Skip to main content

L’agitazione da parte dei gruppi di gay cattolici attorno al tema della conciliazione tra la propria sessualità e la propria fede è il sintomo fecondo di una tensione che deriva da un formidabile concetto alla base della cultura occidentale: l’idea di Individuo, nata in quella civiltà imprescindibile che fu la Grecia antica. Ben più di 2000 anni fa i Greci inventarono l’Individuo, ossia slegarono la coscienza della persona dall’idea di comunità e riconobbero, in questo modo, l’importanza del Singolo. Questo comportava la scoperta esaltante e impegnativa della libertà individuale.

Così un piccolo popolo di individui si difese dalle invasioni che venivano dall’Oriente e che portavano con sé l’ideologia schiacciante del potere assoluto. Così l’Europa si è largamente e testardamente costruita, difendendosi in continuazione dagli assolutismi politici e religiosi che debordavano dall’Asia e che imponevano imperatori con diritto di vita e di morte sui propri sudditi e dei onniscienti che sapevano tutto, prevedevano tutto, decretavano a proprio diletto la dannazione eterna o la salvezza perpetua.

Non bisogna aver visto il film “300” di Zack Snyder, con Leonida e i suoi militi che s’oppongono al potere assoluto d’un sovrano orientale effeminato e crudelissimo: basta ricordare Socrate, Platone, Aristotele e i loro seguaci.

Le religioni abramitiche portano sottomissione. Il contrasto poco sanabile tra libero arbitrio e regola divina, così tenace nelle discussioni teologiche cristiane, deriva proprio dalla tensione tra le radici greco-romane del nostro pensiero e i dettami del dio assoluto della Bibbia e del Corano. È un dio-padrone cattivo e buono, inflessibile e misericordioso, disposto perfino a perdonare chi si penta d’aver trasgredito alle sue regole ferree. Il Dio dell’Europa, oggi, è un dio devirilizzato, stretto in un angolo da secoli di speculazioni filosofiche che hanno messo in discussione i suoi dettami disumani. E così in Europa dividiamo (o cerchiamo di dividere) politica e religione, laicità e comandamenti. D’altronde, lo dicono anche i vangeli sinottici che a Cesare va quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio.

Individui anche loro

Se i gay cattolici, che in tanti gruppi si ritrovano da molto tempo per scambiarsi esperienze di vita, dilemmi di coscienza e perplessità teologiche, mettono in discussione la parola e lo spirito di alcuni noti passi dell’Antico Testamento, lo fanno prima di tutto perché s’adagiano sul Nuovo Testamento e rifiutano di prender atto che la Chiesa cattolica ha una cultura potentemente, inflessibilmente e pesantemente sampaolina, e si basa quindi più sulle parole degli esegeti che su quelle di Gesù. Inoltre, lo fanno perché si sentono individui. I gay cattolici sono individui – anche loro! Gli individui hanno diritti. I sudditi, invece, no. La libertà ha le sue ragioni, che le religioni abramitiche non comprendono. Non se ne esce, con buona pace dei gay cattolici e dei preti che li supportano.

Il documentario “Gay e cattolici”? Un’occasione mancata

Da sant’Agostino a san Tommaso (tanto per ricordare troppo rozzamente le parti di misticismo e di ragione che oscillano all’interno del cristianesimo) la condanna dell’omosessualità è chiarissima: la tradizione sbatte i sodomiti all’inferno. Esegesi che contrastino il significato del troppo noto passo vetero-testamentario di Sodoma e Gomorra risultano faticose e poco convincenti. Come possono conciliare corpo e spirito i gay cattolici (e così i gay ebrei, e così i gay musulmani, gli uni e gli altri con coordinate culturali prepotentemente differenti tra loro)? A mio avviso è impossibile. Dovrebbero accontentarsi di vivere in un perenne peccato, devastati dal senso di colpa (altra scoperta deleteria delle religioni nate in quel fazzoletto di Medio Oriente dove il sole picchia troppo e fonde i cervelli).

E la loro parte greco-romana? Anche loro ne hanno una! Quando san Paolo (uno dei moralisti più inflessibili della storia) decise d’aprirsi ai gentili e prese ad arringare la folla ateniese e parlò di resurrezione dei corpi, fu ridicolizzato. Così vorrei che reagissimo alle prepotenze (vecchie e nuove) delle religioni d’un dio solo: con una bella risata, accompagnata dalla coscienza delle nostre radici e dall’affilare delle nostre aste e spade, perché la libertà va difesa ad oltranza. Ad ogni costo. E la libertà individuale non è conciliabile con ebraismo, cristianesimo e islam. Noi siamo individui, perciò siamo liberi. Gli europei, individualisti fino al midollo, non se ne rendono più conto.

In compenso, però, lo comprendono gli altri. Cosa cercano, dopotutto, molte delle persone che hanno fame d’Europa e la raggiungono ad ogni costo, se non la propria libertà? Così, in Europa, alcuni cattolici contestano i dettami della Chiesa senza timore d’essere uccisi. Hanno tutto il diritto di metterli in discussione. In Europa ognuno ha diritto di parola. E la Chiesa ha ogni diritto di far sentire la propria opinione sulle sessualità che considera anormali. Il dissidio tra l’una e gli altri a me pare insanabile.

O religione o diritti

Mi pare che i gay cristiani rifiutino, di solito, come appare anche nel documentario “Gay e cattolici” di Vice Italia, il Gay Pride, lo “sculettamento” sui cubi e le supposte virilità fuori luogo delle lesbiche per una questione d’opportunità. Per non guardarsi allo specchio. Per non mettersi in contrasto definitivo e stridente con la Chiesa che adorano. Liberi loro di comportarsi come meglio credano. Se si vogliono sottomettere a Dio, facciano pure.

Ma la libertà dell’individuo, come ho detto, va difesa ad oltranza. Nessuno deve mettere in discussione le libertà degli altri. C’è libertà nello sfilare e sculettare e anche nel far le Sentinelle in Piedi, a patto di ritornare alle nostre radici greco-romane (più greche che romane, come si sa). Modi convincenti di conciliare religioni prepotenti e libertà individuali non ne so strologare. O religione del dio solo, o diritti e libertà.

Dall’esterno, credo che abbiamo ogni interesse a dar voce ai gruppi di gay cattolici. Servono per mettere in discussione gli assiomi liberticidi dall’interno della struttura che li propaganda.

De Mari e l’analità

Per quanto riguarda la dottoressa Silvana De Mari, invece, ammetto la mia incapacità ad esprimere giudizi negativi sulle sue parodiabili parole, che conoscevo dai tempi delle sue intemerate su Radio24. Mi è sempre risultata assai simpatica. Le sue idee sui non-diritti dei “diversi” derivano da una vita trascorsa a riparare ani malamente abusati.

Noi tutti sappiamo con quanta fantasia i gay sappiano penetrarsi. Per esperienza trentennale di gestione di posti gay, posso affermare d’aver visto cose che gli umani non possono neppure immaginare: dai dildo mono e bicefali alle bottiglie (di vetro e di plastica), dai cubetti di ghiaccio aromatizzati alla vodka a piedi, mani, gomiti, cetrioli, zucchine, e in generale ogni tipo di cucurbitacea reperibile sul mercato; e tazzine di caffè, rami d’albero, maniglie di porte e battenti di portoni: noi gay sappiamo essere molto fantasiosi! La fantasia è libertà! Il corpo è nostro, come dicevano le nostre femministe nel secondo dopoguerra: siamo liberi d’usarne gli orifizi a nostro piacimento.

Le dichiarazioni della De Mari sulla nefanda pericolosità della penetrazione anale sono sacrosante, se riferite ad eccessi prolungati nel tempo, ché la virtù, come sempre, sta nel mezzo, anche fra le gambe. Per mia esperienza, però, una vita sessuale basata sulla penetrazione anale non porta ad incontinenza, a lesioni interne, a malattie letali. Frequento per lavoro tanti gay anziani: non ne mostrano mai i segni nefasti predetti dalla De Mari, che bisogna pur si rilassi prima o poi, e smetta di far la vestale della Castità Anale. L’Apocalisse non partirà mai dagli sfinteri, né le colonne del Morgagni saranno abbattute da Sansone. E noi gay non creperemo come depravati filistei. Povera De Mari, pasionaria della Sessualità Naturale, condannata dal proprio lavoro a convivere con le depravazioni anal-vaginali!

Quando invece De Mari straparla di lobby gay, di gayzzazione forzata della società, di decrescita della natalità dovuta a lesbiche e froci, e cerca proseliti nel suo sforzo di riportare le persone alla Norma, va combattuta con pervicacia. Ma De Mari ha tutti i diritti di far sentire la sua opinione: è una libertà individuale sancita dalle nostre radici non-abramitiche e che contrasta col suo cattolicesimo. Se ci riflettesse, forse ne prenderebbe atto: la sua libertà di parola dipende dalla libertà individuale, che deriva dalla speculazione filosofica che si oppone alla teologia cristiana. Il giorno in cui De Mari ne prenderà atto, sarò in prima fila ad applaudirla.

 

Fabio Casadei Turroni
©2017 Il Grande Colibrì

Leave a Reply