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Partiamo da un nome di fantasia, Matteo, e da un fatto reale accaduto alla fine dello scorso anno scolastico in un istituto del foggiano, in Puglia. In una classe di questa scuola, Matteo subisce una pesante umiliazione dal suo insegnante durante un’ora di lezione. La storia mi viene raccontata da colleghi che sanno che sanno della mia omosessualità e del mio impegno, ma soprattutto che il docente in questione ha avuto con me degli scontri in passato per situazioni analoghe. Devo capire come si sono svolte le cose e per questo entro in contatto con Matteo tramite i suoi insegnanti. Al mio collega arriverò dopo, tanto durante i nostri incontri-scontri abbiamo avuto rapporti professionali e quindi non può negarmi una chiacchierata. Matteo non sembra restio a comunicare, preferisce WhatsApp, e a me sta bene in fondo. L’importante è dargli modo di raccontare.

Mi descrive le battute inutili proferite continuamente dal docente e di come queste siano amplificate dal vivere in una classe completamente maschile. Il prof ama molto tirare in ballo la sessualità e la prevalenza della forza mascolina. Non mi meraviglio, ci credo: lo conosco. Spesso fa riferimento ai modi gentili di Matteo e con ironia utilizza riferimenti al femminile. La frase che mi colpisce maggiormente è questa: “Anche chi non si permette di dirmi niente in altri momenti, in quelle situazioni si scaglia contro di me, cambia espressione, sembra invogliato dall’autorizzazione del nostro insegnante”. Si ferma e aggiunge: “Tutto questo mi fa ancora più male!”.

Cosa è accaduto quel giorno? La ricostruzione è confusa, mi dice che aveva necessità di uscire perché aveva mal di stomaco, ma all’improvviso il docente gli chiede se abbia il ciclo. Mentre tutti ridono, qualcuno gli butta addosso un pacco di fazzoletti, gridando: “Voi non uscite mai senza questi!”. Inizia a piangere, lui lo invita a non fare la femminuccia e a stare allo scherzo: tra uomini si fa così. Matteo piange e mi racconta che è talmente forte lo spasmo che ha nel versare le lacrime che a poco a poco i suoi compagni smettono di ridere e piomba il silenzio. Il prof riprende a far lezione e lui resta solo a calmarsi. Mi scrive che il tempo si è fermato in quell’istante: doveva andare lontano da quel posto e da quella classe.

Appena terminato il racconto, però, cambia modo di fare, come se non potesse permettersi di sbagliare, come se, tra l’altro, lui potesse aver sbagliato qualcosa. Sostiene di non volere che la cosa si sappia in giro. Esprimo le mie perplessità. Mi risponde che a casa non avrebbe conforto. Infine incalza: “Prof, ma non mi fate la solita domanda?”. Con naturalezza rispondo: “Devi dirmi qualcosa?”. Lui risponde: “Ora no”. Mi permetto solo di aggiungere che nessuno merita di essere trattato in quel modo e che ogni volta che accettiamo queste vessazioni è come se diventassimo carnefici della nostra esistenza.

In tutta la nostra conversazione mai sono state proferite le parole “gay” o “omosessuale”, ma so per certo di continui epiteti dialettali a lui rivolti. Matteo non è ancora pronto nemmeno per se stesso e questo lo rende fragile due volte, esposto ad una doppia sofferenza.

* * *

Matteo, notizia di questi giorni, ha cambiato sezione. Nessuno è mai intervenuto sui responsabili di quella vicenda che sono regolarmente lì a popolare un luogo sacro come la nostra scuola. Per lui la strada è ancora tutta da compiere, ma è importante sapere di non essere soli anche quando tutto ciò che ti circonda somiglia all’inferno.

* * *

50 anni, forse qualcosa in più. Laurea in discipline scientifiche. Incrociato in un istituto del foggiano, abbiamo la necessità di doverci confrontare per motivi lavorativi per svariato tempo. Già in passato abbiamo avuto vivaci discussioni per situazioni similari. Non sopporto lui, perché è una persona che pensa di poter umiliare gli altri contando sul suo ruolo di docente. E non sopporto quello che ha fatto a Matteo, utilizzando dei tratti del suo carattere per farne oggetto di scherno e facendo sentire il gruppo dei compagni autorizzato a vessarlo per il solo fatto di costituire una maggioranza, di avere la forza dei numeri.

Il fatto di aver condiviso esperienze professionali mi consente di chiedergli uno scambio di opinioni dopo l’ultimo accadimento. Non si rifiuta, ma non lo fa con piacere: ha sempre manifestato disagio a parlare con me di argomenti extrascolastici. Non ha mai chiesto cosa facessi né informazioni personali, ma, come si suol dire, mi ha preceduto la mia fama di insegnante omosessuale. Non considero più certi atteggiamenti come una novità. Parto da quel che ho visto e che so della vicenda che ha coinvolto Matteo e gli domando cosa sia accaduto secondo lui, poiché le versioni sono molte e si parla di attacchi omofobici.

Alla domanda solleva le spalle e afferma: “Oggi vi riempite la bocca con questa parola. E’ sufficiente ricordare quali sono i ruoli che competono a uomo e donna per farvi sparare queste boiate”. Mi sono promesso di non fare commenti e di mantenermi terzo, ma incalzo: “Non mi hai risposto, però”. “Gli ho semplicemente detto di non continuare ad essere così donnicciola e di rendersi conto che un domani avrebbe dovuto fare l’uomo” replica, serenamente. Mi guarda e aggiunge: “Tutto qui”.

“Ma ti rendi conto che questa frase, detta davanti alla classe, lo ha inevitabilmente messo in difficoltà?” gli chiedo. Lui si innervosisce e mi ricorda che la normalità è altra ed avere parrocchiani comuni al di qua e al di là della cattedra non rende l’anormalità assimilabile alla vita quotidiana. Lo vedo, è contento. Sa di poter colpire me così.

Sono un tipo che ha reazioni di pancia e sono tentato dal mandarlo a quel paese. Ultimamente però sto cercando di dialogare con tutti, anche con chi non ha nulla in comune con me. Gli domando: “E se fosse successo a tuo figlio?”. Mi rammenta che il figlio è fidanzato, però aggiunge che un figlio è sempre tale, ma non sa che reazione potrebbe avere. I pantaloni a casa sua non li portano in due: questo gli è stato trasmesso e questo ha insegnato. Sorrido. “Pensi che esistano educazioni protese a divenire omosessuale? – gli chiedo – Guarda, non fosse altro che per le difficoltà del vivere quotidiano, sarebbe meglio far parte della schiera della maggioranza – magari non degli imbecilli – ma comunque di quelli che non devono piangere per delle uscite come quelle pronunciate da te”.

Si alza. Comprendo che la nostra conversazione è terminata.

Mi permetto di aggiungere che molti docenti sono pronti a parlare di differenze che producono disuguaglianze, di libertà e di diritti e che per ogni terreno arido ci sarà qualcuno pronto a prendersene cura. Mi sento fragile, so che non sarà così nella classe di Matteo, come in tante altre. Chi controlla i controllori? Resistiamo tutte e tutti, “gender” o non “gender”, quando ci sentiamo umiliati affidiamoci a qualcuno che ci spieghi la meraviglia dell’essere unici, perché in ogni scuola c’è qualcuno su cui poter contare. Ma questo non è consolante.

 

Gianfranco
©2015 Il Grande Colibrì

3 Comments

  • Jean-Paul Malfatti ha detto:

    "Fino a quando ci saranno genitori, educatori, scrittori, filosofi, pensatori, politici e soprattutto leader religiosi omofobi, razzisti o semplicemente bigotti, ci saranno discriminazioni, pregiudizi e altre imbecillità del genere."

    Jean-Paul Malfatti, aspirante poeta e scrittore gay.

    Fonte: http://tinyurl.com/AP240214

  • Manlio Converti ha detto:

    6) ORIENTAMENTO SESSUALE: tra i tre e i cinque anni, dopo aver abitato il proprio corpo in modo cisgender o transgender i bambini e le bambine rivolgono la propria attenzione ed il proprio desiderio verso gli altri, secondo il proprio innato orientamento sessuale: OMOSESSUALE (1/10 bambini), ETEROSESSUALE (6/10 bambini), BISESSUALE (3/10 bambini), PANSESSUALE (mai calcolato), ASESSUALE (mai calcolato). Ogni forzatura nei loro confronti verso uno solo di questi orientamenti sessuali è un maltrattamento ed una violenza. Alcuni adulti approfittano dei bambini gay/bisex e delle bambine eterosessuali: sono i pedofili e dobbiamo insegnare ai bambini e alle bambine a difendersi da costoro. La pedofilia o la zoofilia non hanno nulla a che vedere con l'omosessualità e questa confusione voluta dagli omofobi è un'ulteriore forma di violenza contro i bambini e le bambine, non solamente quelle lesbiche, gay e transgender.

    7) COMPORTAMENTO: non tutti i bambini giocano a pallone e fanno i duri e non tutte le bambine giocano con le bambole e fanno le sciocche sdolcinate. Tutti i bambini e le bambine dovrebbero avere il diritto di giocare a quello che vogliono e a comportarsi in modo libero senza discriminare quelli EFFEMINATI e quelle MASCOLINE.

    8) RUOLO: come per i giochi così nella vita non è possibile che casalinga sia solo una donna e astronauta solo un maschio. In nessun modo avere uguali ruoli nella vita cambia l'orientamento sessuale delle persone o la loro identità di genere.

    9) PARENTELA ed EDUCATORI : avere dei parenti o degli educatori gay, lesbiche, transgender, effeminati, mascolini e via dicendo è una causa di discriminazione inaccettabile per i bambini e le bambine. Le persone LGBT sono genitori ed educatori assolutamente adeguati al proprio ruolo.

    10) COMING OUT: ci sono bambini e bambine che non possono nascondere la propria diversità e ci sono bambini, bambine e adolescenti che parlano apertamente del proprio orientamento sessuale e della propria identità di genere. Questi bambini sono eterosessuali, omosessuali, bisessuali e transgender e non si capisce per quale motivo solo quelli eterosessuali siano autorizzati a farlo apertamente mentre debbano essere maltrattati tutti gli altri. Il Coming Out è il normale comportamento sociale e relazionale dei propri sentimenti e delle proprie emozioni, impedire a bambini, bambine e adolescenti di esprimersi è una violenza mostruosa.

    11) IDEE PARANOICHE: l'idea che sia possibile influenzare l'orientamento sessuale o l'identità di genere è FALSA, l'effetto è solo quello di torturare un bambino o una bambina. L'idea che ci siano orientamenti sessuali o identità di genere sbagliate è FALSA, l'effetto è solo quello di torturare bambini e adolescenti. L'idea che siamo stati “creati maschi e femmine” è FALSA, esiste l'evoluzione e forse è venuto il momento che gli omofobi e i transfobi imparino qualcosa anche loro. Ecco un lavoro italiano specifico pubblicato su rivista internazionale.

    Psicopatia, Meccanismi di difesa immaturi e disturbo di personalità paranoide associati all'attitudine all'omofobia.
    http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/jsm.12975/full

  • Manlio Converti ha detto:

    ANTIDOTO ALLA PARANOIA DA GENDER

    I BAMBINI e LE BAMBINE sono anche LESBICHE, GAY e TRANSGENDER

    FERMIAMO L'OMOFOBIA e LA TRANSFOBIA NELLE SCUOLE ITALIANE

    BASTA CON LA PARANOIA contro L'INESISTENTE TEORIA GENDER
    Questa paranoia che danneggia bambini, ragazzi e adolescenti di ogni genere.

    ECCO L'ELENCO DELLE CAUSE di BULLISMO OMOFOBICO nelle SCUOLE:

    1) GENETICA: non tutti nascono XX ed XY; ci sono anche bambini e bambini X0, XXY ed XYY (1/400 bambini) e in ogni caso anche gli altri cromosomi modificano sesso, genitali e genere.

    2) FENOTIPO: non tutti i bambini e le bambine nascono con i genitali perfetti o enormi; ci sono molte varietà di ermafroditismo; questi bambini sono chiamati INTERSESSUALI ma in Italia c'è l'abitudine di torturarli modificando i loro genitali (1/10mila bambini)

    3) ASPETTO: non tutti i bambini sono rudi e tutte le bambine gentili; molti bambini hanno un aspetto delicato e i capelli lunghi e molte bambine un aspetto rude e i capelli corti per loro propria natura, indipendentemente dall'orientamento sessuale e dall'identità di genere.

    4) IDENTITA' di GENERE: dopo i tre anni i bambini e le bambine abitano il proprio corpo (fase genitale dell'evoluzione psicologica); questo fenomeno è automatico; chi si trova bene con il proprio corpo è detto “cisgender”, ma ci sono anche molti bambini e bambine che dicono apertamente di essere del sesso opposto “transgender”; (1/1000 bambini); di questi bambini saranno transessuali da adulti solo l'11%, gli altri saranno prevalentemente gay, lesbiche o bisessuali.

    5) ABBIGLIAMENTO: non tutti i bambini, nonostante le imposizioni della moda e del mercato, vestono di blu e verde e non tutte le bambine vestono di rosa, rosso e lilla. Tutti i colori dell'arcobaleno dovrebbero essere a disposizione di tutti i bambini, incluso il nero e il bianco, senza che i bambini vengano discriminati.

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