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Il suo pseudonimo è già un manifesto artistico: 2Fik sembra stranissimo, ma, letto in inglese, ha il suono assolutamente comune del nome “vero”, Toufik, di questo fotografo. Con una serie di autoritratti che paradossalmente ritraggono una serie di personaggi e non il loro creatore, 2Fik racconta in modo divertente e serio, spensierato e profondo, la realtà di un’identità interculturale che è sempre più frequente nel mondo, ma che ancora fatica a trovare una propria voce e una propria immagine. Il grande colibrì ha intervistato questo interessantissimo artista.

"La lezione di follia di Ludmilla-Mary"

“La lezione di follia di Ludmilla-Mary”

La tua storia e la storia della tua famiglia si sono svolte tra Marocco, Francia e Canada…

Sono nato in Francia, dove ho vissuto per molti anni, poi mi sono trasferito in Marocco e anche lì ho trascorso molti anni. Dopodiché, sono tornato in Francia e alla fine mi sono stufato e me ne sono andato in Canada. Trasferirsi, per me, è un modo di riappropriarmi della mia vita, della mia conoscenza, della mia persona.

Appartieni a tre culture: ti senti “lost in translation” (perso nella traduzione)?

Ero “perso nella traduzione” quando pensavo che avere un unico riferimento fosse la cosa migliore per essere una persona bilanciata. Voglio dire che quando ero in Francia mi chiamavano “l’arabo” e quando ero in Marocco diventano “il francese”. In Canada mi chiamano “l’arabo francese”! Ho smesso di pensare alle etichette che la gente mi appiccica sulla fronte e mi concentro su come mi sento io ad essere triculturale.

"Ranger croci VS musulmani"

“Ranger croci VS musulmani”

Crescere tra culture diverse può essere una fonte di ricchezza, ma anche di disorientamento. Alcuni sono angosciati dalla mancanza di un unico modello identitario, altri cercano di trarre il meglio da tutte le culture con cui vengono a contatto, e poi c’è chi si gode la libertà dai vincoli delle tradizioni e autodetermina la propria personalità con serenità…

Per me è una vera e propria ricchezza essere in grado di raccogliere informazioni, abitudini e riferimenti da tre paesi diversi. In un certo senso diventi capace di cogliere il meglio di quei mondi e cerchi di diventare una persona migliore. Così, quello che vivevi come un inconveniente (non essere visto come un francese o un marocchino a tutti gli effetti) ora è la tua forza: la capacità di adattamento.

Puoi fare un esempio?

Sono in grado di gestire situazioni allo stesso modo a Parigi, a Casablanca o a Montréal grazie alla mia esperienza di vita. Faccio battute in tre lingue, posso discutere in tre lingue e posso spiegare perché ogni cultura è importante per me. E’ sicuramente una ricchezza

"La grande governante"

“La grande governante”

Sei nato e cresciuto in una famiglia musulmana: quale effetto ha avuto la tua ricerca sull’identità sulla tua dimensione religiosa e spirituale?

Sono stato un musulmano praticante moderato, per non dire ipocrita, fino a trent’anni. Allora decisi di diventare agnostico, dal momento che non vedevo il motivo di mantenere la mia fede musulmana mentre il mio lavoro come artista metteva in evidenza l’ipocrisia di alcune persone che usano la loro religione in un modo politico o sociale. Quando dissi ai miei genitori che ero agnostico, loro reagirono in modo più duro di quanto avessero fatto quando gli avevo spiegato che non avrei soddisfatto l’aspettativa della “normalità”, cioè sposarsi e fare figli. Sono cose che non mi interessano, anche se gli omosessuali hanno il diritto di farle in sempre più posti nel mondo. Sono contento che abbiamo finalmente questo diritto, ma non fa per me…

Hai creato una “soap opera fotografica in cui persone di culture differenti si incontrano ed evolvono”…

Sì, ho creato un gruppo di personaggi che interagiscono tra loro. Ciascuno di loro rappresenta un certo tipo di cultura, di livello sociale, di stereotipo o di soggetto sul quale volevo basare il mio processo creativo.

Quali sono i legami tra te e questi personaggi?

Ogni personaggio è una caricatura di una mia particolarità. Ad esempio, Fatima rappresenta l’amore che ho per la mia cultura arabo-musulmana, mentre Alice è l’esasperazione del mio lato superficiale.

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“Il sacrificio della bambola”

Quali sentimenti provi per loro?

Non provo nessuna emozione nei confronti dei miei personaggi. Sono pura immaginazione e li uso con grande freddezza: li uso affinché una foto mi spari fuori una storia, niente di più e niente di meno. Credo che avere un legame emotivo con loro sarebbe imbarazzante, mi sembrerebbe di amare me stesso in modo narcisistico. Certo, dobbiamo essere narcisisti per essere artisti e per mostrare il nostro lavoro, ma nelle foto io vedo i miei personaggi, non me stesso come una persona.

Ami giocare con gli stereotipi attraverso i tuoi personaggi. Ad esempio Marco, il ragazzo italo-marocchino, è un omosessuale velato che lavora nell’industria della moda…

Questa è una cosa divertente in sé! A volte le persone nella vita reale diventano stereotipi senza neppure accorgersi. Comunque, non è che perché sembrano uno stereotipo per come appaiono, parlano o si comportano allora sono uno stereotipo. Questo è quello che penso sia importante: rompere le etichette ricreando il pregiudizio che vediamo attraverso le mie opere d’arte. In più, non penso che avere un personaggio gay dichiarato sarebbe stato così interessante come giocare con un gay velato. Le possibilità creative con Marco sono infinite. Il mio obiettivo è immaginarmi un ambiente visivo per rispondere a domande quali: “Come gestisce i suoi appuntamenti?”, “Dove va a cuccare?”, “Evita di cercare avventure online per rimanere discreto?”, eccetera.

 

Pier
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