Skip to main content

La musica è un linguaggio che parla a tutti e questa sua caratteristica ne fa uno strumento potente per dissolvere l’odio che alberga nel cuore di molti. Ne è convinto Halim Corto, cantante franco-marocchino  che vive in Bretagna e che ha scritto e cantato alcune belle canzoni contro l’omofobia. Il grande colibrì l’ha intervistato.

Come hai scoperto la tua passione per la musica?

L’ho scoperta quando ero giovanissimo, dal momento che mia madre è una cantante. Sono stato subito ispirato da cantanti la cui voce trasmette emozioni come Nina Simone, Aretha Franklin, Charles Aznavour, Céline Dion…

Hai scritto belle canzoni dedicate al tema della lotta contro l’omofobia e il sessismo. Hai vissuto episodi di pregiudizio sulla tua pelle?

Ho sperimentato dell’omofobia indiretta. Ho convissuto per tre anni con un uomo di origini algerine, ma quando i suoi genitori hanno scoperto il nostro amore l’hanno costretto a sposare una donna, minacciandolo che altrimenti la sua famiglia non lo avrebbe amato più.

Come sono nate le tue canzoni sull’omofobia e il sessismo?

E’ da anni che lotto contro l’omofobia. Nel 2006 ho scritto una canzone (YouTube) per denunciare l’atroce crimine commesso contro due giovani gay iraniani  di 16 e 18 anni: sono stati impiccati in piazza a causa della loro omosessualità.

Poi ho cantato “Écorchée” (Scorticata; MySpace), per denunciare la violenza contro le donne: l’ho fatto semplicemente perché amo le donne in tutto il loro splendore e, avendo una madre e cinque sorelle che amo tantissimo, non potrei mai sopportare l’idea che qualcuno possa far loro del male per stupidità, follia, machismo, o per il senso di impotenza, di frustrazione che certi uomini provano sentendosi meno forti delle loro donne.

Infine, la mia ultima canzone, “Je ne l’ai pas choisi” (Non l’ho scelto; YouTube), rivela la storia vera della separazione tra me e il mio compagno per colpa dei suoi genitori.

Per combattere l’omofobia non hai inciso solo queste canzoni…

No, spesso faccio degli interventi o dei concerti nelle scuole, nei quartieri periferici o durante delle manifestazioni, come i Pride. A volte mi sono rattristato a notare come questa bella manifestazione politica sia stata trasformata da alcuni per soddisfare il loro esibizionismo: secondo me, ciò non fa altro che rafforzare gli omofobi estremisti nelle loro posizioni. La comunità LGBT deve prendersi i suoi spazi e farsi rispettare, questo è fuori di dubbio, ma la provocazione, a mio modo di vedere, non è il mezzo migliore.

La tua scelta di sostenere visibilmente la causa dei diritti LGBTQ* ha avuto conseguenze nelle relazioni con la tua famiglia o con i tuoi amici di origini marocchine?

Qualcuno è stato un po’ freddo, evidentemente, ma, a dir la verità, non è successo nulla di grave né ci sono state reazioni di vera avversione.

Quali progetti artistici hai per il futuro?

Ho molte ambizioni, ma ancora niente di preciso nel breve termine.

Come ti relazioni con la fede, con la religione?

Sono sempre molto credente, ma sogno davvero una rivoluzione profonda nella testa degli altri credenti…

Il militante gay Didier Lestrade ci ha spiegato come, secondo lui, il movimento LGBTQ* francese sia diventato islamofobo e razzista (Il grande colibrì) e in molti altri paesi il tema del razzismo sta facendo discutere animatamente la comunità omosessuale e transessuale. Tu cosa ne pensi?

Nelle banlieu spesso i gay sono stigmatizzati: succede che qualcuno, spinto da convinzioni religiose ma non solo, usi parole violente o compia gesti violenti contro i gay e questo sicuramente spiega l’angoscia di alcuni gay. Io però non la penso così, e non solo perché sono gay e di origini straniere: ci sono omofobi di tutti i colori, anche bianchi. Quando la finiremo di dividerci invece di cercare un mezzo per amarci gli uni gli altri, ciascuno con le proprie differenze, con il proprio aspetto?

Servirebbero programmi di prevenzione nelle scuole, nelle famiglie, nei quartieri. Da una parte, le personalità importanti nella politica, nello spettacolo e nei media dovrebbero prendere posizione a favore delle persone LGBT, dall’altra le persone LGBT dovrebbero smettere di creare ghetti. Bisogna riscoprirsi gli uni gli altri, bisogna cambiare, imparare di nuovo ad amarsi. Affinché gli omofobi la smettano di stigmatizzarci, dovremmo avere forti portavoce, gay o non gay, che ci sostengano con fervore e credibilità, che spieghino ai nostri carnefici che noi siamo normali e basta.

 

Pier
Copyright©2013ilgrandecolibri.com
segui MOI Musulmani Omosessuali in Italia

Leave a Reply