Skip to main content

La Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia pare abbia portato venti positivi in Thailandia, paese che rilancia la discussione di una proposta di legge per i diritti delle minoranze sessuali che prevede il diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso e altri benefici individuali e di coppia per le persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali e asessuali). Il disegno di legge è fermo in parlamento dall’anno in cui fu proposto, il 2013.

Proprio il 17 maggio è arrivata direttamente al ministero della giustizia thailandese la petizione firmata da 60mila persone su Charge.org che chiede l’approvazione di questo disegno di legge e Pitikan Sithidej, direttore generale del dipartimento per la protezione dei diritti e delle libertà ha promesso che interverrò positivamente. In seguito all’eventuale approvazione, la Thailandia potrebbe diventare il primo paese asiatico a riconoscere per legge le coppie omosessuali (a Taiwan la Corte costituzionale ha decretato che diventeranno legali entro il 2019).

Trans, omosessuali e HIV: le fobie del sud-est asiatico

Un paradiso per le persone LGBTQIA?

Anche se la Thailandia è vista da molti come un paradiso per gli omosessuali, data la sua pubblica apertura verso i “ladyboy” o “kathoey” (il “terzo genere”), si rende protagonista per ingiustizie, discriminazioni e diritti negati: non potendo sposarsi o unirsi civilmente, molti thailandesi LGBTQIA si lamentano del fatto di non essere titolari di alcuni diritti fondamentali di cui godono invece le coppie eterosessuali, come la riduzione delle tasse, la possibilità di visitare il partner in ospedale, la copertura sanitaria, il diritto all’eredità e alle prestazioni pensionistiche in caso di decesso del partner.

Che la Thailandia non sia il paradiso gay che molti pensano lo dimostra anche una recente ricerca condotta dal Gruppo della Banca Mondiale e dal governo, in cui sono state intervistate 3.500 persone che lavorano a Bangkok, di cui 2.302 LGBTI. È emerso che oltre il 50% degli intervistati LGBTI è stato rifiutato sul lavoro e circa il 24% dichiara di non aver rivelato la propria omosessualità al lavoro. Il 40% delle persone transgender riporta di aver subito molestie o umiliazioni sul posto di lavoro, anche se sembra che le lesbiche siano quelle che subiscono maggiori ingiustizie [Bangkok Post].

 

Ginevra
©2017 Il Grande Colibrì

Leave a Reply