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Scrivere libri per bambini che parlino di omosessualità non sembra troppo facile in nessuna parte del mondo, figurarsi in un paese dove l’omosessualità è considerata un reato. Eppure, nelle sue belle storie per i più giovani, la scrittrice indiana Payal Dhar dipinge alcuni indimenticabili personaggi gay, descritti con grande naturalezza, serenità e rispetto. La trilogia fantasy per giovani adulti “A shadow in eternity” (Un’ombra nell’eternità), pubblicata tra il 2006 e il 2009 da Zubaan, è ambientata in un mondo parallelo senza omofobia e abitata anche da Jan e Stephen, una coppia dello stesso sesso. In “Slightly burnt” (Bruciacchiato), uscito l’anno scorso per i tipi di Bloomsbury India, la protagonista di 13 anni deve affrontare il grande segreto del suo migliore amico: anche a lui piacciono i ragazzi. Il grande colibrì ha intervistato questa interessante autrice, purtroppo non ancora tradotta in italiano.

Come ti è venuta l’idea di introdurre il tema del rispetto delle persone LGBT in “A shadow in eternity” (2006-2009), una trilogia rivolta ai lettori più giovani?

Non è stato tutto pianificato e organizzato come potrebbe sembrare dalla tua domanda! Però è successo per due motivi. Innanzitutto, non avevo la minima intenzione di trattare i bambini come degli stupidi e volevo rappresentare un mondo inclusivo e variegato. Siamo una società piuttosto tradizionalista, non molto a suo agio a parlare di temi complessi ai bambini. Eppure l’eccesso di informazioni significa che sono esposti a una varietà di nuove idee che non sanno come elaborare. Quando ho detto di voler includere la diversità sessuale in questi libri, c’è stata qualche resistenza da parte di alcuni conoscenti. La replica più comune era: “Ma è un libro per bambini!”. Ma i bambini non vivono nel vuoto, no? E non sono neppure stupidi: vedono e sentono le cose ed è solo giusto che possano ricevere gli strumenti per capirle.

E il secondo motivo?

Paradossalmente, gran parte della fantascienza raffigura colpevolmente lo stesso identico mondo in cui viviamo, rigidamente patriarcale ed eteronormativo, replicando gli stessi ruoli di genere e gli stessi stereotipi, le stesse strutture sociali e le stesse dinamiche di potere. E’ molto triste, perché è l’unico genere letterario che può sfuggire alle limitazioni che esistono nella nostra realtà. Per provare a fare qualcosa di nuovo, ho creato un mondo parallelo in cui esiste un insieme diverso di “mali sociali”, in cui però non compaiono né l’omofobia né alcuni altri problemi.

Hai avuto difficoltà a trovare un editore per “A shadow in eternity”?

No, per niente. Il settore dell’editoria per bambini in India per ora è piuttosto piccolo e non è così difficile farsi un’idea di chi potrebbe essere interessato a un certo tipo di libri. Io ho avuto la fortuna di lavorare con Young Zubaan, un marchio della casa editrice femminista Zubaan, tra le pochissime ad essere disponibili a guardare oltre ciò che è tradizionale, a ridisegnare i confini. E’ interessante notare che, a pochi anni di distanza, un giovane editor con cui ho lavorato per uno dei miei ultimi libri per una famosa casa editrice era piuttosto a disagio con un personaggio di sesso ambiguo e mi ha chiesto di assicurargli che avrei rivelato il “vero sesso” di quella persona più tardi!

Dal 2006 a oggi, le cose sono cambiate?

Sì, la scena editoriale per i giovani adulti è cambiata davvero molto: oggi molte case editrici evitano accuratamente di dare alle stampe libri didattici che fanno prediche e invece prendono sul serio il proprio pubblico di lettori, immedesimandosi nei loro desideri di lettura. Guardando i libri che vengono stampati, è chiaro che i tempi sono cambiati.

“Slightly burnt”, pubblicato l’anno scorso, non solo si rivolge a giovani lettori, ma racconta anche la storia di un adolescente omosessuale, il migliore amico della protagonista…

I bambini LGBT sono un segmento invisibile in India: nessuno vuole ammettere che esistono e loro non hanno praticamente nessun posto dove andare per ricevere consigli e aiuto. Infatti, anche senza parlare di omosessualità, non siamo a nostro agio a parlare di sessualità in generale con i più giovani. E la legge (comunemente conosciuta come Sessione 377) che criminalizza gli atti sessuali “contro l’ordine della natura”, insieme agli atteggiamenti mentali presenti nella società, alimenta un ambiente ostile per la diversità sessuale.

Come hai affrontato la questione dell’omosessualità dal punto di vista di una adolescente?

“Slightly burnt” è la storia di una adolescente che inizia a guardare il mondo con occhi diversi perché il suo amico le confessa di essere gay, che inizia a mettere in discussione quello che consideriamo “normale” e “opportuno” e anche ad analizzare come e perché diamo certe cose per scontate. Attraverso la prospettiva del migliore amico, ho potuto esplorare l’intero percorso, dallo shock all’incredulità, dalla rabbia all’accettazione… per tornare alla rabbia contro un mondo in cui il suo amico deve nascondere quello che è. Durante il processo che le serve per venire a patti con la grande rivelazione, la narratrice si rende anche conto che a volte confondiamo le nostre vere opinioni con ciò che crediamo di dover pensare, e la distinzione non è sempre facile da fare.

Qual è la reazione dei lettori ai tuoi libri?

Mi sono arrivati feedback da due diversi gruppi: il pubblico a cui mi rivolgo (lettori adolescenti) e recensori e blogger (adulti). I giovani sono stati più gentili rispetto ai recensori e ai blogger. Per la mia serie “Shadow in eternity”, ho avuto una vagonata di risposte incoraggianti da lettori turchi (la serie è pubblicata da Carpediem Kitap in Turchia con il titolo “Maya”), così tante che sto seriamente pensando di aggiungere un altro libro alla serie. La reazione dei giovani lettori conta molto per me, perché è a loro che mi rivolgo.

Per “Slightly burnt”, una sedicenne ha detto che avevo catturato la “voce” perfettamente e questo per me è stato il complimento migliore: sarei morta di imbarazzo se i ragazzi mi avessero percepita come una quarantenne che cercava disperatamente di suonare convincente! Un altro lettore, un ragazzo, ha detto che si è identificato sia con la narratrice sia con suo fratello: il mio libro gli ha permesso di relazionarsi con le persone indipendentemente dal loro genere, dal loro orientamento sessuale, e così via. Davvero un grande complimento, mi è piaciuto tantissimo!

Chi sono i tuoi lettori? Ad esempio, appartengono a una specifica classe sociale?

Beh, dal momento che scrivo in inglese, il mio pubblico è limitato. I miei libri sono accessibili solo ad una parte molto ridotta della società, una parte, dal punto di vista socio-economico, privilegiata e benestante, che può permettersi di comprare libri per il tempo libero. Direi che si tratta del 10 per cento della popolazione, più o meno.

In Italia alcuni gruppi di integralisti cattolici e di fascisti stanno moltiplicando le proteste contro le scuole che discutono liberamente di orientamento sessuale e di identità di genere e che agiscono per contrastare l’omofobia e il bullismo anti-gay. Alcuni libri per bambini sull’omosessualità sono stati bruciati per strada…

Mi chiedo se al centro di ogni tipo di intolleranza ci sia una reale mancanza di empatia nei confronti di chi è diverso o la paura di tutto ciò che è diverso. O forse un mix delle due cose. Ogni deviazione da quello che si ritiene essere la norma è considerata una perversione – e, santo cielo!, vogliamo chiudere gli occhi e le orecchie dei nostri bambini di fronte a questo tipo di robe, no?! In India, i fondamentalisti religiosi credono che sia una “cultura occidentale decadente” a portare i giovani sulla cattiva strada, anche mettendo loro in testa idee sull’omosessualità e su altre cose, dimenticando con opportunismo la tradizione storica di diversità sessuale rappresentata nella letteratura e nell’arte antiche.

E anche molte persone “insospettabili” credono che questi argomenti non siano adatti ai bambini e agli adolescenti…

Certo, i fondamentalisti e la destra hanno i propri obiettivi, ma è da biasimare anche il bigottismo benevolo predominante che a volte il resto di noi può dimostrare, quella sindrome dei “quelli là”, non so se mi spiego, che si applica non solo alle persone LGBT, ma anche a chiunque non rientri nelle nostre comode definizioni di “normalità”. Secondo me, molti danni sono provocati dalla “brava gente che non fa niente”, che alimenta la paura che i più giovani debbano essere protetti dal capire esattamente quanto varia possa essere la specie umana, per timore che diventino diversi anche loro. L’ignoranza nutre la paura e la paura a volte ci fa fare cose stupide.

 

Pier
©2015 Il Grande Colibrì

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