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Il football è uno sport violento, giocato da uomini con spalle larghe che se le suonano di santa ragione, al punto che alla vigilia del Super Bowl, la classica partita che mette di fronte i team campioni della stagione, più d’uno vorrebbe cambiarlo (incluso il presidente Barack Obama, come rivela Repubblica). Se è uno sport per “uomini veri” sarà quindi omofobico, pensano i più – dimenticando che nel rugby, che non è certo da meno in quanto a contatti fisici di una certa violenza, l’omosessualità non rappresenta affatto un problema (Il grande colibrì).

Invece nella finale del Super Bowl, quest’anno, si incontrano proprio due squadre che non solo non hanno niente di omofobico, ma si stanno spendendo (sia pur non unanimemente) in favore dei diritti LGBTQ* con dichiarazioni dei giocatori più rappresentativi e la volontà precisa del linebacker del Baltimore Ravens Brendon Ayanbadejo di dedicare la partita (o meglio un’eventuale vittoria) alla causa del matrimonio omosessuale. Una dichiarazione del genere potrebbe mettere perfino in ombra, secondo gli analisti, quella pronunciata da Obama per il discorso della sua rielezione. E, ciò che più conta, essere più efficace perché in grado di raggiungere e forse convincere un pubblico più variegato (The New York Times).

E di apertura ai gay nel football si sente parlare da tutti i ruoli protagonisti di questo sport, se appena un mese fa il coach Jim Harbaugh dei 49ers di San Francisco, squadra che contenderà ai Ravens la finale,  ha dichiarato che non avrebbe alcun problema ad allenare un giocatore apertamente omosessuale, purché faccia bene il suo lavoro, ricevendo l’approvazione di diversi giocatori (49ers).

In realtà già tre anni fa la più importante partita di football americano dell’anno era stata utilizzata per una dichiarazione pro LGBTQ* da parte di Scott Fujita, allora giocatore dei New Orleans Saints, ma allora la presa di posizione era stata bilanciata da quella di Tim Tebow a favore delle terapie riparative (The Nation) e, sebbene anche nelle squadre che si affronteranno la prossima settimana (a proposito, per la concomitanza il Mardi Gras di New Orleans è stato rimandato) ci siano alcuni giocatori perplessi sulla parità di diritti LGBTQ* per questioni di religione, oggi non sembra esserci spazio per dichiarazioni oltranziste e fuori dal tempo.

Cambiando paese e sport, la musica sembra non cambiare. Il giocatore di football australiano Brock McLean, complice l’amore per la sorella e la sua compagna, vorrebbe che l’omofobia non fosse più tollerata nello sport (The Age). E il campione americano di basket Kenneth Faried, soprannominato “The manimal”, posa con le sue due mamme e si esprime a favore del matrimonio omosessuale (Fox 31). Intanto, tornando al football americano, l’ex giocatore Wade Davis si dice amareggiato per non avere avuto il coraggio di venire allo scoperto quando era in attività (On Top Magazine), mentre Manti Te’o, di cui si è scoperto che la fidanzata ufficiale tale non era, nega di essere gay, ma senza per questo usare espressioni omofobiche come ci potremmo aspettare (International Business Times).

Nelle scorse settimane, del resto, un po’ da tutto il mondo dello sport sono arrivate notizie positive: la calciatrice americana Megan Rapinoe, dichiaratasi appena prima delle Olimpiadi di Londra della scorsa estate (Il grande colibrì), ha registrato un filmato per combattere contro le offese omofobiche nello sport (YouTube); il tuffatore olimpionico Chris Mears posa per la copertina di Gay Times, nelle cui pagine trovano spazio anche il famoso judoka Ashley McKenzie e la star della boxe Luke Campbell; e l’associazione femminile intercollegiale di softball dell’Ontario lancia un messaggio di apertura a tutte le atlete che vogliono dedicarsi allo sport, qualunque sia il loro orientamento sessuale (You can play project).

Infine, la campionessa olimpica di canoa, l’italiana Josefa Idem, prestata alla politica per le prossime elezioni, attacca l’altra candidata olimpica Valentina Vezzali e si dichiara a favore delle nozze gay (Vanity Fair).

 

Michele
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RASSEGNA STAMPA
Cultura. Omocausto, al Museo Diffuso della Resistenza di Torino la panchina rosa di Corrado Levi.
MOI. Francia: Jack Lang, socialista gay-friendly, presidente dell’Istituto del mondo arabo.
Mondo. India, la commissione contro gli stupri: tutte le identità sessuali meritano protezione.
Movimento. Parigi, i favorevoli alle nozze gay in piazza. Ma sono meno della metà degli omofobi…
Politica. Alemanno: sì al monumento per ricordare le vittime LGBT, rom e disabili del nazismo.

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