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Il libro “Hillary, l’altra donna” di Dolly Kyle, ex amante di Bill Clinton, diventato un best seller e tradotto ben poco meritoriamente anche in italiano da Rizzoli, accusava l’ex candidata alla presidenza degli Stati Uniti di ogni nefandezza (inserendo nell’elenco anche improbabili storie di sesso con altre donne; Il Grande Colibrì), eppure il 4 dicembre è sembrato poco più di uno sgarbo.

Quella sera Edgar Maddison Welch, un uomo di 28 anni, si è presentato alla pizzeria Comet Ping Pong di Washington, ha puntato il suo fucile semiautomatico contro un impiegato e ha sparato. Per fortuna non ci sono state vittime, altrimenti dovremmo parlare di un martire delle bufale. Eh sì, perché il giovane assalitore ha motivato il proprio gesto spiegando che aveva letto online dello scandalo del “Pizzagate” (sic!) ed era convinto che il locale fosse al centro di una vasta rete di pedofili satanisti gestita da Hillary Clinton [The Washington Post].

La follia di Maddison Welch ha offerto una rappresentazione melodrammatica a una tendenza già chiaramente evidente in tutta la campagna elettorale americana (e che questo sito ha denunciato sin dall’inizio, in tempi in cui il tema era tutt’altro che popolare): il consenso politico si può organizzare e costruire attraverso una gestione attenta dell’informazione spazzatura e delle bufale – ribattezzate con la graziosa definizione di “alternative facts” (fatti alternativi) da Kellyanne Conway, manager della campagna di Donald Trump e oggi consigliera ufficiale del presidente statunitense.

La lezione è stata impartita magistralmente da Trump e la destra populista europea si è dimostrata già da tempo un’allieva attenta (i profili social di Matteo Salvini, per esempio, mostrano come il leader leghista sia molto diligente nel fare i compitini). Eppure il problema non si “limita” al clown statunitense e al circo dei suoi emuli.

BuzzFeed e altri media progressisti che sono stati in prima linea nella denuncia delle “fake news” (notizie fasulle) e di siti spazzatura come Breitbart News [Il Grande Colibrì], hanno pubblicato senza problemi una notizia che solo con un eufemismo si potrebbe definire “spazzatura”: un anonimo informatore, che afferma di essere un ex agente segreto britannico, ha detto che il governo russo ricatterebbe Trump con un video compromettente. La notizia, già gravemente traballante, sprofonda nel grottesco quando si scopre il presunto contenuto del presunto video: Trump ordinerebbe ad alcune prostitute moscovite di urinare sul letto di un hotel in cui hanno appena finito di dormire Barack Obama e sua moglie Michelle.

Possibile che, con tutte le potenzialità del web, ci siamo ridotti a essere produttori e consumatori di simili schifezze? Sì, perché il ruolo dell’informazione troppo spesso non è quello di conoscere e far conoscere la realtà, ma diventa quello di rispondere a spinte emotive. La velocità dei cambiamenti e l’emergere di nuove minacce alimenta un sentimento generalizzato di insicurezza, mentre le diseguaglianze esplodono: l’informazione diventa lo strumento con cui cerchiamo di dare un senso alle nostre angosce e di indirizzare la nostra collera crescente.

E allora non importa se quello che leggiamo e condividiamo sui social network sia vero o falso, l’essenziale è che offra risposte semplici e immediate e che confermi i nostri sospetti. Non vogliamo e non possiamo mettere in discussione il nostro sistema di vita e allora ci accontentiamo di capri espiatori che, come tutti i capri espiatori, sono costruiti su notizie false o ampiamente distorte. Non abbiamo tempo e voglia per affrontare la complessità del mondo e allora ci rifugiamo nella semplicità del racconto del conflitto tra i buoni (ovviamente “noi”) e i cattivi (identificati con generici e variabili “loro”).

Mettiamo in discussione il sistema capitalistico? No, troppo sconveniente: prendiamocela invece con i migranti. Ci interroghiamo sul movimento LGBTQI e sulla realtà sociale, politica e culturale italiana? No, troppo difficile: meglio collezionare tutte le dichiarazioni di omofobi più o meno sconosciuti come su un album di figurine. Ci chiediamo come rendere vivo il principio di laicità in una realtà in trasformazione? No, troppo audace: meglio ridurlo a un elenco di regole moralistiche e imbalsamate al servizio del panico.

Se aggiungiamo poi che l’attuale modello economico dell’informazione digitale è tutto proiettato alla massimizzazione dei clic, indipendentemente dalla qualità e persino dalla veridicità delle notizie, capiamo come sia possibile il proliferare e il successo di siti spazzatura. Il modello delle condivisioni non offre in sé nessun vantaggio a chi cerca di fare un buon lavoro di informazione, anzi è vero il contrario: l’impegno per la qualità e la veridicità si traduce in più fatica e più lentezza, che si sommano alla minore possibilità di catturare l’attenzione dovuta alla rinuncia agli effetti speciali e ad altri giochi di prestigio.

Facciamo allora un passo indietro nel tempo: ricordate quando qualche anno fa il mondo delle bufale non era popolato da rifugiati in hotel di lusso, bordelli pedofili travestiti da pizzerie e schizzi di urina moscovita, ma da animali in cerca di padroni e da urgenti richieste di sangue nei pronto soccorso? Se i gatti abbandonati nei cassettoni della spazzatura e i bambini in fin di vita sono quasi scomparsi non è perché chi lanciava questi allarmi fasulli ha smesso di diffondere bugie, ma perché sempre meno persone le hanno condivise. La cattiva informazione, insomma, si può combattere e sconfiggere. E la responsabilità è tutta nelle nostre dita: scegliamo bene chi premiare quando condividiamo un link.

Pier Cesare Notaro
©2017 Il Grande Colibrì
foto: PxHere (CC0)

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