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All’urlo di “¡Quien lo vive es quien lo goza!” dal 25 al 28 febbraio si è svolta l’edizione 2017 del Carnevale di Barranquilla, in Colombia. La festa più grande del paese latinoamericano, già patrimonio dell’umanità, è il secondo carnevale più importante del continente latinoamericano, subito dopo quello di Rio de Janeiro.

Le celebrazioni hanno inizio, come di tradizione, il giovedì precedente al venerdì grasso, con l’incoronazione della Regina del Carnevale e del Rey Momo (re Momo). L’onere e soprattutto l’onore sono toccati quest’anno a Stephanie Mendoza Vargas, detta Fefi, e a Germán Enrique Álvarez Cabrera, conosciuto come “el caballero de la Cumbia” (il cavaliere della cumbia) per la sua abilità nel ballo tradizionale colombiano, frutto dell’incontro tra le culture africana, spagnola e indigena.

sovversioni di genere al carnevale di Barranquilla

Alcuni figuranti al Carnevale di Barranquilla (foto di Danny Gonzalez Cueto)

Nelle varie sfilate che prendono vita nei quartieri popolari come in quelli esclusivi dell’Arenosa, s’incontrano maschere legate alla storia del territorio e di alcune sue minoranze etniche, come nel caso delle Marimondas (personaggi che portano maschere falliche dai tratti elefantiaci che nacquero come parodia dei mercanti arabi giunti in città secoli addietro) e delle Negritas Puloy, che rendono omaggio alle donne afrocolombiane di San Basilio di Palenque.

Alcune maschere implicano un sovvertimento del genere sessuale di chi le indossa, come nel caso di María Moñitos, personaggio inventato trent’anni fa da Emil Castellanos, che rappresenta un uomo rude travestito da donna ammaliatrice che abbraccia i visitatori o ne rivela i peggiori segreti, se non viene sufficientemente remunerato… Un altro esempio è quello delle Farotas, uomini vestiti con abiti femminili che attiravano a sé i colonizzatori europei per vendicarsi degli stupri perpetrati da questi ultimi nei confronti delle donne indigene.

sovversioni di genere al carnevale di Barranquilla

Alcuni figuranti al carnevale di Baranquilla (foto di Danny Gonzalez Cueto)

Il tutto è accompagnato da numerose danze tradizionali dalle più diversificate connotazioni: dalle danze dei diavoli a quella dei Goleros (o Gallinazos), dalla danza guerriera del Paloteo al Garabato, che rappresenta l’eterna lotta tra la vita e la morte. Il Mapalé, il Son de Negro e il Congo hanno invece una derivazione propriamente africana.

Nel contesto del Carnevale, la comunità LGBTQI (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali) ha da sempre svolto un ruolo fondamentale, anche se spesso dietro le quinte. Gran parte dei truccatori, stilisti, ideatori, artisti e comparse che rendono unica questa manifestazione, si identifica in una o più lettere dell’acronimo. Ormai da vent’ anni si organizza il Carnevale Gay su iniziativa della Corporación autonoma, presieduta da Jayro Polo, in cui la relazione tra arte e componente identitaria e politica diviene definitivamente più esplicita che in altre espressioni dei festeggiamenti carnevaleschi.

In contemporanea agli eventi ludici si creano dei luoghi di resistenza politica e di libertà espressiva come quelli perpetrati dal gruppo La puntica No’Ma’, i cui componenti, oltre a partecipare alle sfilate più importanti, sperimentano linguaggi e tecniche artistiche e comunicative che raggiungono molto spesso livelli notevoli. Francisco González è il direttore di questo collettivo di artisti che animano il carnevale barranquillero apportando visioni alternative a quelle più propriamente tradizionali.

sovversioni di genere al carnevale di Barranquilla

Francisco González (a sinistra) e una comparsa (foto di Lucien Samaha)

Ritroviamo un’altro dei membri di punta del collettivo, Carlos María Romero, in un evento collaterale della settimana più intensa dell’agenda culturale carnevalesca. Si tratta dell’esposizione transmediatica e multisensoriale dal titolo “Al polvo volverás: los 7 sueños” (In polvere tornerai: i 7 sogni), in cui la fotografia, la video installazione e la musica incidentale di Juanjo Pérez e Felipe Ginebra incontrano l’arte performativa di Jao Moon e dello stesso María Romero.

Con il loro lavoro questi artisti riescono a stabilire una relazione soddisfacente tra le nuove tecnologie e il corpo umano in tutta la sua materialità, enfatizzata dall’uso del body painting e delle maschere prodotte con materiali naturali e indossate dai modelli ritratti. Ne deriva un vero “inno” al Creato e alla creazione artistica, che si esprime con un linguaggio antico e profondo quanto l’umanità.

sovversioni di genere al carnevale di Barranquilla

Carlos María Romero (a sinistra) e una comparsa (foto di Lucien Samaha)

La trasmissione dei saperi essenziali dalla natura all’essere umano prende forma, diviene tattile, tangibile, attraverso il segno grafico che contribuisce in tal modo a delineare quella “sabiduria del cuerpo” (saggezza del corpo) di cui troppo spesso ci si dimentica a favore della razionalità e dell’intelletto – che senza la componente carnale ed emotiva (così da soli, insomma) rischierebbero di portare alla pura astrazione sterile.

Il Carnevale in fondo è (anche) questo: una celebrazione del corpo, della vita in lotta con la morte, della presa di coscienza dell’esistenza della fine, che ci invita a godere appieno dell’esistenza sulla terra. È il tempo della sovversione, della mancanza di limiti al piacere e dell’attentato alle regole sociali e culturali che impediscono una reale convivenza tra le molteplici componenti di questo immenso caos chiamato mondo, nonostante la consapevolezza che, con le ceneri, si debba tornare alla “normalità”.

 

Massi
©2017 Il Grande Colibrì

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