione saggistica, gli argomenti sono resi comprensibili anche al lettore privo di conoscenze pregresse approfondite.

Dato il grande interesse di tutti gli scritti raccolti nel volume, vi proponiamo alcune rapide note su ciascun saggio.

Omoerotismo ed élite mamelucca tra Egitto e Siria nel tardo medioevo
di Everett K. Rowson

Il saggio mostra come l’espressione pubblica di sentimenti omoerotici fosse ampiamente tollerata e approvata nella società mamelucca egiziana (XIII-XVI secolo), e non solamente nelle opere poetiche. Rowson ricostruisce numerosi episodi storici senza mai negare ambiguità ed incoerenze. Così, se le pratiche omoerotiche dei mamelucchi sono innegabili, questo non lo spinge a descrivere immaginari paradisi gay-friendly: “L’élite non mamelucca e probabilmente l’intera popolazione comprendevano e, in misura significativa, condividevano questi gusti. In ogni caso, un diffuso interesse omoerotico per gli adolescenti maschi era un dato di fatto, sebbene le attività sessuali che ne derivavano fossero largamente condannate, non solo dai devoti per mestiere, ma (se non altro per formalità) da quasi tutti”.

Rowson racconta alcune intricate ed appassionanti storie di sovrani tra intrighi di corte e brucianti passioni per altri uomini: esemplare è la vicenda, narrata in apertura, del sultano Ahmad bin Al-Nasir Muhammad e del suo contrastatissimo amore per l’incantevole Al-Shuhayb. Lo studioso, che insegna alla New York University, ha il grande merito di rendere comprensibili tutte queste vicende assai complesse senza ricorrere a semplificazioni, ma coniugando magistralmente chiarezza e profondità.

“Soddoma e Caorsa”: sterilità del peccato e produttività della natura alla fine del medioevo cristiano
di Giacomo Todeschini

Il saggio presenta un interessante parallelo tra la figura del sodomita e quella dell’usuraio nella visione morale europea a partire dal Duecento: l’affermarsi di una classe socio-economica per la quale la produttività era essenziale ha portato ad  un inasprimento della condanna nei confronti di chi appariva poco produttivo, sterile, come chi aveva rapporti omosessuali. Nonostante i tanti secoli trascorsi, il parallelo sodomita-usuraio è di grande attualità: le osservazioni di Todeschini, oltre ad aiutare a definire il concetto di “diritto naturale”, generalmente mal interpretato persino da chi se ne fa paladino, fanno emergere il modo in cui il discorso politico influenza le rappresentazioni morali.

Lo scritto di Todeschini, docente all’università di Trieste, ha un unico neo: un linguaggio complesso (con anche interi brani in latino senza traduzione) senza che ve ne sia una reale necessità. Ed è un vero peccato, perché ciò ostacola la comprensione di contenuti che sarebbero, come già ricordato, molto utili anche per l’analisi del presente.

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La copertina del libro

Il genere del desiderio: l’amore per i bei ragazzi nella letteratura ottomana della prima età moderna
di Selim S. Kuru 

Il saggio illustra, con un linguaggio chiaro ed un’interessante selezione di brani, la celebrazione dell’omoerotismo nella poesia turca a partire dalla metà del Quattrocento. In questo periodo l’amore per i giovani uomini divenne il principale topos della letteratura ottomana grazie a tre diversi generi letterari: le liriche d’amore, il romanzo autobiografico in versi e gli sehrengiz (letteralmente, “eccita-città”, lunghi elenchi poetici in cui venivano magnificati i più bei ragazzi di diverse città). Secondo Kuru, che insegna all’Università di Washington, gli elogi ai ragazzi non implicavano affatto che ci fosse necessariamente una relazione sessuale con il poeta: l’omoerotismo era inteso come una sorta di “palestra” per sviluppare il “vero amore”, cioè la devozione a Dio.

D’altra parte, Kuru sottolinea l’ambiguità di queste poesie: il collegamento tra “amore mondano” e “amore mistico” è spesso tutt’altro che esplicito, mentre emerge con forza l’esaltazione del desiderio omoerotico e di quanto sia meraviglioso e doloroso farne esperienza. Questa ambiguità si risolse nel corso dei secoli prima con il fatto che i componimenti finirono per non fare più riferimento a specifici ragazzi chiamati esplicitamente per nome, assumendo toni più mistici, e poi, tra Otto e Novecento, con il passaggio dalla letteratura erotica omosessuale a quella eterosessuale, attribuito in buona parte all’influenza di modelli morali e letterari importati dai paesi europei, come denunciava malinconicamente lo statista Ahmet Cevdet Pasa nella seconda metà del XIX secolo.

Tra eresia e crimine contro natura: sessualità, islamofobia e inquisizioni nell’Europa moderna
di Vincenzo Lavenia

Nel suo saggio, Lavenia, docente dell’Università di Macerata, si concentra sulle accuse di sodomia rivolte ai musulmani nella penisola iberica. Queste accuse rimasero marginali fino alla fine del Cinquecento, anche se se già nel XII secolo la retorica anti-islamica sosteneva che il Corano invitasse alla sodomia e alla zoofilia (Pietro di Poitiers, notaio dell’abate di Cluny, scriveva che “tutti i saraceni compiono questi atti licenziosamente, come se fosse un precetto di Muhammad”). A partire dal 1492, però, la volontà della corona si creare un regno omogeneamente cattolico, mascolino e desemitizzato si tradusse anche in un discorso politico e religioso che identificava il “sesso contro natura” come un vizio propagato dai musulmani.

Questo discorso, per cui il sodomita era assimilato all’eretico e perseguitato dai tribunali inquisitori, era anche rafforzato dalle paure apocalittiche del tempo: il persistere dell’islam e dell’ebraismo ed il presunto dilagare della sodomia, come una presunta confusione dei generi nel cambiamento di alcuni costumi, erano interpretati come segni della fine dei tempi. Lavenia osserva anche che la stessa retorica anti-sodomitica fu usata per giustificare, ricordando la punizione divina contro Sodoma e Gomorra, tanto la tragica cacciata dei discendenti dei musulmani dalla Spagna del 1609-1614 quanto il massacro degli indios in America meridionale e la volontà di assoggettare altre popolazioni non europee. E sta poi al lettore trarne eventuali spunti per interpretare episodi anche più recenti.

Oltre la repressione: relazioni omosessuali tra musulmani e cristiani nella Spagna del Cinque e Seicento
di Tomás A. Mantecón Movellán

Come il precedente, anche questo saggio si concentra sulla situazione spagnola nei secoli XVI e XVII, cercando di illustrare la “miscela esplosiva” nata dall’incrociarsi di pregiudizi etnici e fobie sessuali e di ricostruire come la violenza della repressione e del controllo sociale (si finiva al rogo anche per semplici “toccamenti disonesti”) abbiano spinto gli uomini che amavano altri uomini a creare linguaggi separati, e quindi a sviluppare identità distinte e vere e proprie sottoculture in cui l’erotismo ed il desiderio sgretolavano i rigidi confini che separavano religioni e ceti, mescolando cristiani e musulmani, nobili e schiavi.

Il saggio di Mantecón Movellán, docente all’Università di Cantabria, si concentra su un tema molto affascinante e propone alcuni spunti di notevole interesse, ma purtroppo risulta la parte meno convincente dell’intero libro: gli esempi proposti non sono sufficientemente approfonditi e soprattutto non sono ben legati tra loro, creando una galleria aneddotica che, in fin dei conti, ci racconta poco proprio delle relazioni omosessuali tra musulmani e cristiani nel “Siglo de oro” spagnolo. E anche la lettura del paragrafo sulle donne che impersonavano ruoli maschili, nonostante presenti un altro tema di grande interesse, non offre grandi soddisfazioni.

Musulmani sodomiti in Portogallo e bardassi cristiani in Africa del Nord nei secoli dell’età moderna
di Luiz Mott

Questo documentatissimo saggio analizza decine di processi contro uomini musulmani o moriscos (discendenti di musulmani costretti a convertirsi al cristianesimo) finiti davanti all’Inquisizione portoghese con l’accusa di sodomia. I documenti processuali, sebbene mostrino una maggiore clemenza dei tribunali ecclesiastici portoghesi rispetto a quelli spagnoli, riflettono il clima di xenofobia ed omofobia del Portogallo del Cinque e Seicento: da questo punto di vista, è molto significativa non solo la rarità delle relazioni omosessuali tra uomini di etnie diverse, ma anche la frequenza con cui si indagava sulla possibilità che i musulmani, qualunque fosse l’accusa mossa contro di loro, praticassero la sodomia.

Mott, che insegna all’Università federale di Bahia, fa comunque notare come, in realtà, la connessione tra omoerotismo e islam non nascesse completamente dal nulla: nel mondo musulmano, infatti, i rapporti omosessuali erano molto più tollerati e molto più visibili rispetto a quanto succedesse in Europa, come raccontavano non solo gli scandalizzatissimi viaggiatori europei, ma anche quei cristiani che decidevano di vivere in Africa settentrionale e che spesso, significativamente, si convertivano all’islam e avevano relazioni sessuali e sentimentali più libere, anche con altri uomini. Un caso a parte, invece, era costituito poi dai bardassi, schiavi che soddisfacevano le voglie sessuali dei loro padroni musulmani (ma anche di potenti cristiani).

Colonialismo, omosessualità e mondo islamico nell’immaginario erotico europeo tra Otto e Novecento
di Jean-Raphaël Bourge

Anche l’ultimo saggio del libro, che segna un notevole balzo in avanti nel tempo, è estremamente interessante. Bourge, ricercatore francese, ricorda come la ricerca scientifica coloniale sulla sessualità, con tutte le sue profondissime incoerenze, sia stata tutta tesa a dimostrare l’inferiorità delle “razze” non europee per giustificare la colonizzazione come missione civilizzatrice su società corrotte e corruttrici: parlare dell’omosessualità delle popolazioni non europee, quindi, serviva solo a connotare queste popolazioni come animalesche e mostruose. Tra le altre cose, Bourge ricorda gli studi svolti da medici francesi che, sulla scia di Lombroso, cercarono di spiegare la presunta maggiore propensione degli arabi al “crimine sodomitico” studiandone l’elasticità dell’ano e la forma del pene.

Bourge analizza anche come la pornografia in epoca coloniale costruì una serie di stereotipi sessuali ancora oggi estremamente diffusi, dalla donna nera insaziabile all’uomo arabo che, incoerentemente, è al tempo stesso tanto un maschio incapace di frenare la propria aggressiva e violenta virilità quanto un efebo passivo e dolce. Gli stereotipi pornografici sono stati e continuano ad essere uno strumento per affermare, più o meno esplicitamente e consapevolmente, la superiorità del maschio bianco, tanto quando sono usati per patologizzare la sessualità altrui e proporre il dominio occidentale come cura, quanto quando servono a trasformare altri esseri umani in meri “corpi offerti alla concupiscenza degli europei”, come è successo e succede anche in parte della letteratura omosessuale e persino in certa saggistica.

Pier
©2015 Il Grande Colibrì

Leggi anche:

Omosessualità e società ebraica nel mondo islamico

L’omosessualità e il matrimonio nella storia dell’islam

2 Comments

  • Erica Gazzoldi ha detto:

    L'hai pubblicato in data 8 settembre… Grazie del regalo di compleanno! 😉

  • carlo corbellari ha detto:

    Meraviglioso come so, meraviglioso come e' e sarà.
    Ma orribile il connubio odierno tra sentinelle in piedi e musulmani in piazza Duomo…era prevedibili che le due frange fondamentaliste si incontrassero…che tristezza il pensiero unico contaminante e corrompente, ancora molti anni dopo la fine del colonialismo classico …

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