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Il 30 novembre, la Corte Suprema della Federazione Russa ha dichiarato “organizzazione estremista” e bandito il “movimento politico internazionale delle persone LGBT” in Russia. La decisione è stata presa su richiesta del Ministero della Giustizia. Secondo il Ministero, le attività del “movimento LGBT” presentavano “segni e manifestazioni di un orientamento estremista, incluso l’incitamento all’odio sociale e religioso.
Il dibattimento si è svolto a porte chiuse. Erano presenti soltanto i rappresentanti del Ministero. È quasi impossibile conoscere le ragioni che hanno portato alla decisione. Almeno, le ragioni ufficiali.

ANNI DI REPRESSIONE

Da anni è in corso, da parte delle autorità del regime russo una sorta di “guerra santa” nei confronti delle persone LGBTQIA+ e delle organizzazioni che promuovono i loro diritti.

Nel 2013 venne approvata la famigerata “legge contro la propaganda gay verso i minori”, che ha dato il via alla politica discriminatoria delle autorità. La stessa legge, nel 2022, è stata estesa a tutta la popolazione, indipendentemente dall’età.

Librerie e biblioteche hanno rimosso dai loro scaffali libri che potessero toccare l’argomento in modo non persecutorio, e sono state tagliate scene da film o serie televisive, quando non sono state censurate le opere in quanto tali. Nel giugno 2023, la Russia ha iniziato a multare i cinema online per “propaganda LGBT” nei film e nelle serie TV pubblicate.

Nel luglio 2023, Vladimir Putin ha firmato una legge che vieta il cambio delle generalità per le persone transgender e non binarie. La legge proibisce di cambiare l’indicazione di genere nel passaporto e di effettuare operazioni legate alla transizione. Inoltre, è stato proibito alle persone che hanno cambiato l’indicatore di genere di adottare bambini.

L’attivismo LGBTQIA+ diventa “estremismo” per la Russia

CHI COLPISCE LA LEGGE?

Quello che salta all’occhio è che non esiste nessun “movimento internazionale LGBT” individuabile come tale. La sentenza, quindi, può colpire chiunque possa essere accusato di far parte di un movimento inesistente. Chiunque si identifichi pubblicamente come attivista LGBTQ potrebbe essere etichettato come “estremista” e soggetto a persecuzioni legali. Chiunque parli dei diritti delle persone LGBTQ, sia pubblicamente che in conversazioni private, è sotto minaccia. Qualsiasi attività pubblica LGBT potrebbe essere qualificata come attività di un’organizzazione estremista. Parteciparvi può portare fino a sei anni di carcere, “finanziare attività estremiste” fino a otto anni di carcere, “organizzare” tali attività, fino a 10.

Inoltre, chi dovesse violare uno dei divieti, può finire nell’elenco di terroristi ed estremisti di Rosfin. A quel punto, i conti bancari di una persona verranno bloccati e gli sarà permesso di spendere non più di 10mila rubli (102 EUR circa) al mese per ogni membro della famiglia.

Un altro rischio è quello di essere considerato un “sostenitore” dell’organizzazione “estremista”. I “sostenitori”, secondo le autorità, sono quelle persone “coinvolte nelle attività”. E qui il numero può allargarsi all’infinito, perché può comprendere anche le figure professionali che, facendo semplicemente il loro lavoro, potrebbero avere dato “sostegno” o “consulenza” all’organizzazione. Viene considerato sostenitore anche chi avesse approvato un commento su un social media favorevole a questa causa.
Le persone che, dal 2022 in poi, hanno parlato approvando le persone LGBTQ su Internet, hanno manifestato a difesa dei loro diritti, o hanno trasferito denaro a un’organizzazione per i diritti umani LGBTQ, potrebbero essere vietate di candidarsi a elezioni di qualsiasi livello.
Con questa norma sarà reso ancora più difficile fornire assistenza psicologica o legale alle persone LGBTQIA+, isolando ulteriormente i membri della comunità.

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UNA LEGGE RETROATTIVA

Chiunque abbia violato queste norme, ma abbia “volontariamente cessato di partecipare alle attività di un’associazione pubblica o religiosa o di altra organizzazione rispetto alla quale il tribunale ha deciso definitivamente di liquidare o vietare le attività connesse con la realizzazione di attività estremiste”, è esente da responsabilità penale, tranne per ciò che è stato pubblicato su Internet. Su internet, il reato viene considerato “compiuto”, al momento in cui l’autorità lo ha rilevato: se una persona ha postato 10 anni fa qualcosa a favore delle persone LGBTQIA (e magari neanche lo ricorda) e la polizia lo ha visto adesso è come se fosse stato appena scritto, con tutto ciò che ne consegue.

Dopo l’entrata in vigore della decisione della Corte Suprema, tutto diventerà ancora più difficile: i media, i blogger e la gente comune sui social network dovranno ogni volta menzionare che le autorità hanno riconosciuto il “movimento sociale internazionale LGBT” come estremista e lo hanno liquidato. La multa per la mancata menzione dello status di “estremista” per le persone giuridiche arriva fino a 50.000 rubli, 2.500 per le persone fisiche.

LE PRIME RIPERCUSSIONI

Nonostante la sentenza non sia ancora entrata in vigore, gli effetti “mediatici” non sono mancati: le autorità russe hanno iniziato a fare irruzione in bar e club gay già la sera successiva al giudizio della corte, dove la polizia ha fotografato i documenti degli avventori. Questo ha portato alla chiusura di altre sedi di gruppi e locali frequentati da persone LGBTQIA+.
La sentenza non potrà che peggiorare la situazione delle persone LGBTQIA+ in Russia, che si vedono togliere sempre più spazio per poter affermare la propria cittadinanza di fronte ad un regime che li spinge, se non a lasciare il paese, a vivere nascosti e nella paura.

 

Alessandro Garzi
©2023 Il Grande Colibrì

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