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Ecuador, la pensione di reversibilità alla compagna lesbica
Regno Unito, unioni LGBTQ* anche nei luoghi di culto
Sindaco incivile: Alemanno contro le famiglie omosessuali
I gay indesiderati in Iraq, fuggiti in Siria, sognano l’Europa

CRONACA Sposarsi fa bene! Non è una pubblicità di qualche Family day o partito cattolico. Tutt’altro, visto che i soggetti in questione difficilmente potrebbero gradire i risultati di una ricerca condotta da una fondazione che opera all’interno della Columbia University, negli Stati Uniti. Lo studio mette in luce come la legalizzazione di matrimoni di persone dello stesso sesso sia in grado di rendere migliore la salute degli interessati: “I risultati suggeriscono che la rimozione di questi divieti migliora la salute di gay e bisessuali” afferma Mark Hatzenbuehler, ricercatore che ha condotto la ricerca. Spia di questa miglior salute, la statistica che mostra come – laddove esista la possibilità di matrimonio omosessuale – gli studi medici vedano una quantità nettamente inferiore di visite da parte dei pazienti gay e bisex. Per la ricerca, condotta nell’arco di dodici mesi, sono stati presi come campione 1200 pazienti omosessuali: al di là della maggiore salute dei pazienti, è interessante anche notare il dato relativo al costo sociale dell’assenza di diritti per la comunità LGBTQ*. Infatti lo studio calcola che le spese mediche a carico dell’amministrazione pubblica calerebbero del 14% se il matrimonio omosessuale, con i suoi benefici effetti sulla salute, venisse esteso alla popolazione di tutti gli Stati Uniti (NY Daily News).

MOVIMENTO Non è che poi raggiunto il matrimonio sia tutto risolto. In Ecuador, per esempio, la Costituzione garantisce dal 2008 la possibilità di unirsi anche a coppie dello stesso sesso, accedendo agli stessi diritti delle coppie eterosessuali. Per questo Janneth Peña, rimasta vedova di Thalía Álvarez, riceverà reversale della pensione della compagna: si tratta del primo caso nel paese e per questo i movimenti LGBTQ* ecuadoregni festeggiano il riconoscimento di questo diritto, che fino a ieri era solo sulla carta e che ha impiegato diversi mesi a venir riconosciuto (El Comercio). Quindi le leggi avanzate non garantiscono che sia sempre così facile sposarsi: sempre in Ecuador, Eduardo e Abel vivono insieme da sei anni ed hanno finalmente deciso di fare il grande passo, unendosi ufficialmente ma hanno cominciato a trovare ostacoli, specie tra i notai che dovrebbero registrare l’atto e che – soprattutto nei piccoli paesi – rifiutano spesso di compiere il loro mandato. Inoltre con un’unione omosessuale è più difficile ottenere prestiti o un immobile in affitto e le barriere si ergono ancor più quando l’interlocutore della pubblica amministrazione è una persona transessuale che deve ottenere un documento o deve compilare moduli che non prevedono nemmeno la sua esistenza (El Comercio).

MONDO E il tentativo di bloccare le unioni di persone dello stesso sesso è norma universale dei bigotti di ogni latitudine. In Gran Bretagna Detta O’Cathain, rappresentante dei conservatori alla Camera dei Lord, ha tentato di vanificare un provvedimento governativo del 2005 volto a liberalizzare la possibilità di unioni omosessuali anche nei luoghi di culto del regno. Tuttavia la Camera alta inglese ha rigettato l’emendamento O’Cathain, ponendo così le basi per una piena applicazione, a partire dall’anno prossimo, dell’innovativa norma e riscuotendo il plauso di Symon Hill, direttore associato del gruppo Ekklesia (che riunisce cristiani, ebrei e gruppi di fede che sono disposti ad ospitare le unioni omosessuali nei propri templi) anche se “questo importante passo per l’uguaglianza del matrimonio nel Regno Unito, anche se esso rimane ingiusto perché persone diverse per sessualità o religione hanno diritti diversi“. Soddisfatto anche il lord Waheed Alli, gay musulmano laburista (Il grande colibrì) che ha fatto notare come la norma preveda la possibilità di celebrare questi riti, non l’obbligo. Tant’è che la chiesa d’Inghilterra, la chiesa metodista e (ovviamente) la chiesa cattolica hanno prontamente fatto sapere che i loro edifici non saranno disponibili per le unioni di persone dello stesso sesso (Ekklesia).

POLITICAUna città accogliente, aperta a tutti, che combatte ogni giorno contro tutte le forme di discriminazione e di intolleranza“: quando, a giugno, il sindaco Gianni Alemanno dipinse con queste parole (e ovviamente solo a parole) una Roma dei sogni per dare il benvenuto all’Europride (Il grande colibrì) ricevette non pochi elogi. In tanti dimenticarono che al collo non porta il tau di san Francesco, ma la croce celtica. Per fortuna ci pensa lo stesso Alemanno a rinfrescarci la memoria sulla sua cultura fascista e omofobica, bollando l’istituzione dei registri per le unioni civili in due municipi della Capitale (Il grande colibrì) come “un intervento sbagliato, segno più di una provocazione ideologica che di un’attenzione alle vere esigenze e bisogni della famiglia” (Romacapitale). Il sindaco, d’altra parte, ha dimostrato di tenere moltissimo ai bisogni delle famiglie, soprattutto a quelli delle famiglie dei suoi ex (?) camerati, che hanno potuto soddisfare le proprie esigenze attraverso le assunzioni abusive di figli, coniugi e parenti vari nelle società partecipate del comune…

MOICom’è possibile che queste azioni di brutalità e violenza continuino in un nuovo Iraq ‘liberato’, ‘libero’ e ‘democratico’?“: con questa domanda, purtroppo retorica, si conclude “Iraq’s unwanted people” (Gli indesiderati d’Iraq), un breve documentario sull’inferno vissuto dagli omosessuali fuggiti dall’Iraq in Siria, realizzato da Gay Middle East, con la collaborazione di Iraqi LGBT e di alcuni attivisti siriani. Il video, attraverso alcune intense testimonianze, ricorda che oltre 700 gay sono stati uccisi in Iraq a causa del loro orientamento sessuale dal 2003 a oggi, cioè negli anni in cui la missione militare di USA e alleati prometteva democrazia e sicurezza. Molti più omosessuali sono stati vittime di minacce, ricatti, violenze e torture. In tanti sono fuggiti in Siria, dove hanno trovato prima uno stato ostile (ricordiamo che Damasco punisce l’omosessualità con il carcere) e poi il caos di questi mesi, tra proteste e repressioni violentissime. “Non sono niente, non sono nessuno, ho ancora moltissima paura che qualcuno mi venga a cercare. Dormo con una pistola sotto il cuscino tutte le notti. Il mio sogno è quello di iniziare presto una nuova vita in Europa e di dimenticare il mio passato” racconta Siras. Chissà se la “libera” e “democratica” Europa vorrà accogliere questi figli indesiderati della sua guerra… (segui MOI Musulmani Omosessuali in Italia)

 

Michele e Pier
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