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Per parlare bene della Francia rispetto alla questione dei richiedenti asilo, negli ultimi giorni, sembrava necessario un miracolo. I tre episodi in rapida successione della donna incinta morta dopo il respingimento nelle nevi sopra Bardonecchia, del giovane nigeriano fatto scendere dal TGV malgrado avesse regolari documenti di viaggio e un permesso per stare in Italia e della donna incinta buttata giù malamente da un treno diretto oltralpe, non ci predispongono nel modo migliore verso il paese transalpino.

Tuttavia proprio dalla Francia arriva una buona notizia per i richiedenti asilo LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali) – sempre che riescano a entrare nel paese, naturalmente. Nel discusso progetto di legge in discussione in parlamento dallo scorso febbraio, con norme che dovrebbero rendere sempre più difficili gli accoglimenti di richieste di protezione nel paese (un po’ come accaduto in Italia lo scorso anno con lo sciagurato decreto del ministro dell’interno Marco Minniti), è stato presentato un emendamento da parte di una cinquantina di deputati del partito di maggioranza “La Republique En Marche”, fatto proprio dalla relatrice della legge Elise Fajgeles.

Il cortocircuito sull’asilo LGBT

L’emendamento prevede che i paesi che hanno una legislazione che penalizza le persone o i comportamenti omosessuali non possano essere considerati paesi sicuri per i richiedenti asilo appartenenti alle minoranze sessuali. Di per sé quindi l’emendamento non fa che ribadire una cosa di buon senso: se una persona è discriminata in patria per ragioni legate alle sue convinzioni o al suo essere, la convenzione di Ginevra stabilisce che ha diritto a richiedere asilo in un altro paese.

Ma negli ultimi anni, per ragioni diverse, si è assistito a un vero e proprio cortocircuito su questi temi, tanto che molti paesi africani (e non solo), che discriminano apertamente e in molti casi perseguitano le persone omosessuali e transessuali, sono entrati nella lista dei paesi “sicuri” per diverse nazioni d’Europa, tra cui – appunto – Italia e Francia.

Le motivazioni sono diverse: in parte allungare troppo la lista dei paesi “a rischio” potrebbe portare nuove richieste di protezione, scomode da gestire in questo periodo in cui i populismi dominano non solo nell’estrema destra o nelle formazioni qualunquiste, ma anche nei governi illuminati e democratici di molti membri dell’Unione Europea; d’altro canto inserire nella lista dei paesi non sicuri nazioni a cui si forniscono regolarmente armi (usate per reprimere la popolazione), come l’Egitto, potrebbe esporre i governi a qualche critica in più riguardo quelle forniture militari.

Abolire la lista dei “paesi sicuri”

Nello specifico l’approvazione di questo emendamento potrebbe far rimuovere dall’elenco dei paesi sicuri il Ghana, l’India e il Senegal, ma rischia di lasciare comunque troppi luoghi pericolosi nella lista dei paesi che la Francia considera sicuri. È quanto denuncia Ewa Maizoué, co-presidente di Ardhis, l’associazione che si batte per il riconoscimento del diritto delle persone omosessuali e transessuali a migrare e a essere accolte in Francia, che considera questo emendamento solo un modo per farsi belli di fronte all’opinione pubblica, senza intervenire davvero nello specifico della questione.

La stessa opinione espressa da La Cimade, un’altra associazione per i diritti dei rifugiati, che parla di un intervento utile ma insufficiente: “Paesi che non hanno leggi che reprimono l’omosessualità non sono necessariamente più sicuri, a causa della strisciante omofobia: la lista dei paesi sicuri va semplicemente abolita”.

La constatazione è condivisa anche da Mary Héloise, presidente dell’Ufficio di accoglienza e accompagnamento dei migranti: “Ci sono molti stati in cui l’omosessualità non è penalizzata, ma dove ci sono persecuzioni omofobiche come la pratica delle terapie riparative o gli stupri correttivi per le lesbiche. Mantenere questo elenco non protegge le donne vittime di violenze o che combattono per la libertà in questi ‘paesi sicuri’. Infine, i richiedenti asilo LGBT devono affrontare problemi particolarmente specifici, soprattutto quando devono dimostrare davanti all’OFPRA [l’ufficio che si occupa di valutare le richieste di asilo in Francia; ndr] il loro orientamento sessuale o che sono stati perseguitati“.

Michele Benini
©2018 Il Grande Colibrì

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