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A chi giova? In Uganda il giornale Red Pepper pubblica alcune foto (vere o realizzate con Photoshop?) in cui un calciatore fa sesso con un altro uomo (il manager della squadra, Chris Mubiru) e nel titolo fa esplicito riferimento a questa pratica con diversi giocatori (“Il boss dei Cranes sodomizza i giocatori“), su Twitter impazzano le reazioni (spesso violente) di cittadini ugandesi e non, che certo non sono favorevoli ai due uomini fotografati: “Anche se sodomizza culi cresciuti con il loro consenso, Mubiru deve essere arrestato“, “E’ un pervertito, punto. Si merita di peggio“, “Questa storia merita l’impiccagione per atrocità, è così disumana!“, “Fanculo a Mubiru e a tutti i simpatizzanti gay, questo è l’Uganda, grazie Red Pepper“, “Inginocchiati, prega e guardati il culo da Mubiru“…

E’ più di un sospetto, allora, che il servizio fotografico e la sua pubblicazione, alla vigilia dell’approvazione di una legge che promette forti inasprimenti delle pene per gli omosessuali (ancora non è completamente scongiurato nemmeno il paventato ricorso alla pena di morte), servano a tacitare nel paese i dubbi, sollevati in parte dalle riserve straniere, in parte dal dubbio che questa legge serva più alla carriera di qualche esponente politico che alla “moralità” del Paese (Gay Star News).

L’attivista ugandese R., che è in contatto con la redazione de Il grande colibrì, commenta la notizia così: “I bigotti oggi hanno stampato questo articolo sul manager colto a sodomizzare i giocatori. Questo porterà un’altra ondata di odio. Stanno giocando tutte le carte per vincere questa partita, usando una nuova strategia per spingere la folla a chiedere la nuova legge contro gli omosessuali. A maggior ragione è necessario combattere questo provvedimento“.

L’Uganda è certo un paese curioso: accanto a un giornale scandalistico come Red Pepper, troviamo un quotidiano dall’aria decisamente seria e inglese (nel senso giornalistico del termine) che loda però l’eventualità che i paesi stranieri sospendano gli aiuti all’Uganda: questo farà sì infatti, secondo l’originale tesi, che la visione e l’indipendenza del paese saranno maggiormente rispettate (Daily Monitor).

Né fanno meno tristezza gli aiuti economici e politici che la destra cristiana continua a riservare al regime nonostante lo sprezzo dei diritti umani, e anzi proprio in virtù di ciò (Family Research Council). Vanno però ricordato anche altre figure cristiane, come l’ex arcivescovo di Città del Capo Desmond Tutu, che ha esortato proprio l’Uganda a mettere da parte non solo l’idea di punire con la morte gli omosessuali, ma anche a riformare una legge già gravemente discriminatrice (The Washington Post). E il Consiglio cristiano norvegese, ai suoi più alti livelli, si impegna attivamente perché la nuova legge anti gay ugandese non veda mai la luce, come riferisce con soddisfazione l’organizzazione gay nazionale LLH.

Proteste per la legge promessa come “dono di natale” dalla presidente della Camera, oltre alle numerose petizioni già lanciate  (Il grande colibrì), si trovano comunque un po’ ovunque: dalle strade di Milano, con i Radicali cacciati, per questo, da un convegno sull’Uganda (Certi Diritti), ad un gruppo di attivisti LGBTQ* etiopi, impegnati a contrastare il provvedimento tramite il web, con una campagna che invita alla mobilitazione “tutti gli africani, che siano etero o LGBT” (Bikyamasr).

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I ghanesi farebbero meglio a compiacere dio e ad abbandonare ogni sorta di vizio, inclusa l’omosessualità“: lo sostengono alcuni influenti uomini di chiesa del paese, preoccupati per l’allontanamento dalla religione della popolazione (Ghana Web). Ma non contenti di richiamare i valori della religione, i cristiani del Ghana impongono anche, di fatto, l’assenza di educazione sessuale nelle scuole, impedendo così – tra l’altro – una ben organizzata lotta all’AIDS: male comune (ma gaudio di nessuno, se non forse di qualche beghina) al Burkina Faso, al Malawi e (ancora una volta) all’Uganda (Ghana Web).

Dopo una condanna a 14 anni di carcere per un matrimonio omosessuale in Malawi, la transgender Tiwonge Chimbalanga non ha rimpianti per l’atto che è diventato nel 2009 il simbolo dell’intolleranza africana verso la diversità sessuale: a tre anni dalla condanna Chimbalanga ritrova la libertà grazie all’asilo concessogli dal Sudafrica e può finalmente parlare della sua esperienza: “Non ho fatto niente di male, per cui non ho nulla di cui essere pentita“. Nel frattempo il Malawi attende il destino della moratoria alle leggi anti gay messa in atto dal nuovo presidente Joyce Banda, perché le pressioni per tornare al precedente status quo sono forti (France Press).

Intanto in Nigeria gli attivisti per i diritti umani si organizzano per fare pressione sul presidente Goodluck Jonathan affinché non approvi il disegno di legge per incarcerare gay e propagandisti LGBTQ* appena approvato da entrambi i rami del Parlamento nazionale (Gay Star News).

In Sudan, infine, gli attivisti LGBTQ* di Rainbow Sudan ci hanno riferito di aver preso parte alle proteste che hanno avuto come culmine la morte, ancora tutta da chiarire, di quattro studenti nella tormentata regione del Darfur (Al Arabiya): “Qui la situazione è caotica e pericolosa, sembra che più si va avanti e più le cose vanno male. Ma non ci fermeremo“.

 

Michele
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RASSEGNA STAMPA
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2 Comments

  • raffaello ha detto:

    disgustoso

  • Il Grande Colibrì ha detto:

    Secondo quanto ci riferiscono alcuni attivisti ugandesi, stamattina il canale radio locale 87.9 ha ospitato tre leader religiosi: il pastore Martin Ssempa (di cui abbiamo già parlato su Il grande colibrì), il mufti Nuhu Muzaata e un altro pastore del pentecostale Liberty Worship Centre. Tutti e tre hanno affermato che gli omosessuali dovrebbero essere bruciati vivi se la legge anti-gay passerà. Nel corso della trasmissione, un altro pastore si è vantato di aver preso a pugni, fino a mandarlo all'ospedale, un correligioso gay che gli avrebbe toccato il sedere. L'applauso è stato generale. Un fatto forse minore, ma molto significativo…

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