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Nell’assenza del Ministero per le pari opportunità nel neonato governo Renzi qualcuno, come Claudio Rossi Marcelli su Internazionale, ha visto quantomeno una dichiarazione di onestà, visto che, di fatto, da quel ministero nulla è stato prodotto; con pari onestà, ma inaudita violenza, la legge contro le persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) ratificata ieri mattina dal presidente Yoweri Museveni in Uganda [The Citizen] si chiama apertamente “legge anti-omosessualità” [Scribd], ripudiando le eufemistiche definizioni scelte altrove di “norme di protezione dei minori” o “legge contro gli atti immorali”. Non aveva usato eufemismi neppure la presidente del parlamento Rebecca Kadaga, che nel 2012 aveva esplicitamente promesso la legge come “regalo di Natale” per ingraziarsi sempre più le chiese cristiane evangeliche più intransigenti [Il Grande Colibrì].

Dopo un tira e molla durato anni, è così arrivato a compimento il cammino di questa legge che accresce sensibilmente le già gravi politiche omofobiche locali. L’unico passo indietro è stata la sostituzione della pena di morte con l’ergastolo come punizione massima prevista. Questo ha lasciato l’amaro in bocca a qualche omofobo, ma in realtà è forse l’obiettivo che da subito si immaginava di realizzare nei fatti.

Nel suo discorso per la firma della legge, Museveni ha cercato di sostenere quanto l’omosessualità sia un prodotto occidentale, importato subdolamente in Africa dove non avrebbe radici e causato dalle abitudini di vita, come dimostrerebbe perfino uno studio svedese realizzato su gemelli identici gay. “Poiché le abitudini di vita sono la principale causa di omosessualità, allora la società può fare qualcosa per scoraggiare questa tendenza, e questa è la ragione per cui ho deciso di firmare questa legge” ha concluso il presidente [Daily Monitor], raccogliendo consensi pressoché dalla totalità dello schieramento politico ugandese.

Fuori del paese, invece, si sono levate voci di condanna dall’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu, che ha paragonato questo provvedimento alle discriminazioni naziste e all’apartheid, e dalle associazioni LGBT del Regno Unito che hanno scritto al Ministero degli Esteri chiedendo di ritirare l’ambasciatore dal paese [The Guardian]. Altre reazioni di sdegno sono arrivate anche dalle associazioni LGBT del resto del mondo, da Amnesty International, che ha ricordato la gravità della violazione dei diritti umani perpretata con questa norma, e da numerose altre associazioni che, con raccolte firme ed altre iniziative, si erano mosse nei giorni scorsi per implorare Museveni di rifiutarsi di sottoscrivere l’atto.

Ma se l’Uganda è un paese sempre più inospitale per le persone LGBT, scappare in Kenya – come hanno provato a fare parecchi gay ugandesi – non sembra essere la soluzione: come raccontano le testimonianze di alcuni profughi raccolte da Gay Star News, neppure i campi dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) sono sicuri e gli attacchi, le violenze e le discriminazioni continuano anche oltre il confine.

La cosa più inquietante dell’approvazione della legge ugandese però riguarda il movimento LGBT mondiale e la sua strategia di affrontare le emergenze, focalizzandosi di volta in volta sul paese considerato più a rischio senza, tuttavia, riuscire ad elaborare una strategia globale. L’Uganda era già stato sotto i riflettori [Il Grande Colibrì], poi è arrivata l’emergenza russa, con la sua carica di violenza neonazista e le imminenti olimpiadi; ora che i giochi sono terminati l’attenzione si sposterà altrove lasciando i coraggiosi militanti LGBT locali ad affrontare la realtà sempre più dura e probabilmente più violenta [Il Grande Colibrì], fino a tornare d’attualità in prossimità dei prossimi mondiali di calcio del 2018, salvo nell’improbabile caso che abbia successo la petizione lanciata da change.org che chiede di spostare la coppa del mondo in un paese senza discriminazioni.

E intanto, mentre noi ci sentiremo orgogliosi delle nostre lotte contro le discriminazioni, quelli che dicevamo di difendere fino al giorno prima continueranno a subire vessazioni da parte della legge e violenze tollerate e incitate dalle autorità. Un bel successo, non c’è che dire…

 

Michele
©2014 Il Grande Colibrì

2 Comments

  • Gaiaitalia.com ha detto:

    L'articolo dell'amico Michele pecca di superficialità: a) dimentica l'influenza finanziaria ed il potere di sostegno alle campagne omofobe in Africa – particolarmente proprio in Uganda – delle sette evangeliste di ultradestra che arrivano dagli Stati Uniti, che vedono in Scott Lively il più feroce agitatore http://www.gaiaitalia.com/2013/01/04/levangelista-anti-gay-scott-lively-sara-processato-per-crimini-contro-lumanita/ e fomentatore di odio antigay; b) lo stesso presidente dell'Uganda è da tempo chiacchierato per una presunta relazione gay – ricordera Michele che anche in Camerun la caccia al gay prese il via dopo uno scandalo omosessuale che vide protagonista un potente Ministro del Governo del paese; c) le associazioni LGTB mondiali si muovono su un terreno inaccessibile, quello della sovranità degli Stati e dei Governi, più che gridare non si può fare a l'azione di lobby richiede mezzi ingenti, che non sempre sono disponibili; d) nemmeno la Banca Mondiale che ha bloccato i finanziamenti all'Uganda qualcosa ha potuto, la risposta del Presidente è stata sprezzante "Si tengano i loro soldi" http://www.gaiaitalia.com/2014/02/28/il-presidente-delluganda-loccidente-si-tenga-i-suoi-soldi-non-ne-abbiamo-bisogno/; e) i leader Africani hanno sempre giustificato le loro schifezze con la "corruzione" importata dall'Occidente, quando si tratta della loro; f) con l'influenza dei pregiudizi che derivano da religioni "importate" attarverso il colonialismo come la mettiamo?
    Un caro saluto con stima e rispetto.

    • Il Grande Colibrì ha detto:

      Cara Gaiaitalia.com, scusa se mi intrometto, ma mi pare che di superficialità ce ne sia tanta nel tuo commento:

      a) non ti linko neppure un nostro articolo sulle influenze degli evangelici fondamentalisti USA in Africa e altrove perché non saprei quali scegliere: cliccando sulla cartina in alto (oppure qui) potrai leggere tutti gli articoli che abbiamo pubblicato sull'Uganda e potrai anche seguire tutti i link che segnaliamo al lettore che voglia approfondire ulteriormente; per quanto riguarda Scott Lively, proprio domani pubblicheremo, in collaborazione con importanti organizzazioni internazionali per i diritti, la storia del suo processo a fumetti;

      b) l'accusa (sic) di omosessualità è uno strumento estremamente comune per screditare l'avversario politico in Africa e non solo, ma questo non significa che il gossip omofobico meriti credito né, tanto meno, l'onore di essere eretto a elemento di analisi politica;

      c) proprio il fatto che in Uganda per lunghi anni la legge anti-gay sia stata bloccata ha dimostrato come il movimento LGBT internazionale, quando ben coordinato e costantemente impegnato, possa avere accesso al terreno dei governi e ottenere sorprendenti successi (ma quando l'attenzione crolla, l'effetto può annullarsi);

      d) la risposta di Museveni ha sorpreso solo chi non ha seguito le vicende ugandesi con attenzione: da anni gli attivisti LGBT locali, solitamente inascoltati, hanno spiegato che il blocco di aiuti e finanziamenti avrebbe solo fatto arroccare il governo sulle sue posizioni e avrebbe fomentato ancora di più l'odio omofobico;

      e) ed f) mentre gli omofobi si sono organizzati a livello planetario, e non solo hanno speso un sacco di soldi, ma soprattutto hanno sviluppato un discorso globale che riesce a collegare e abbracciare ambiti culturali tra loro molto distanti, adattando continuamente il contenuto ed il linguaggio del loro messaggio, noi purtroppo non siamo riusciti a fare nulla di paragonabile: lo sforzo degli omofobi di far apparire l'omosessualità come "non africana" ha ricevuto sostegno da tutto il mondo, lo sforzo del movimento LGBT africano di contrastare questa immagine falsa ha suscitato scarsissimo interesse;

      g) spero che non proponi il post che hai linkato, cioè sette mezze righe senza alcuna fonte e alcun riferimento, come esempio di "non superficialità". Il tema è molto più serio di quello che potrebbe sembrare. Solo nelle ultime ore, come abbiamo segnalato a vari siti e sul nostro gruppo Facebook, a causa della mancanza di trasparenza e dell'assenza di meccanismi di verificabilità delle notizie sono circolate anche in Italia due notizie false ambientate in Uganda: l'uccisione di un omosessuale da parte della folla inferocita (notizia basata su una foto scattata mesi fa in Kenya che nulla aveva a che fare con l'omofobia) ed il coming out della figlia di Museveni (notizia pubblicata da un sito satirico, ma scambiata per una notizia reale). Quello della qualità dell'informazione LGBT è davvero un grosso problema, perché ogni informazione non corrispondente al vero (compreso il gossip omofobico) che facciamo circolare diventa un pretesto per gli omofobi per additare qualsiasi nostra campagna come menzognera. Abbiamo davvero urgenza di rendere trasparenti le notizie che diamo e di controllare e citare sempre con precisione le nostre fonti.

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