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“Era seduto con il suo fucile AK-47 in mano e quando mi avvicinai me lo puntò sulla fronte. Non so perché mi ricordo sempre – è un’immagine ricorrente – che la bocca dell’arma sembrava bucherellata, come usurata. L’uomo mi disse che dovevo fare quello che voleva lui. Mi portò in una stanza e io pensai che mi avrebbe ucciso. Lì abusò sessualmente di me. Avevo dodici anni. La prima cosa che ti lascia un’esperienza del genere è una sensazione di sporcizia, di disgusto. Rimani in silenzio, hai paura che lo venga a sapere qualcuno. E quella cosa diventa un fardello terribile. A quell’età fu una tortura, un trauma tremendo. Sono diventato ribelle, mi sono depresso, ho perso interesse per lo studio, mi sono isolato”. Moreno (nome di fantasia) è uno dei 650 uomini stuprati nella guerra tra esercito e Forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC). Lui è stato violentato da un soldato nel 1999.

E negli anni successivi, fino al 2006, la violenza sessuale è stata usata ancor più frequentemente come arma di guerra: soldati, guerriglieri e paramilitari hanno abusato di migliaia di donne, ma anche di centinaia di uomini (si calcola che rappresentino il 12% circa delle vittime), intorno ai quali però la nebbia del silenzio e della negazione rimane sempre fitta. E sono le donne a combattere per diradarla, perché loro hanno combattuto e vinto demoni e sono riuscite, organizzandosi insieme, a tornare protagoniste delle proprie vite nonostante il trauma della violenza. Un percorso che gli uomini da soli non riescono neppure ad immaginare e per questo associazioni femminili come l’Unità delle vittime o il Tavolo nazionale delle vittime oggi tendono loro la mano.

Gli uomini violentati non subiscono soltanto danni psicologici e fisici, ma devono affrontare anche lo stigma di una società machista ed omofobica: quando riescono, tengono segreta la violenza e non chiedono aiuto a nessuno, perché, se la notizia diventa pubblica, sono additati come omosessuali, emarginati dalla comunità, abbandonati dalla famiglia. “Mia moglie lo scoprì e non mi guardava più come prima – racconta al Tiempo un uomo violentato da due soldati nel 2006, quando era uno stimato insegnante – Dopo un po’ ci siamo separati, perché lei mi cacciò. Venti anni di matrimonio distrutti da quello che era successo: figuratevi che mi accusò di averlo provocato”. L’abuso sessuale subito diventa una colpa che crea pressioni interiori ed esterne insopportabili: molti uomini violentati finiscono per suicidarsi.

Sono questi effetti di annullamento della vittima e della sua autorevolezza che spingono i combattenti ad abusare sessualmente di leader politici avversari, di sindacalisti, di attivisti per i diritti umani. O dei loro figli. Uccidere queste persone non basta, perché loro rischiano di diventare martiri e le loro idee di sopravvivere. Lo stupro, invece, li polverizza agli occhi della comunità, distruggendo anche la loro eredità morale. Sono meccanismi terribili conosciuti bene da eserciti e milizie di tutto il mondo, come ricostruisce il rapporto “Nel mainstream: affrontare la violenza sessuale contro uomini e ragazzi in guerra” di Refugee Law Project, Plan e War Child UK [Refugee Law Project], ma ignorati dalle istituzioni nazionali e dalle organizzazioni internazionali.

Secondo questo rapporto, 62 stati, in cui vivono quasi i due terzi della popolazione mondiale, non riconosce neppure la possibilità che un uomo possa subire uno stupro e addirittura 67 stati criminalizzano gli uomini che denunciano di avere subito una violenza sessuale. Ma non sono solo questi dati a preoccupare: la risoluzione 1325 adottata dal Consiglio di sicurezza dell’ONU nel 2000, se giustamente condanna gli abusi perpetrati contro donne e bambine, dà per scontato che le violenze possano essere rivolte solo contro di loro. E delle 4mila organizzazioni umanitarie che  si occupano anche di abusi sessuali, solo il 3% cita nei propri documenti (di solito solo con un riferimento en passant) gli stupri contro uomini e bambini.

Rompere questo silenzio e affrontare il problema è urgente per cercare di fermare le violenze, di restituire dignità alle vittime, di affrontare una mentalità maschilista che sta alla base degli abusi commessi contro tutti questi uomini e contro un numero ancora più alto di donne.

Pier Cesare Notaro
©2014 Il Grande Colibrì

Leggi la seconda parte:

Violentato e distrutto: l’esercito USA punisce le vittime

5 Comments

  • Pinko ha detto:

    Sarei curiosa di sapere cosa pensi che abbia fatto il restante 1% per meritarsi lo stupro.

  • Il grande Colibri, sono contenta di darti il nostro riconoscimento:
    il tuo post è stato votato come il migliore del mese di settembre della nostra Community #bloggerblog verrà esposto per 3 giorni in alto in modo da essere letto da tutti e aggiunto nell'omonima sezione del gruppo #Postinevidenza. Complimenti.

    Speriamo di riuscire a sensibilizzare il numero maggiore di persone su questi temi così delicati e sofferti. Grazie mille per il tuo post.

    https://plus.google.com/u/0/b/104133337541848949924/101984171260678165783/posts/SABNh2BYUEC

    Blogghidee

  • Patricia Moll ha detto:

    Ho condiviso sul mio blog perchè mi sembra giiusto che si sappia!
    Ciao

  • Patricia Moll ha detto:

    Interessante quello che hai scritto. Terribile e triste!
    La violenza sessuale, gli abusi sessuali non sono mai "richiesti" conn la provoocazione. almeno nel 99% dei casi.
    Certo che in un mondo maschilista come il nostro, per un uomo è praticamente imppossibile denunciare un simile sopruso.
    Già le donne che lo fanno vengono trattate troppo sovente come donne troppo facili e vnegono sottoposte a interrogatori e visite che demoliscono quanto la violenza subita. Sono altre forme di violenza!
    Figuriamoci per un uomo! Ne va anche del suo prestigio di maschio!
    Quando ci faremo furbi? quando capiremo che la violenza è violenza contro chiunque sia perpetrata?

    • alice_underground ha detto:

      Non esiste il 99%
      Anche se provocato uomo o donna che sia un no te lo porti a casa e basta.
      Non esiste mi ha provocato.
      Se ti dice no è no in qualunque momento.
      Non giustifichiamo gli abusi in nessun caso.

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