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Assistere al Gay Pride, per un immigrato gay proveniente dal Medio Oriente, è un miracolo che si ripete ogni 365 giorni! È da una decina di anni che non manco al Pride della mia città del cuore: Bologna.

Un immigrato che parla di immigrati

Quando due membri della mia associazione, Il Grande Colibrì, mi hanno invitato a partecipare alle riunioni del Comitato Pride Bologna 2018 per presentare le istanze della comunità LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali) migrante, ho subito accettato l’invito. Durante l’unica riunione alla quale sono riuscito ad assistere ho scoperto che si tratta di un altro momento importante del Pride: è un Pride nel Pride!

Mi ha colpito la sensibilità e la calda e gioiosa accoglienza delle persone presenti al tavolo quando hanno realizzato che sono un gay immigrato: ora sì che a parlare delle istanze degli immigrati è un immigrato! Mi è stato chiesto di preparare un discorso. Solitamente gli immigrati assistono in modo passivo alla vita politica e sociale. Mi sentivo “sotto esame”. Ho scritto il discorso e poi l’ho condiviso con alcuni membri di Il Grande Colibrì, i quali mi hanno aiutato a sintetizzare alcuni concetti e a migliorarne altri. È stato un bel lavoro di squadra.

Abbiamo coinvolto l’associazione Migrabo’ e siamo saliti insieme, uniti, sul palco del Pride. Solo quando sono salito sul palco ho realizzato quanta gente c’era e per un attimo il panico mi ha bloccato. Alcuni hanno ripreso a fare gli applausi come se avessero compreso la mia difficoltà. Ho parlato alla folla della mia Siria ferita. La gente ascoltava e applaudiva. I visi erano luminosi di gioia e di stupore davanti a questo immigrato che, tutto sommato, conosce bene la lingua italiana e ha abbastanza coraggio da toccare certi temi.

“Vattene in Siria, prima gli italiani!”

Alcuni purtroppo mi hanno detto “Tornatene in Siria!“. Io credevo di aver sentito male. Ho continuato il mio discorso e la folla interagiva con tanto slancio e gioia. Ma gli insulti continuavano ad arrivare, soprattutto da una signora vestita di nero che era presente vicino al palco, ma non era l’unica. Sentivo affermazioni del tipo: Tornatevene a casa!“, “Prima noi!, “Prima gli italiani!“. Quando parlavo di come viene usata la retta da 35 euro nei progetti dedicati ai richiedenti asilo, i toni diventavano più insistenti: “Sono 45!“, “Sono 100 euro!“, “Gli italiani prima!“, “Andatevene a fanculo!“.

Non nego che a un certo punto io mi sono bloccato: mi era sparita la voce. Ho cercato di scappare con lo sguardo e guardando lontano ho riconosciuto, grazie alle bandiere, un gruppo di persone con il quale condivido da anni un bel percorso di attivismo, e allora mi sono sbloccato e ho ripreso il discorso. Ho parlato dei richiedenti asilo che fanno i lavori socialmente utili a ZERO euro, contrariamente alle affermazioni di alcuni politici che parlano di 1.000 euro mensili dati a ciascun richiedente asilo che fa volontariato spazzando strade, aiutando nelle mense o nelle case di riposo.

Dopo di me, la parola è stata data a Jasmine, presidente di Migrabo’. Il pubblico ha avuto una reazione molta positiva al suo discorso. Alla fine la presentatrice ha preso il microfono e ha dato un messaggio fermo e conciso nei confronti di coloro che ci hanno contestato invitandoli, con linguaggio gioiosamente colorito, ad andarsene via.

Dire che voglio ringraziare gli organizzatori del Pride rischia di essere pura retorica. Allora dico che sabato 7 luglio 2018 io sono stato all’apice del mio orgoglio come gay appartenente alla comunità LGBTQIA bolognese. Nonostante i venti gelidi di questo autunno politico e i cannibali di anime che stanno venendo allo scoperto, noi siamo e rimaniamo una serra solida, calda e accogliente per fiori di vari colori e fragranze.
 Noi tutti esistiamo e resistiamo! Viva l’Onda Pride!

Paolo Ayoubi
©2018 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì

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