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Apparentemente non c’è nessuna connessione tra i carabinieri italiani e una chiesa cristiana in Sudafrica. Eppure, a ben guardare, una relazione c’è. Ha destato scandalo (ma non troppo) il nuovo scivolone delle Forze armate italiane: dopo il test HIV negativo obbligatorio [Il Grande Colibrì], infatti, s’è scoperto che nel manuale utilizzato per gli studi dell’esame per diventare carabiniere, svoltosi lo scorso 25 giugno, c’era un testo incredibile, che accostava omosessualità, pedofilia e zoofilia, oltre a diverse altre pratiche che i benpensanti definiscono “degenerate”. Le reazioni, anche veementi, non sono mancate e Paola Concia ha anche proposto di annullare l’esame svolto con questo manuale [Corriere della Sera].

A breve distanza sono arrivate le scuse dell’Arma, con l’assicurazione che il testo incriminato era stato rimosso e che traeva origine “da un modulo, l’OP/46, risalente nel tempo e superato” (peccato però che il manuale “Sinossi per la preparazione al concorso per l’avanzamento a scelta per esami al grado di maresciallo aiutante s. Ups” sia datato dicembre 2011 e approvato dal comandante colonnello Pasquale Santoro). Comunque le scuse sono arrivate e le associazioni LGBTQ* italiane sono entusiaste, tanto che Paolo Patanè, presidente di Arcigay è riuscito a dire: “Esprimiamo apprezzamento per la precisazione. Tutto ciò ci sorprende in positivo: sia la prontezza dell’intervento che il rispetto per gay e lesbiche che emerge dalle parole del comandante generale Gallitelli” [La Repubblica].

Ma intanto chi ha studiato su quel manuale (e sui precedenti? qualcuno si è peritato di verificare, per caso?) intanto ha appreso che le principali degenerazioni sessuali sono “l’omosessualità, l’esibizionismo, il feticismo, il sadismo, il masochismo, l’incestuosità, la necrofilia, la bestialità (o zoofilia)” (e anche qui forse occorrerebbe chiedere perché pratiche illegali vengano accostate a giochi sessuali che non procurano danno ad alcuno, se fatte tra persone responsabili e consenzienti).

Un caso non dissimile è quello, come si diceva all’inizio, che ha coinvolto una chiesa cristiana di Pretoria, per cui i pubblicitari hanno disegnato un tabellone che incoraggiava l’uomo a liberarsi dalle cattive abitudini, tra cui erano elencate “droga, bugie, pornografia, abuso di alcol e – va da sé – omosessualità”. Dopo le proteste delle associazioni per i diritti umani e quelle LGBTQ*, la parola “omosessualità” è stata rimossa dal cartellone pubblicitario, con un comunicato che afferma tra l’altro: “Non è mai stata intenzione della Chiesa Luce delle Nazioni di discriminare alcun gruppo” [CP Africa].

Ed è certamente un bene che anche in questo caso siano arrivate una retromarcia e delle scuse. Ma riuscire a non essere offensivi e discriminatori già quando si compie un’azione, sarebbe poi così difficile?

 

Michele
©2012 Il Grande Colibrì

2 Comments

  • Elisabetta Micillo ha detto:

    Ti racconto una mia personale esperienza: qualche anno fa all'università una studentessa mi ha raccontato di aver partecipato ad un bando per entrare in polizia e tra le domande degli psicologi c'era: "Ti piacciono i fiori". La ragazza sosteneva che correva voce che gli uomini dovevano rispondere di no altrimenti sarebbero stati esclusi a causa di una loro presunta omosessualità. Ora queste sono "voci", ma sicuramente è indicativo che molte persone abbiano pensato che un'eventuale omosessualità potesse essere un elemento penalizzante al fine del superamento delle prove. Come la mettiamo? C'è ancora tanto da fare…. Per fortuna siamo giovani e impegnandoci spero cambieremo le cose!!!

    • Michele Benini ha detto:

      Non stupirebbe affatto. Quando ho fatto la visita per il servizio militare c'erano test simili e voci simili. Ed era noto che chi fosse stato considerato omosessuale avrebbe avuto l'agognata esclusione dalla leva, allora obbligatoria…

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