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“Shape Without Shame” (Forma senza vergogna) nasce dall’idea di due giovani ragazzi: Giacomo Galeotti è un artista e attivista LGBTQI italiano, mentre Riccardo Righi è fotografo e graphic designer. Il loro è un vero e proprio manifesto estetico visivo, ma personale, come tengono a ricordare gli autori. “Shape Without Shame ha in sé più di un’istanza: è un progetto umanistico, e anche sociale, nel suo voler scardinare il pregiudizio, però prima di tutto è un progetto artistico.

“Shape Without Shame” [Facebook] non dà risposte, ma comporta una riflessione seria, e quindi impone la domanda. Non è una dottrina estetica moralista, ma un progetto inclusivo e pluralista che vuole raccontare il corpo e tradurlo in parola, immagine, o qualsiasi altra forma artistica. È un progetto che ricorda i diversi modi di vivere il proprio corpo e lo fa con forme morbide, rotonde, leggere, magre, spigolose, e così via. Il fine è quello di isolare la parola “shame” (vergogna) dalla parola “shape” (forma). Ne abbiamo parlato con Giacomo e Riccardo.

Il nome del vostro progetto è già un manifesto chiaro del vostro pensiero sulla “bellezza”. Come nasce l’idea di “Shape Without Shame”?

Giacomo: Il nostro progetto si è sviluppato in diverse fasi. L’idea è partita nell’estate del 2015. Io e Riccardo già ci conoscevamo e, dopo aver fatto un percorso personale in cui ho accettato la mia fisicità e ho iniziato a piacermi, ho compreso che di conseguenza ho iniziato a piacere anche agli altri. Ho notato nei miei confronti, da parte dei chaser della comunità LGBT, una gran vergogna: erano quasi tutte persone disponibili al sesso e a nient’altro. Mi sentivo come se fossi un frutto proibito, quasi colpevole… un desiderio da nascondere nella notte.

Ne parlai con Riccardo e da lì nacque il nome e poi pian piano tutto il resto. Il nostro primo progetto artistico ha unito le mie capacità di scrittura e di regia a quelle di graphic designer e di fotografo di Riccardo. Abbiamo cercato di scardinare il pregiudizio attraverso un cortometraggio e delle foto.

È un periodo in cui si sta parlando molto di nuove fisicità, ma nessuna rappresentazione che abbiamo visto fino ad ora ci convinceva molto, perché abbiamo sempre visto le stesse cose. Prima di tutto, una persona può piacersi in qualsiasi forma fisica e anche le persone che invece rispecchiano “l’ideale di bellezza” non dovrebbero vergognarsi a provare attrazione sessuale o amorosa verso persone “rotonde”. Abbiamo mixato le fisicità senza ghettizzare nessuno: non volevamo dare alcun giudizio morale, semplicemente ci sono persone che nella moda, nella pubblicità, nel cinema e nella fotografia non sono rappresentate… e noi questo abbiamo voluto fare: rappresentare quello che tutti hanno deciso di omettere.

Dopo un countdown atteso, è uscito il vostro ultimo progetto. Di che cosa si tratta?

Riccardo: Siamo partiti da quelle che secondo noi sono state le mancanze del primo progetto: la componente femminile. Abbiamo notato che il pubblico, nel primo progetto, non aveva completamente recepito il messaggio che Giacomo potesse rappresentare qualsiasi fisicità non accettata, intendendo anche quella femminile. E quindi abbiamo cercato di ampliare questo discorso, perché in realtà ognuno di noi ha quel particolare che non gli piace e che sente come un peso e da ciò è partito il nostro secondo progetto.

Giacomo: Un punto fondamentale è stato che durante la tournée sono state le modelle che si sono proposte a noi. Riccardo e io non le abbiamo selezionate, ma ci siamo fatti scegliere in realtà. Abbiamo fatto l’esatto opposto di quello che fanno gli altri. Le persone ci hanno scelto volendosi mostrare per quello che sono, per riappropriarsi di loro stesse.

Shape Without Shame è qualcosa di inclusivo, pluralista e senza un pubblico specifico, ma in questo caso come ha risposto la comunità LGBTQI al vostro progetto?

Giacomo e Riccardo: La comunita LGBT ha risposto in maniera abbastanza positiva, anche se in realtà hanno risposto in maniera veramente positiva soprattutto le donne, sia per quanto riguarda il progetto sul corpo maschile, sia per quanto riguarda “Unsound” (Difettoso), che riguarda specialmente il corpo femminile. Le donne hanno compreso maggiormente il fine del progetto, mentre la comunità maschile gay si è chiusa maggiormente e ci ha accusato di fare propaganda all’obesità. Non ha capito che la “shape”, la forma, è anche sostanziale nel progetto.

“Unsound” è una nostra opinione che vuole scatenare il dibattito. Non vogliamo dare risposte, l’idea è quella di far sviluppare domande. Comunque, al di là del mondo dell’associazionismo, abbiamo una comunità LGBT molto, ma molto lontana dall’inclusività delle differenze.

Il vostro è un manifeso personale per una nuova estetica, che sia libera dagli stereotipi, con corpi morbidi, ma non solo. Il tutto si racchiude in una frase che mi ha colpito: dopo il famoso motto di Conchita Wurst “We are unstoppable” (Siamo inarrestabili), troviamo il vostro “We are all unsound” (Siamo tutti difettosi).

Giacomo: È un onore! [Ridono; ndr] La nostra idea, come quella di Conchita Wurst, non è quella di andare contro qualcosa, ma di essere propositivi e inclusivi. Noi non siamo contro la moda, contro la fotografia di moda o contro il fatto che la società proponga un modello di bellezza, perché questo ci sembra normale ed è accaduto in ogni epoca storica. Però pensiamo sia diventato “pesante” il fatto di dover per forza essere inclusi in questo ideale di bellezza.

Stiamo perdendo tante cose e tanta altra bellezza – e non parliamo di bellezza interiore: noi non abbiamo voluto far vedere la bellezza interiore, il nostro progetto è completamente estetico, senza che ciò significhi che sia superficiale. Quel sentimento di inadeguatezza, quell’essere difettoso, è qualcosa di assolutamente importante nello sviluppo della persona, è tutto fuorchè superficiale.

Avete già in mente progetti futuri ?

Riccardo: Sì, abbiamo già in mente i prossimi due progetti.

Sì? Raccontatemi…

Giacomo e Riccardo: Ah, non possiamo dirti molto! [Ridono; ndr] Diciamo che ci sposteremo e delineeremo la parola “forma” in diverse situazioni. C’è un’attrice italiana che sembra interessata a fare parte e a scrivere, forse, il terzo capitolo.

Puntiamo non tanto alla visibilità, per noi “Shape Without Shame” è come un figlio, nel senso che prima o poi deve camminare con le sue stesse gambe. Ci piacerebbe che nuovi artisti facessero qualcosa con SWS, che facciano qualcosa a riguardo o che cambino SWS. Non sentiamo che sia qualcosa di nostro, ma qualcosa che debbiamo condividere con gli altri. Avere un’attrice famosa è la possibilità di far arrivare il progetto a tutti e non la possibilità di far arrivare qualcosa nelle nostre tasche: il nostro è un progetto indipendente e completamente autoprodotto.

Facendo un piccola ricerca ho visto che il vostro progetto è arrivato anche all’estero…

Giacomo: Sì, è arrivato in Spagna, Singapore, Islanda, Danimarca, in Serbia grazie a un gruppo di femministe e presto in Inghilterra, con un importante editore inglese. Sembrerà sfacciato e molto pretenzioso, ma francamente io e Riccardo, come duo creativo, stiamo scrivendo un manifesto artistico, perché in Italia non esiste un’avanguardia artistica dagli anni ’80. Questo è un paese che artisticamente è fermo da quegli anni. Non sperimenta più in moltissime arti, tra cui la fotografia, la musica, la scrittura.

Io penso che, dopo Barbara Alberti, Tondelli e Busi, che sono tutte persone che hanno scritto soprattutto negli anni ‘70 e ’80, non c’è stato più nessuno che ha scritto in modo originale qualcosa. Secondo noi, non è vero che tutto è stato detto e non è vero che sia stato detto in tutti i modi possibili. Speriamo quindi di poter dare il nostro contributo.

 

Anes
©2016 Il Grande Colibrì

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