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E’ sempre difficile descrivere in modo lineare il rapporto tra bullismo omofobico e scuola. Il risultato presenta sempre luci ed ombre e finisce con il somigliare più che ad ogni altra cosa ad un mosaico. Nelle scuole romane, dove è più forte l’impegno contro la discriminazione, la reazione colpisce ancora una volta: è accaduto al liceo Socrate, dove sono in atto diversi progetti scolastici anti omofobia e dove sono comparse l’altra notte due scritte, prontamente rimosse dalla dirigenza scolastica, “Froci vi uccidiamo” e “Froci al rogo” (Roma Today). Ma appena un mese fa erano comparse scritte non troppo dissimili (“Frocio dimettiti“) contro un rappresentante d’istituto al liceo Tacito (la Repubblica).

E se le reazioni in questi episodi appaiono di pressoché unanime condanna, stupisce (ma non troppo) che siano spesso le scuole stesse ad adottare comportamenti discriminatori. Può accadere lasciando liberi gli studenti di indossare magliette con messaggi omofobici a scuola, come accaduto nel Connecticut (CBS) oppure vietando l’uso del bagno delle bambine a Coy Mathis, una trans di 6 anni, che si sente completamente femmina e che esprime da sola con ingenua consapevolezza la sua situazione, che nemmeno i genitori riescono ad esprimere apertamente: “Dicono che sono un bambino, quando io sono una bambina in realtà” (KDVR).

Certo, non sempre la situazione si presenta facile per gli educatori, e a volte persino mettere in atto comportamenti antidiscriminatori può sembrare inutile ed è comunque complicato, ma negli USA le scuole stanno in molti casi provando a farlo, sebbene non a tutti appaiano evidenti i risultati di questa politica (Huffington Post).

Tuttavia qualche miglioramento c’è stato, se una ricerca condotta per sette anni ha dimostrato che la percentuale di ragazzi LGBTQ* che dichiarano di aver subito atti di bullismo omofobico è calata del 9% nel corso degli anni presi in considerazione (Associated Press), anche se non è detto che dipenda dalle scelte antiomofobiche delle scuole, in un Paese dove la politica ha fatto passi da gigante grazie alle amministrazioni di molti stati e alle dichiarazioni dei suoi leader nazionali.

Certo la politica non può essere la sola responsabile dei cambiamenti, in bene o in male. Ma di sicuro non aiutano i rappresentanti repubblicani che combattono le politiche antidiscriminatorie delle scuole del Texas (Dallas Voice), così come spesso non aiutano i rappresentanti delle religioni o, nel caso specifico, delle scuole religiose che a Manitoba (in Canada) si oppongono alla legge anti-bullismo approvata dallo Stato, che violerebbe la loro libertà religiosa costringendole ad accogliere tra le loro mura un’alleanza gay-etero finalizzata a combattere l’omofobia (CBC News).

Un atteggiamento non molto diverso lo mostra una lobby cristiana australiana che tenta di opporsi al programma antibullismo approvato nel New South Wales sostenendo che i bulli non hanno come obiettivo gli studenti gay, ma arrivando anche a dire che con questa norma si discrimina la libertà di sostenere che la condotta gay sia disdicevole ed innaturale: “Come gli studenti che sono attratti dal fumo non dovrebbero essere incoraggiati ad una pratica dannosa per la salute, ugualmente chi è attratto da persone del proprio stesso sesso non dovrebbe essere incoraggiato ad abbracciare uno stile di vita foriero di seri rischi per la salute” (Gay Star News).

E quello che più sembra importante è che si raggiungano standard accettabili di accoglienza nei confronti della popolazione scolastica LGBTQ*, evitando comportamenti discriminatori nei confronti di studenti attivisti (Lambda Legal) o di insegnanti apertamente omosessuali (Michigan Radio), ma anche allontanando la possibilità di ospitare interventi di persone apertamente omofobe, come ha saggiamente fatto l’Università di Reading annullando l’incontro con il predicatore musulmano Abu Usamah at-Thahabi, che definisce gli omosessuali “cani sporchi, lerci e pervertiti che andrebbero uccisi” (Pink News).

Con buona pace del leader anti gay Brian Camenker, che denuncia con forza come le politiche antidiscriminatorie in difesa della popolazione studentesca LGBTQ* trasformano le scuole “in campi di concentramento nazisti” (Right Wing Watch). Farebbe quasi ridere, se non facesse paura.

 

Michele
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