Skip to main content

Il governo è autoritario. Il paese è spinto verso terribili scenari bellici, nell’inseguimento di assurdi sogni imperiali. L’economia va male e le prospettive per il futuro sono persino peggiori. La Russia allora vuole voltare pagina? Neanche per sogno! Secondo gli ultimi sondaggi Vladimir Putin raccoglierebbe l’approvazione dell’86% dei russi, tra i quali una maggioranza abbondante (57%) lo rieleggerebbe senza esitazioni (themoscowtimes.com). Altro che dittatore al governo senza il consenso del popolo: il potere di Putin gode di un sostegno popolare che fa invidia ai i leader occidentali e che forse non sarà scalfito neppure dallo scandalo dell’omicidio, ancora poco chiaro, di Boris Nemtsov, uno dei principali oppositori al regime (se l’assassinio non è stato deciso nelle cerchie del presidente, comunque costui ne potrebbe trarre vantaggio, ad esempio come giustificazione di ulteriori politiche repressive).

La situazione può sembrare assurda, ma negare l’evidenza sarebbe controproducente. Serve, invece, riconoscere e analizzare la realtà, anche per migliorare la battaglia per promuovere i diritti delle persone LGBT nel paese. E allora com’è possibile che i russi siano così incantati dal fascino di Putin? E com’è possibile che credano a tutte le panzane assurde che sentono a proposito degli omosessuali? Le risposte non sono semplici.

Gran parte dei russi sembra consapevole che Putin sia un limite alla democrazia e alle libertà, ma riconosce in lui il campione della stabilità politica ed economica, cioè di un valore giudicato come supremo. Per capire meglio la questione occorre tornare al crollo dell’Unione sovietica e agli anni Novanta del secolo scorso. La libertà è stata presentata ai russi con la maschera di privatizzazioni selvagge che hanno creato una ristretta oligarchia economica ricchissima mentre il paese era in balia di pesanti crisi politiche e finanziarie e la popolazione si impoveriva drammaticamente. Il trauma di quegli anni spiega perché la stabilità goda di una reputazione molto migliore rispetto alla libertà – e poco importa se la libertà è ben altra cosa e se Putin non ha potuto né voluto risolvere i problemi sorti negli anni Novanta.

Putin ha sfruttato con grande abilità questa situazione per presentarsi come il salvatore della patria, accentrare su di sé il potere e mettere a tacere l’opposizione politica e sociale, bandendola dalla televisione (mezzo esclusivo di informazione per nove russi su dieci) e facendola dipingere costantemente come un pericolo per il paese. Lo stesso meccanismo sta alla base della guerra di Putin contro le persone LGBT e contro gli immigrati: Putin prende un sostrato culturale problematico preesistente, fatto anche di omofobia e razzismo, e lo sfrutta per giustificare l’accumulazione di un potere sproporzionato. E fa tutto in un quadro d’azione sorprendentemente unitario.

Le campagne contro l’omosessualità, ad esempio, non sono solo semplici strumenti per sviare l’attenzione del popolo dai fallimenti del governo, come in altri paesi (Nigeria, Uganda, Egitto, Birmania…), ma sono anche ingranaggi di un più ampio processo di apparente restaurazione che è sempre più il fondamento dell’ideologia putiniana. Vladimir il grande pretende di ricostruire al tempo stesso il mitico impero sovietico e il mitico impero zarista, di riportare la Russia contemporanea al suo passato glorioso, fatto di cristianità ortodossa, omogeneità etnica e grandi e felici famiglie eterosessuali. Il discorso si basa su evidenti falsità e contraddizioni, ma cosa importa? Funziona.

[D’altra parte in un paese più libero e pluralista come l’Italia funziona benissimo il racconto dell’Italia felice di prima della minaccia dell’ideologia del gender, di prima dell’introduzione dell’euro, di prima dell’arrivo degli immigrati e – perché no? – di prima dell’avvento della Repubblica. Se sei un politico che non sa capire il presente e non sa immaginare il futuro, punta il dito contro qualche minoranza e racconta la favola di un passato mitologico: può essere un mezzo molto efficace per rastrellare voti.]

A fare da contrappunto all’abilità politica di Putin non poteva ovviamente mancare il fallimento dell’opposizione che, anche se è ben lontana dall’essere diabolica come la dipingono i mezzi di informazione vicini al regime russo, sembra troppo elitaria, lontana dai problemi della vita quotidiana, apparentemente ignari delle preoccupazioni della gente comune. Ma, a guardare meglio, il fallimento dell’opposizione russa sembra un fallimento molto più ampio e generale, che interroga ciascuno di noi personalmente: libertà e democrazia, diritti e uguaglianza sembrano concetti sempre più astratti e a volte persino meschini, i loro difensori troppo spesso sanno tradurli solo in azioni di corto respiro o in slogan tanto altisonanti quanto privi di sostanza.

E la comunità LGBT non sembra sfuggire a questa tendenza generale, rincorrendo dichiarazioni omofobiche per alimentare la polemica quotidiana o dichiarazioni gay-friendly da cui trarre improbabili promesse per il futuro, in un turbinio di parole che rubano la scena alle tante iniziative positive che pure vengono sviluppate ogni giorno.

Questo si riflette anche nell’atteggiamento di fronte all’omofobia russa: alle tantissime parole di condanna lette sui social network, è corrisposto il fallimento della piccola raccolta fondi promossa nel 2013 (ilgrandecolibri.com). E non solo non siamo capaci di spiegare il bene dei diritti e ci limitiamo a raccontare il male della loro violazione, ma a volte scegliamo linguaggi controproducenti e assurdi, come i fotomontaggi di Putin con rossetto e ombretto – l’immagine, dal senso poco chiaro (il travestitismo è motivo di denigrazione?), non aiuta minimamente la lotta delle persone LGBT in Russia, anzi.

Ancora più danni li crea l’incoerenza occidentale: gli strali contro le olimpiadi di Sochi mentre si dà il via libera ai mondiali in Qatar, Obama che punta il dito contro Putin ed elogia il re saudita Abdullah, l’Unione Europea che critica le leggi russe contro la “propaganda gay” mentre alcuni stati membri discutono proposte identiche… A molti russi sembra che per l’Occidente i diritti delle persone LGBT siano un pretesto per delegittimare la Russia, mentre altri stati vengono lasciati in pace. E’ una visione estremizzata, ma di fronte a queste incoerenze, scandalose in sé e opportunamente strumentalizzate, molti russi sentono crescere il senso di assedio, sentono diminuire la fiducia negli occidentali e nei gay (quinte colonne degli stranieri assedianti) e si stringono intorno a chi promette di proteggerli, cioè Putin.

Meccanismi così complessi richiederebbero l’apertura di un dibattito molto articolato all’interno del movimento LGBT e delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani, perché non esistono soluzioni facili né sarà sufficiente l’impegno di riflessione di poche persone. Il pericolo della Russia, superpotenza dell’omofobia intenzionata a esportare ovunque i propri “valori” (e basti considerare le risposte di molti partiti dell’estrema destra europea in ascesa e di una parte dell’estrema sinistra per valutare l’ampiezza dei rischi), richiederebbe un vero movimento che, attraverso idee e progetti, strappi la libertà al mondo delle idee vaghe ed astratte e le dia un corpo, mani per fare, piedi per camminare.

Pier Cesare Notaro
©2015 Il Grande Colibrì
foto: World Economic Forum (CC BY-NC-SA 2.0)

One Comment

Leave a Reply