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I risultati delle elezioni parlamentari in Iran del 26 febbraio hanno riacceso molte speranze: i riformisti si sono imposti come prima forza politica del paese in modo inequivocabile, mentre i seggi conquistati dagli ultra-conservatori sono crollati del 60% e i centristi si sono dimostrati una minoranza vivace. Questi dati sembrano promettenti per la pace in Medio Oriente e per il rispetto dei diritti umani in Iran, ma possiamo aspettarci aperture anche nei confronti della comunità LGBTQI (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali)? Ne discutiamo con Kevin Schumacher, coordinatore per Medio Oriente e Africa settentrionale di OutRight Action International, organizzazione internazionale con cui abbiamo recentemente pubblicato la graphic novel “Yousef e Farhad” [Il Grande Colibrì].

Il voto del 26 febbraio ha segnato la vittoria dei riformisti sugli ultraconservatori, anche se nessuna forza ha ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi: queste elezioni segneranno un punto di svolta nella politica iraniana sui diritti umani?

L’intera società civile potrà trarre benefici dall’avere un parlamento più moderato, ma il movimento per i diritti sessuali in Iran ha bisogno di una discussione pubblica e onesta sulla possibilità di disporre del proprio corpo, sui diritti sessuali e sulla libertà di amare degli individui. Il parlamento attuale lavora all’interno dei parametri della Repubblica islamica, che non tollera nessuna apertura ai diritti sessuali, omosessualità compresa.

Da dove potrebbe nascere una svolta, allora?

Questi non sono diritti che possano derivare da processi politici: abbiamo bisogno, invece, di un movimento sociale e culturale che incoraggi un dibattito sul tema è che spinga i cittadini iraniani a essere più aperti su queste questioni e a sfidare i tabù e gli stereotipi sociali dominanti.

I riformisti sono vicini al presidente Hassan Rouhani: come giudichi la sua azione per quanto riguarda i diritti delle persone LGBTQI?

Durante la sua presidenza, Rouhani non ha fatto nulla, né in bene né in male, per quanto riguarda i diritti delle persone LGBTI. Credo che sia importante sottolineare che, nonostante le sue visioni liberali sulle questioni legate a libertà di parola, elezioni, accesso alle informazioni online, protezione della privacy delle persone e relazioni aperte con gli altri paesi, il governo di Rouhani non ha considerato degni di considerazione i diritti delle persone LGBTI: non hanno mai attaccato l’omosessualità, ma non hanno mai neppure fermato gli altri politici che attaccavano l’omosessualità.

Possiamo sperare in miglioramenti “indiretti” legati alla situazione dei diritti umani in generale?

Sì: se le idee di Rouhani su libertà di parola, privacy e accesso senza censure alle informazioni online diventassero realtà, l’apertura nella sfera politica presenterebbe vantaggi per molte persone, inclusa la comunità LGBTI iraniana.

Come hanno notato molti osservatori, la retorica del regime iraniano rispetto al passato è meno basata sulla religione ed è sempre più incentrata sul nazionalismo: questi cambiamenti hanno influenzato il discorso ufficiale sull’omosessualità?

Come dicevo prima, il tema dei diritti delle persone LGBTI in Iran richiede un dibattito sociale su un argomento difficile che è stato considerato un tabù per decenni. L’attuale clima politico non è favorevole a un dibattito di questo tipo e, in un certo senso, lo considera contro i suoi “valori” conservatori. In Iran, mentre le severe leggi contro la sodomia si basano su un’interpretazione gretta della sharia, l’omofobia e la transfobia hanno radici che affondano in tradizioni culturali più antiche della Repubblica islamica.

Puoi fare un esempio?

Il governo iraniano riconosce il diritto delle persone trans di sottoporsi a un intervento chirurgico di rassegnazione del sesso, ma la società rimane ostile nei confronti di questo fenomeno e la transfobia continua a dilagare nella società iraniana. “Facing mirrors” (Specchi riflessi), un film di Negar Azarbayjani uscito nel 2011 [v. video], mostra bene questa ostilità verso la comunità trans.

La fine delle sanzioni aiuterà la società, la cultura e la politica in Iran ad aprirsi di più all’influenza del resto del mondo?

Secondo me sì. La fine delle sanzioni ha mostrato come il punto di vista isolazionista e xenofobo dei conservatori non funziona e come l’approccio dei moderati ad aprirsi alla comunità internazionale sia un approccio più razionale e vantaggioso. Questi scambi culturali ed economici con il mondo esterno permettono una maggiore esposizione alla comunità internazionale e sfidano la società a diventare meno ideologica e più pragmatica sulle proprie idee politiche.

Pier Cesare Notaro
©2016 Il Grande Colibrì
immagine: Il Grande Colibrì

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