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Lo scorso mese di settembre, Vladislav Dyadchenko, un imprenditore russo ha deciso che avrebbe fatto sparire le bandiere rainbow dal suo paese. Brevettando la sequenza dei sei colori che universalmente identificano le comunità LGBTQIA+ (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali), avrebbe fatto in modo che questa “non venisse più esposta da nessuna parte”.

“Nel nostro paese -afferma- questo tipo di propaganda è proibito dallo stato. Adesso, io voglio sostenere le nostre autorità e tutti quelli che condividono il nostro legame spirituale: voglio avere un brevetto, in modo che questo schifo non si possa più vedere da nessuna parte, e che non lo possano vedere i miei figli. Che [le persone LGBTQIA+, ndr] si incontrino nelle cantine, facciano ciò che vogliono, ma non posso tollerare che le loro azioni escano da quelle cantine”.

Dopo circa un anno, Rospatent, l’ufficio federale che si occupa dei brevetti, ha rifiutato la richiesta di Dyadchenko.

“La bandiera rainbow -si legge nel comunicato- è il simbolo internazionale della comunità LGBT, un’associazione di persone con orientamenti sessuali non tradizionali”.

Quindi, non è possibile identificarla con un prodotto o un’azienda in particolare.
Nonostante il rifiuto, Dyadchenko non si è arreso:

“si tratta del simbolo di un’organizzazione che non solo è presente nel nostro paese, ma che è anche ostile alla nostra società. Il suo scopo è quello di corrompere la nostra gioventù”.

Ha poi annunciato di volere “ridare l’arcobaleno ai bambini” per evitare che venga usato “per scopi antisociali”.

Non si sono fatti attendere i commenti, talvolta sarcastici, del mondo LGBTQIA+ russo, dal suggerimento di brevettare anche la bandiera degli USA e dell’UE, a prendere in considerazione il fatto che la campagna omofobica sia arrivata alla paranoia, fino a dichiarare che “il nazionalismo è un problema mentale”.

Il tentativo di Dyadchenko non è comunque campato in aria come sembra: pochi mesi prima, lo stesso ufficio aveva approvato, ed in tempi incredibilmente rapidi, la registrazione, da parte di un’azienda russa, di un logo praticamente identico a quello di un progetto dell’oppositore Aleksej Naval’nyj.

 

Alessandro Garzi
©2022 Il Grande Colibrì
immagine: elaborazione da foto di Jasmin Sessler da Unsplash

 

Alessandro Garzi: “Ho sempre avuto un interesse per i diritti civili. Al momento, cerco di capire qualcosa sulle politiche verso le persone LGBTQIA+ nei paesi dell’Europa centrale ed orientale, e di far conoscere cosa sia l’orientamento asessuale e il mondo che lo circonda” > leggi tutti i suoi articoli

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