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Un vecchio adagio che mette d’accordo, incredibilmente, anarchici e liberali, dice che il miglior governo è quello che governa meno. Se poi non c’è un governo in carica, sembra che le cose vadano perfino meglio, almeno in una Colombia alla vigilia delle elezioni, dove appena dieci giorni dopo la notizia della legalizzazione dell’aborto fino alla ventiquattresima settimana da parte della Corte costituzionale, arriva un’altra buona notizia.

foto © corriere.it

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La stessa corte ha dato infatti sei mesi di tempo al governo (che uscirà dai risultati delle urne del 13 marzo) per “attuare uno schema di identificazione che includa la categoria non binaria nei marcatori sessuali” “con le stesse garanzie di chi si identifica ufficialmente come binario”.

Anche se il provvedimento non è ancora stato emanato e, fintanto che non lo sarà, i diritti sono ancora da garantire, la Consulta colombiana ha aggiunto:

“in ogni caso, le persone con identità di genere non binarie che soddisfano gli altri requisiti per la correzione della componente sessuale potranno cambiare dinanzi alle autorità competenti l’attribuzione del genere non binario nei propri documenti di identità”.

La corte ha fatto anche notare che

“la configurazione di un nuovo indicatore di genere è un primo passo verso un’effettiva partecipazione sociale e che richiede di trascendere il riconoscimento formale, alla fornitura di diritti, servizi e obblighi che corrispondono al loro essere, nella misura in cui in non poche occasioni lo Stato ha adottato il genere come criterio per differenziare l’accesso ai servizi e alle prestazioni”.

Il vuoto giuridico sul non binarismo di genere fa sì che le discriminazioni siano all’ordine del giorno in situazioni come l’accesso alla pensione, la prestazione del servizio militare e l’attribuzione di quote nelle carceri.

La decisione della corte fa seguito al ricorso di una persona di 40 anni che, dall’età di vent’anni, ha svolto un processo di transizione di genere perché non si identificava con nessuno dei generi binari, cioè né maschio né femmina. Si osserva che

“le autorità hanno compromesso i suoi diritti alla dignità umana, alla personalità giuridica, al libero sviluppo della personalità e alla libertà di coscienza, poiché hanno negato a questa persona il cambio del suo nome per la seconda volta e non hanno modificato, nei loro documenti di identità, la componente sessuale in una categoria diversa da maschile o femminile”.

Nel gennaio scorso era stato il Quarto Tribunale Amministrativo del Circuito di Bogotá a concedere tre mesi al Registro Nazionale dello Stato Civile per correggere la componente sessuale che compare nel registro civile e la carta d’identità di Ale Chaparro Amaya, persona colombiana che non si identifica con le categorie binarie di ‘ uomo e donna’.

L’Alta Corte spiega infine che

“la creazione di una nuova categoria di genere per la persona che ha proposto tale azione di tutela implica la trasformazione delle banche dati gestite dall’Anagrafe Nazionale dello Stato Civile, le cui informazioni sono interoperabili a favore delle persone giuridiche pubbliche e private”.

 

Michele Benini
©2022 Il Grande Colibrì
immagine: elaborazione da foto di FotografiaBasica da iStock

 

Michele Benini: “Nato in mezzo ai libri, cresciuto a pane e politica, da un po’ di anni ho maturato la coscienza di dovermi impegnare per i diritti di tutte le persone escluse dalle ingiustizie legislative e dal razzismo delle maggioranze” > leggi tutti i suoi articoli

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