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Nell’ultima settimana sono diventate abbastanza comuni, sui mezzi di informazione, le immagini dellə profughə ucrainə che oltrepassano la frontiera con i paesi appartenenti all’Unione Europea per fuggire dalla guerra in corso.
Sono meno note le storie delle persone africane, residenti in Ucraina e che stavano intraprendendo lo stesso percorso e che sono state bloccate dalla guardia di frontiera e dei pericoli che corrono le persone LGBTQIA+ che cercano rifugio in paesi noti per avere politiche discriminatorie verso le “minoranze sessuali”.

I rifugiati si svegliano dopo aver dormito su coperte e cartone per terra sul lato polacco del valico di Medyka. foto Natalie Keyssar per @ TIME.com

I rifugiati si svegliano dopo aver dormito su coperte e cartone per terra sul lato polacco del valico di Medyka. Foto Natalie Keyssar per © TIME.com

Faris Cuchi Gezahegn è un cofondatore dell’associazione per le persone queer etiopi House of Guramayle, impegnata per l’affermazione dei diritti delle persone LGBTQIA+ africane in Austria.
In un’intervista al sito di informazione Pinknews ha dichiarato che

“al momento in cui è iniziata la crisi in Ucraina, sono apparsi comportamenti da suprematisti bianchi: i diritti umani principali sono stati negati a questə rifugiatə, e sappiamo che alcune persone queer africane siano state oggetto di violenza”.

Oltre agli episodi di razzismo, che sono stati perpretati negli ultimi giorni da membri di gruppi nazionalisti polacchi, è proprio l’identità queer a mettere queste persone in pericolo, in quanto questi paesi “sicuri”, come Polonia e Ungheria, secondo Gezahegn “non sono per niente friendly”.

Ci sono persone che, pur di mettersi in salvo, e non correre pericoli, mentono sulla propria identità, e si fanno passare per eterosessuali. Ma c’è chi non ha questa opzione, come le persone transgender. Pinknews riporta la notizia di donne trans che non sono riuscite a modificare le proprie generalità sui documenti, e che sono state bloccate alla frontiera in quanto è vietato agli uomini tra i 18 e i 60 anni lasciare il paese per evidenti ragioni militari. Anche riuscire a passare il confine, non è una garanzia: queste persone non riescono a reperire i medicinali per le terapie ormonali, che sono di difficile reperibilità nei paesi di prima accoglienza.

Un’altra problematica che sta emergendo riguarda il fatto che in Ucraina le unioni civili non sono riconosciute, e tanto meno lo sono le “famiglie arcobaleno”. Cosa succederebbe se, data la situazione, il genitore non biologico fosse l’unico genitore sopravvissuto? Per la legge ucraina (e per molti dei paesi di arrivo), in questo caso, si tratterebbe, per lə figliə, di una persona estranea.

 

 

Alessandro Garzi
©2022 Il Grande Colibrì
immagine: elaborazione da foto di Naeblys da iStock

 

Alessandro Garzi: “Ho sempre avuto un interesse per i diritti civili. Al momento, cerco di capire qualcosa sulle politiche verso le persone LGBTQIA+ nei paesi dell’Europa centrale ed orientale, e di far conoscere cosa sia l’orientamento asessuale e il mondo che lo circonda” > leggi tutti i suoi articoli

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