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“Va bene: vorrei dare speranza a quei ragazzi e a quelle ragazze del mondo gay che vivono il rapporto con la Chiesa e con la fede in modo conflittuale”. Don Luca, 42 anni, di Roma, ha accettato senza molte esitazioni la nostra proposta di intervista. “Un rapporto vero di fede non deve lasciarsi condizionare da qualche atteggiamento di non accoglienza da parte dell’istituzione ecclesiastica. Ricordiamo a noi stessi prima di tutto che Dio è amore e non giudica la vita degli uomini se non nelle scelte di non carità verso gli altri” afferma.

Quando hai sentito la vocazione a “farti prete”?

In adolescenza ero come tutti i ragazzi: si hanno tante idee e tanti progetti, sicuramente a 14 anni si vogliono fare tante cose nella vita… Personalmente, il mio desiderio era di essere un avvocato o un professore. L’idea dell’essere sacerdote mi aveva solo sfiorato, forse perché mi affascinava l’idea di questo personaggio che stava in mezzo alla gente e cercava di essere di aiuto a tutti. Poi, però, passata la maturità, questa convinzione è diventata forte al punto che ho deciso di entrare in seminario e iniziare il mio cammino.

Allora sapevi già di essere gay?

Non mi piace la catalogazione dell’essere gay o etero, la vita affettiva è parte di noi e non credo che abbia generi. Comunque non ho mai vissuto la mia sessualità come un problema: da ragazzo provavo interesse per entrambi i generi e la cosa l’ho sempre considerata “normale”, infatti ho avuto la mia ragazza e mi capitava anche qualche scappatella con amici vissuta senza problemi, convinto che l’affettività tocchi il cuore delle persone e non la genitalità.

La tua sessualità è diventata un problema dopo, quando sei diventato sacerdote?

La sfera sessuale è parte dell’uomo: per quanto si possa cercare di avere solo rapporti di amicizia e di affetto, sicuramente la sfera sessuale rimane forte… ma penso che lo sia per qualsiasi persona. Ne consegue che si vive cercando di sforzarci nella scelta fatta, a volte con più coerenza, a volte con meno.

Credi che la castità sia più facile per i preti eterosessuali?

No. Sicuramente nella scelta sacerdotale la vita affettiva si vive con difficoltà sia per chi è gay sia per chi è etero.

Conosci altri preti omosessuali o bisessuali?

Sicuramente nella Chiesa il numero di preti omosessuali è alto: mi viene da pensare che Dio ci abbia scelto apposta per evitare che facessimo figli in giro, che sarebbe stato più disastroso!

La leggenda descrive seminari dove il sesso omosessuale sarebbe comunissimo e gruppi di sacerdoti gay che costituirebbero delle specie di lobby all’interno della Chiesa… O forse non è una leggenda!

Invece sono proprio leggende metropolitane: non avvengono festini o cose del genere come si vuole fare credere! Un po’ come negli ambienti militari o nei collegi maschili, nei seminari può accadere che ci possano essere delle scivolate, specialmente nell’età della giovinezza dove l’istintività sessuale è più alta e gli ormoni sono più caldi: non dimentichiamo che la vita affettiva è parte dell’uomo! Ma il discorso vale per tutti gli uomini e per tutte le donne che vivono in comunità.

Ti sei mai sentito in colpa o pentito per la scelta di farti prete nonostante il tuo orientamento sessuale?

Metto in discussione la mia scelta non per il mio comportamento sessuale, ma perché nella Chiesa la prassi del Vangelo purtroppo a volte viene dimenticata. Io sono convinto che se Dio ci sceglie per servire la Chiesa, non si pone il problema dei nostri gusti sessuali, ma piuttosto ci giudica per come ci comportiamo nell’accoglienza dell’amore e nell’annuncio della sua misericordia. La sintesi di Cristo è: “Ama il prossimo tuo come te stesso e ama Dio”, non parla di con chi vai a letto o di con chi lo fai! Purtroppo l’attenzione della gerarchia nei secoli scorsi si è concentrata troppo sulla morale sessuale e poco sul fondamento dei Vangeli, portando a creare una pastorale centrata sulla sessualità e non sulla carità, che è invece il fondamento del Vangelo.

Dunque cosa ne pensi della dottrina della Chiesa in materia di sessualità e di omosessualità?

Sono convinto che la gerarchia non dovrebbe preoccuparsi di con chi si faccia sesso, ma dovrebbe ritornare ad annunciare l’amore di Dio verso tutti, senza discriminazioni, a sottolineare che l’amore di Cristo ci accoglie così come siamo, nella nostra varietà di identità sessuali, in quanto creati da Dio e dunque suoi Figli, a vivere l’atteggiamento dell’accoglienza e della riscoperta di questo Dio che è in attesa che lo riconosciamo nei piccoli e nei deboli.

Torniamo allora alle difficoltà di essere prete in una Chiesa che, come dici, a volte sembra dimenticare il Vangelo…

Ci sono difficoltà a vivere il sacerdozio nella nostra società: da una parte non si riconosce il ruolo del sacerdote come di colui che porta annuncio del Vangelo, dall’altra l’anticlericalismo aumenta… Inoltre, anche la stessa istituzione a volte non ha il coraggio di cambiare un atteggiamento pastorale nei confronti del mondo gay, dell’accoglienza, del vivere il Vangelo in modo più vero.

Com’è la Chiesa vista da dentro?

Sicuramente io vivo la Chiesa nei suoi aspetti positivi e negativi, ho imparato a distinguere l’istituzione dalla gerarchia e dal fondamento evangelico: la Chiesa è l’insieme dei credenti, è la comunità di chi ha fede e crede in Cristo, di coloro che i valori del Vangelo li considerano buoni, del messaggio cristiano che può essere uno stile di vita.

Insomma, è la gerarchia ad essere “cattiva”?

La gerarchia è fatti da uomini e, come tra tutti gli uomini, ci possono essere persone buone, serie o meno serie, persone che sono coerenti con il Vangelo o persone che dimenticano il senso cristiano di Gesù… L’intelligenza è di non fare mai di tutta l’erba un fascio. Purtroppo, invece, si è portati a generalizzare accusando tutta la Chiesa di essere marcia. Se un vescovo o un cardinale o un papa o un prete fa uno sbaglio di mancanza di carità, non significa che non ce ne siano altri che cercano di vivere il messaggio cristiano. Questo vale anche per i laici che frequentano il mondo sociale e professionale.

Qual è, secondo te, il più grande problema della Chiesa cattolica?

Il vero problema di alcuni uomini di Chiesa è la mancanza di coraggio nel fare scelte radicali e coraggiose, tutto per salvaguardare un concetto di “tradizione” che ha portato l’istituzione a seguire una prassi di pastorale che oggi sicuramente fa acqua – penso al rapporto con i divorziati, al rapporto con chi non crede, alla questione dell’omosessualità… Penso alla paura di accettare gruppi di credenti omosessuali: addirittura gli stessi sacerdoti che li seguono spiritualmente devono fare attenzione al controllo delle gerarchie! Spesso si dimentica il senso dell’accoglienza di Cristo per gli ultimi, la misericordia , il non giudizio, eccetera…

E invece qual è la principale virtù della Chiesa?

Riconosco nella Chiesa la capacità della carità verso i bisognosi. Pensiamo ai paesi di missione: quanti preti e suore sono morti per il loro servizio! Pensiamo all’educazione scolastica, pensiamo a quante istituzioni cattoliche hanno preso a cuore il problema del recupero dei drogati e, nel secolo scorso (ma anche oggi quest’attenzione è forte), degli orfani. Pensiamo alla difesa dei diritti dei poveri nei paesi dell’America Latina, dell’Asia e dell’Africa. Pensiamo ai sacerdoti italiani uccisi perché hanno combattuto per il senso della legalità: quante volte la Chiesa si è sostituita allo Stato per le sue carenze nel servizio pubblico! Pensiamo allora anche agli ospedali, alle case di ricovero, eccetera…

Quindi, per te, sono più i pregi dei difetti?

Se anche c’è una parte che forse non vive il messaggio evangelico, c’è un’altra parte che si impegna ad annunciare Cristo non a parole ma nei fatti!

Molte persone LGBTQ* giudicano i sacerdoti omosessuali come degli ipocriti che predicano l’omofobia e poi vanno a caccia di maschi con cui fare sesso…

Il problema nasce, come ho detto prima, da come la gerarchia a volte si pone in materia di morale sessuale: sicuramente l’istituzione dovrebbe adottare una prospettiva diversa sulla situazione omosessuale. Non mi scandalizza allora il fatto che poi il mondo gay critichi l’istituzione, ma quello che mi dispiace è che si dovrebbe avere la capacità di non generalizzare: è come se io avessi avuto una brutta esperienza con un ragazzo o una ragazza e poi generalizzassi accusando tutti i ragazzi o le ragazze…

Forse non si generalizzerebbe se ci fossero voci contrarie a quello che afferma la gerarchia, no?

Ti assicuro che la base – cioè i parroci, le suore, i sacerdoti e in generale tutti coloro che vivono il rapporto continuo pastorale con i ragazzi e le ragazze nelle parrocchie e nelle scuole – hanno un atteggiamento diverso, di accoglienza e non di discriminazione, anche se non tutti hanno questa sensibilità, forse per paura di essere giudicati dagli altri o ancora di più di avere problemi con i superiori ecclesiastici. Posso assicurare che su dieci sacerdoti, otto sarebbero ben contenti di fare cambiare l’immagine negativa che abbiamo dato nei confronti del mondo LGBT, ma certo dobbiamo essere aiutati anche noi a non subire una crociata anticlericale solo perché la gerarchia si pone con un atteggiamento omofobo…

Il problema del rapporto tra Chiesa e omosessualità, insomma, sarebbe colpa anche di chi critica la Chiesa?

L’anticlericalismo certamente non aiuta ad avviare un dialogo sereno ed un cambiamento di mentalità sia clericale sia del mondo gay. Per questo bisogna fare un cammino assieme in modo da far cambiare la mentalità alle gerarchie ecclesiali, ma anche a coloro che dirigono i movimenti LGBT che spesso sono prevenuti nell’avvicinarsi al dialogo.

 

Pier
©2011 Il Grande Colibrì

11 Comments

  • Massimo Battaglio ha detto:

    Strano che questa bella testimonianza mi sia capitata tra le mani solo ora. Ma meglio che niente.
    Devo dire che, qualche timido passo, in questi anni, è stato fatto e va riconosciuto. D’altra parte, c’è stato un conclave di mezzo e una bella serie di pensionamenti di vescovi ciellini o simili.
    Stenta però a cadere la scusa da parte dei preti migliori, quando, come don Luca, sostengono che “l’anticlericalismo non aiuta ad avviare un dialogo sereno ed un cambiamento di mentalità sia clericale sia del mondo gay”.
    Perché, cari amici preti, mi fa molto piacere apprendere che l’80% di voi sia intimamente gayfriendly ma sarebbe simpatico che lo dimostrasse. Non ho sentito chissà quale levata di scudi contro i familiday o contro le conferenze “anti-gender”, nè molte parole a sostegno dei tanti animatori, educatori o catechisti cacciati da quel 20% di parrocchie dove i preti non sono ancora per niente friendly.
    Come si fa, di fronte a una Chiesa che si presenta in modo così monolitico, credere che esista una maggioranza silenziosa con la quale si può “dialogare”?
    Ma poi, cos’è il dialogo? Si ha un dialogo sereno quando le parti ammettono innanzitutto i propri errori del passato e si impegnano a non ripeterli. Gli amici preti gay-friendly hanno voglia di fare il primo passo nel domandare perdono per tutta l’omofobia, la discriminazione, l’odio che i loro confratelli “del 20%” hanno causato? O dobbiamo essere noi a concedere un perdono preventivo e generico a nome non nostro ma di tutti i ragazzi dai pantaloni rosa, che non sono più qui per perdonare?

  • Anonimo ha detto:

    Wow.. sinceramente non trovo nulla di male nelle parole di Don Luca, forse il difetto maggiore della chiesa è proprio quello di aver traviato un po' il vangelo favorendo invece una struttura ormai obsoleta e controproducente per tutti.. servirebbe una vera e propria rivoluzione ideologica.

  • Anonimo ha detto:

    Concordo con quanto scritto da don Luca… Faccio presente che possibilimente il modello di Chiesa e di ministero che oggi l'istituzione propugna attrae più ragazzi gay che etero. Con ciò intento dire che certe forme di culto, che il modello stesso di prete celibe che vive senza problemi e con la sua remunarazione e che si occupa di cose che attraggono più i gey che gli etero spinge più i gay che gli etero ad avvicinarsi alla chiesa. La chiese, del resto, con la sua conclamata sessuofobia (della quale scrive bene questo sacerdote don Luca)ha fatto, per tanto secoli la lotta al sesso e ha fatto del suo essere una entità fortemente maschilista e misogena. Questo, ovviamente, a portato i preti a stare lontano dalle donne e a cercare compagnia fra gli uomini. Se in una parrocchia si vede un prete che sta spesso con una donna subito la comunità sentenzia: ha l'amante. Se invece sta con un ragazzo tutto assume una consacrazione di normalità… allora meglio frequentare uomini! C'è poi la verità non trascurabile che molti gay scelgono la vita ecclesiastica perchè essa offre loro una certa protezione, sicurezza e possibilità di trovari amici. Concludo precisando che non ho alcuna diffocoltà a che gay siano sacerdoti e che i sacerdoti esercitino la loro sessualità insita alla vita stessa dell'uomo… il più grande porblema della chiesa, è infatti, non le questioni moralistiche e sessuali ma è essa stessa il problema: troppo clericalizzata; troppo gerarcolociga; troppo lontana dallo stile del vangelo e traditrice del vaticano secondo!

  • Marco ha detto:

    Sono d'accordo con Danilo.

    Le parole di questo prete trasudano omofobia interiorizzata. Ed è fin troppo "cattolico" questo atteggiamento di "non sbilanciarsi" in pubblico e perdonarsi le scappatelle provocate dagli ormoni in privato.

    Amico mio (il prete, non Danilo), o vieni allo scoperto e ne paghi le conseguenze, o te ne stai zitto e non presenti il tuo essere gay nascosto come una preziosa opportunità per assistere spiritualmente "ragazzi e ragazze del mondo GLBT" (gli adulti e gli anziani gay non hanno bisogno di assistenza?). Per fare quello, va benissimo anche un prete etero che giusto non sia fanatico.

    Tu lavori pur sempre per una ditta che nel suo "statuto" (catechismo universale, certo non è la bibbia, ma è la sua interpretazione ufficiale) dice: "Gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati. Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati. Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Devono essere accolti con rispetto e COMPASSIONE".

    Questa intervista non mi è piaciuta per niente, cento volte meglio l'imam gay, che rischia molto di più che perdere lo stipendio mensile del "Sostentamento Clero" e però viene allo scoperto.

    Marco

  • Danilo Ruocco ha detto:

    "Sicuramente nella Chiesa il numero di preti omosessuali è alto: mi viene da pensare che Dio ci abbia scelto apposta per evitare che facessimo figli in giro, che sarebbe stato più disastroso!"

    Alla faccia della carità e dell'accoglienza! Questa è omofobia pura, altro che storie!

    • sergio ligabue ha detto:

      oppure una fobia di non avere scelte, per vivere una vita di fede come la natura vuole (o come vuole Dio).
      Basterebbe un pò meno di ipocrezia verso la realtà della vita e non chiudersi a riccio su tradizioni stupide ed obsolete

    • Anonimo ha detto:

      Anche a me colpito quella frase Danilo… Mi ha fatto rimanere davvero male

    • Nina ha detto:

      Danilo Ruocco, convengo con te…senza parlare dei riferimenti agli "ultimi"…
      Omofobia interiorizzata a go go !!!
      Mio figlio, educato all'ateismo, non ha avuto nessun problema a dichiararsi gay…dall'adolescenza. Il principale problema della comunità LGBT resta sempre e comunque la chiesa…INORRIDISCO !!!

    • Anonimo ha detto:

      concordo dio va al di la delle scelte dei preti poi da vero padre vuole il bene dei figli

    • Davide ha detto:

      Dio è grande è misericordioso non giudica ma ci salva

  • Anonimo ha detto:

    meno male che ci sono sacerdoti come questo : anche chi non è cattolico si sente più vicino a persone come lui !
    🙂
    janu

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